Il computer, il diritto romano e il giudice

AutoreRenato Borruso
CaricaVicedirettore del CED della Suprema Corte di Cassazione, Roma.
Pagine195-199

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Quanti saranno ancora coloro che credono che il computer tratti soltanto numeri e serva soltanto di ausilio alle scienze esatte? E che, pertanto, l'umanista abbia poco a che spartire con l'informatica? Quanti sono ancora coloro che nel computer ravvisano, oltre che uno strumento di calcolo, al più soltanto la più aggiornata versione della macchina da scrivere? Quanti hanno preso veramente coscienza del fatto che il computer al contrario, può diventare - se dotato di opportuno «software» - uno strumento prezioso di lavoro anche per l'umanista?

Io auguro che i progressi fatti nello studio della Bibbia con l'uso del computer o, tanto per citare un altro esempio, quelli fatti nella diffusione della giurisprudenza ad opera del CED della Cassazione italiana abbiano convinto anche i più misoneisti dell'opportunità di servirsi del computer come mezzo oggi indispensabile per la ricerca dei testi che si vogliono studiare.

Se, infatti, tutti i testi che si presume possano interessare sono organizzati in una vera e propria «banca dati» (che - è bene precisarlo - non è un puro e semplice archivio elettronico ma, grazie a un software particolare, qualcosa di più e di diverso per -il grandissimo valore aggiunto che è suscettibile di acquisire), la ricerca spicca il volo: grazie, infatti, alla possibilità di reperire, in pochi secondi, qualsiasi parola, qualsiasi pericope contenuta nei testi anche se costituiti da milioni di documenti, in modo del tutto casuale (cioè indipendentemente dalla classificazione e dalla collocazione dei documenti in archivio), il ricercatore ha la possibilità - direi meglio la libertà - di indirizzare, senza punto affaticarsi, la ricerca verso gli orizzonti più ampi, più lontani e più personali che la fantasia e la propria cultura gli suggeriscono, conseguendo risultati un tempo inimmaginabili se non mediante anni e anni di certosino lavoro.

Quanto occorreva a un dantista, prima del computer, per scoprire che - tanto per, fare un esempio - la parola «Dio» non ricorre mai nell'InfernoPage 196 così come, per converso, nel Paradiso non si trova mai una rima stridula come quella in «inghia»? Oggi - una volta memorizzata tutta la Divina Commedia in un archivio elettronico organizzato a banca dati - basterebbe la fantasia olo spirito d'osservazione sempre insostituibili per fare ricerche del genere; a tutto il resto prowederebbe il computer, fornendo allo studioso il risultato desiderato in «tempo reale» (cioè in pochi secondi) e senza alcuna fatica materiale: un risultato prima conseguibile solo da chi alla vivezza dell'ingegno sapesse unire tanta pazienza, tanta tenacia, tanto amore per le «sudate carte», oggi, invece, a portata di mano anche di chi non ha che uno spirito brillante e non è affatto disposto a passare la più gran parte della sua vita in...

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