Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI ASSISE DI NUORO 26 settembre 1997, n. 4. Pres. Lisa - Est. Murru - Imp. M.R.R. ed altro.

Omicidio - Volontario - Tentativo - Requisiti per la sussistenza - Volontà di uccidere - Insussistenza - Movente della balentia - Sussistenza - Tentato omicidio - Esclusione - Morte di persona diversa da quella cui era destinata l'offesa - Dolo eventuale - Sussistenza - Omicidio volontario - Sussistenza.

La responsabilità per il reato di tentato omicidio deve essere esclusa quando la condotta dell'imputato, indirizzata ad esprimere la propria balentia, non sia sorretta dalla volontà di uccidere il soggetto nei cui confronti è esercitata la balentia. La condotta dell'imputato, tuttavia, essendo strutturalmente idonea a commettere un omicidio, segnala l'evidente accettazione del rischio di uccidere taluno e, quindi, integra gli estremi del delitto di omicidio volontario a titolo di dolo eventuale, anche nel caso in cui la persona offesa sia estranea alla vicenda in ordine alla quale è stata esercitata la balentia. (C.p., art. 575).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - All'esito del dibattimento svoltosi dinanzi a questa corte d'assise in relazione ai delitti di cui al decreto che dispone il giudizio in data 21 marzo 1997 modificato il capo B) come da richiesta del P.M. all'udienza del 30 giugno 1997, il collegio riteneva non sussistente, per le ragioni che oltre si esporranno, la responsabilità di M.R.R. in ordine al contestato delitto di omicidio nei confronti di D.S.

Ritenuta invece sussistente, la responsabilità del medesimo per il delitto di omicidio consumato in danno di M.D. - delitto quest'ultimo, sorretto da dolo eventuale ed aggravato (non dalla contestata aggravante teleologica, bensì) da una circostanza che, seppure riconducibile al concetto di futili motivi, non era mai stata contestata al M., e cioè l'aver agito per mera balentia - la Corte reputava necessario - ai sensi del secondo comma dell'art. 521 c.p.p., attesa la accertata diversità del fatto rispetto alla descrizione fattane nella imputazione - disporre la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché procedesse alla contestazione dell'aggravante in oggetto, non essendosi mai potuta espletare la difesa su tale aspetto del fatto (comportante peraltro la pena dell'ergastolo).

Ritenuto immediatamente definibile il procedimento in relazione all'imputazione di tentato omicidio, veniva pronunciata sentenza di assoluzione del P.M. in relazione a tale imputazione, per i seguenti motivi.

La sera del 1° novembre del 1996 intorno alle ore 21,30 circa venivano esplosi due colpi d'arma da fuoco, attraverso la serranda chiusa della finestra del Bar Satta a Nule.

Uno dei due colpi, indirizzati dall'esterno verso l'interno del locale, colpiva tale M.D. che decedeva poco dopo.

L'autore del fatto veniva immediatamente indicato in M.R.R. che, dopo essersi reso irreperibile per un giorno, si presentava spontaneamente ai Carabinieri di Nule consentendo il recupero dell'arma del delitto.

Contestati al M. il delitto di porto illegale di arma nonché, ai sensi dell'art. 82 c.p., i delitti di omicidio in danno del M. e di tentato omicidio in danno di D.S., col quale ultimo il M. aveva vuto un alterco poco prima dell'esplosione dei colpi, veniva disposto il rinvio dell'imputato al giudizio della corte d'assise.

Nel corso dell'istruttoria dibattimentale - all'esito della quale il pubblico ministero modificava l'imputazione contestando al M.R.R., in relazione all'originario capo B) i delitti di cui sopra escludendo l'ipotesi di cui all'art. 82 c.p. e ritenendo invece sussistente quella di cui all'art. 81 c.p. emergeva con chiarezza, nonostante l'imprecisione di diverse deposizioni testimoniali, che, poco prima del fatto, all'interno del Bar Satta, pieno di avventori, si era in un primo momento avuto un alterco fra tale Z.M. e D.S. fra i quali, già in precedenza - per motivi che non si sono chiariti - non correva buon sangue. Era quindi intervenuto, a sostegno di Z.M., il M.R.R. il quale aveva accresciuto la gravità dell'alterco che già aveva indotto il barista - dopo aver tentato di sedare la lite rivolgendosi in maniera decisa ai litiganti - a prendere la decisione di chiudere il locale, nonostante esso fosse pieno di avventori e nonostante l'ora inconsueta posto che normalmente il bar veniva chiuso più tardi (v. dichiarazioni di M.B., C.A. e M.C.). Il S., dopo aver invitato tutti i presenti a finire la consumazione e ad uscire, aveva abbassato del tutto la serranda in metallo della finestra ed abbassato a mezz'asta la serranda della porta d'ingresso.

Il M.R.R. che inveiva all'indirizzo del D., era stato spinto verso l'uscita del locale e non appena fuori, estratta la pistola, aveva esploso con essa, in rapida successione, due colpi all'indirizzo della finestra chiusa, verso l'interno del locale.

Il primo dei due colpi era stato esploso - come emerso dalle deposizioni testimoniali ma anche dai risultati del sopralluogo - da una posizione obliqua rispetto alla finestra, stando il M. tra la porta di ingresso del locale e la finestra, posta sulla destra rispetto all'ingresso del locale per chi guarda l'ingresso stesso.

Il colpo aveva attinto la parete destra del bar al di sopra del freezer dei gelati, accanto al quale si trovava, certamente all'inizio dell'alterco ma anche nei momenti di poco precedenti le esplosioni, D.S. (v. in tal senso, con riferimento al momento della esplosione dei colpi, le dichiarazioni rese a carte 56 del verbale stenotipico dell'udienza del 4 giugno 1997, dal M.R.E.).

Il secondo colpo, immediatamente successivo, era stato esploso con traiettoria pressoché ortogonale rispetto alla finestra ed aveva attinto M.D. che si trovava in prossimità del davanzale interno della finestra (v. sul punto, oltre alle valutazioni espresse dal consulente medico del P.M., valutazioni che appaiono adeguatamente motivate e coerenti, anche le dichiarazioni rese, fra gli altri, da M.R.E.).

Orbene, è circostanza pacifica che M.D., col quale nessun alterco vi era stato, fosse amico di M.R.R. e che analogo buon rapporto esistesse fra il M. e D.S., come evidenzia- Page 102 to dai testi: R.E., M.B.A. e L.L. e confermato dalla foto prodotta dalla difesa che ritrae il M. in atteggiamento amichevole col M.D.

È altresì pacifico che M.R.R., nel corso dell'intera serata, in compagnia di diversi amici con i quali aveva fatto il giro dei bar del paese, avesse bevuto abbondantemente (v. in tal senso le dichiarazioni rese da M.P.E. e M.B. mentre M.S. riferisce che R.R. era ubriaco). Lo stesso atteggiamento tenuto da M. all'interno del locale, in contrapposizione al barista che lo invitava a smetterla ed al quale «fa il verso» dicendogli «bla, bla, bla» (v. dichiarazioni di M.C.), fa ritenere che il medesimo non fosse del tutto lucido.

Indubbio può ritenersi altresì che l'alterco sviluppatosi all'interno del bar riguardasse essenzialmente, nella seconda fase di esso (v. sul punto ad esempio oltre alle dichiarazioni rese da M.R.E. e M.B.A., anche quelle rese da M.S., L.L. e M.G.), il M. ed il D., al quale ultimo il M. è stato sentito indirizzare la frase - riferita da diversi testimoni (oltre a L.L. e M.G. anche M.S.) ed avente un chiaro significato di sfida - «D. non soe Martineddu» («Io non sono Martinetto»), oltre a quella «Deo ti occo» («Io ti uccido»), frase, quest'ultima, di grave minaccia, immediatamente antecedente l'uscita dal bar e l'esplosione dei colpi di pistola.

In tal senso è chiarissima la deposizione testimoniale di L.L. che questa Corte ritiene pienamente attendibile. Il tese che non ha dimostrato alcuna reticenza sin dal momento delle prime indagini, ha descritto senza incertezze né contraddizioni lo svilupparsi degli eventi chiarendo con coerenza - a fronte delle domande postegli - quale fosse la sua posizione e quale quella del M. nei momenti immediatamente precedenti l'uscita dal locale del medesimo M. e l'esplosione dei colpi.

Né possono ritenersi segno di falsità le minime differenze nella descrizione dei particolari di quei pochi attimi di grande tensione, rilevabili attraverso un esame con la lente di ingrandimento delle dichiarazioni del teste. Non può non evidenziarsi invero che si è chiesto al teste di ricordare nei minimi dettagli posizioni reciproche e gesti relativi a frazioni temporali estremamente ridotte, nel corso delle quali stava avvenendo qualcosa di grave, di cui il teste...

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