Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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@TRIBUNALE DI MASSA Sez. dist. di Carrara 30 ottobre 2001. Est. Ferri - Imp. Bonaldi ed altro.

Falsità in atti - In atti pubblici - Falsità ideologica - Emissione false bolle di pesatura - Configurabilità - Concorso con il reato di truffa militare pluriaggravata - Sussistenza.

Il funzionario dipendente dall'Ufficio di Pubblica Pesatura del Comune che attesti falsamente attraverso l'emissione di false bolle di pesatura e procuri ad altri, mediante artifici e raggiri, falsa documentazione atta ad indurre in errore il capo del servizio amministrativo competente, risponde del reato di falso ideologico di cui all'art. 479 c.p. in concorso materiale con il reato di truffa militare pluriaggravata di cui all'art. 234 comma 1 e 2, n. 1, 47, n. 2, c.p.m.p. (C.p., art. 479; c.p.m.p., art. 234) (1).

    (1) Per analoga fattispecie, v. Cass. pen., sez. V, 14 dicembre 1993, Stillitano, in questa Rivista 1994, 1289. In genere, sul falso ideologico in atto pubblico, v. la citata Cass. pen., sez. un., 17 settembre 1984, Nirella, in Rep. La Tribuna 1986, 609.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Francesco Pasqua, in concorso con Angelo Bonaldi e Domenico Giovanniello, è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui alla rubrica.

Preliminarmente veniva disposta la separazione della posizione di Pasqua da quella di Bonaldi, Giovanniello e Spinelli Eugenio (cui è stato contestato il reato previsto e punito dagli artt. 61 n. 3 e 489 c.p.) e si procedeva nei confronti dell'attuale prevenuto.

Nel dibattimento, in contumacia dell'imputato, venivano escussi i marescialli Umberto Sorrentino, Roberto Baldoni ed Eugenio Spinelli, in qualità di testimone assistito, ai sensi dell'art. 197 bis c.p.p., già coimputato di Pasqua, la cui posizione, a seguito della predetta ed avvenuta separazione è stata definita con sentenza n. 196/96 del 16 ottobre 1996 (passata in giudicato il 2 maggio 1997).

Venivano, inoltre, acquisite sia la bolla della pesatura n. 17 del bollettario n. 131 sia la fattura emessa dalla ditta Di Prima nonché, ai sensi dell'art. 513 c.p.p., il verbale d'interrogatorio del coimputato Angelo Bonaldi (deceduto in data 17 maggio 2001 cfr. certificato di morte).

La difesa produceva, invece, la sentenza n. 34 bis del 20 gennaio 1999 emessa dal Tribunale militare della Spezia nei confronti di Pasqua (con cui veniva assolto in ordine al reato di truffa militare per non aver commesso il fatto) e l'ordinanza della Corte Militare di Appello con cui veniva dichiarato inammissibile l'appello avverso la sentenza indicata.

I coimputati Di Prima e Paglino, escussi, ai sensi dell'art. 210 c.p.p. (essendo ancora pendente la loro posizione di fronte al Tribunale di Catania), si avvalevano della facoltà di non rispondere.

La ricostruzione dei fatti è risultata pacifica.

Nel caso in questione, come in moltissimi altri, militari appartenenti alla Marina Militare avevano prodotto all'Amministrazione fatture per operazioni inesistenti ed in particolare false bolle di pesatura redatte dal pubblico pesatore di Carrara Angelo Bonaldi, la cui posizione, come è stato sopra precisato, è stata stralciata.

La presentazione della falsa bolla di pesatura consentiva il rimborso, a seguito di trasferimento, nel caso di specie, del militare Spinelli, per un trasporto di masserizie in effetti mai effettuato.

Il fatto che si tratti di false bolle di pesature è emerso chiaramente dalle testimonianze dei marescialli Sorrentino e Baldoni.

È stato, infatti, accertato che la ditta Di Prima che avrebbe dovuto effettuare materialmente il trasloco e fornire l'automezzo (pesato fittiziamente nella pesa pubblica in Carrara), non era, in realtà, più operante dal 1987 e non aveva mai svolto alcuna attività, risultando anche essere senza mezzi e senza personale.

Il numero di targa CT 720470 corrispondeva, inoltre, non all'immatricolazione di un camion ma di un'altra autovettura che non poteva certamente trasportare masserizie di quel peso.

Ne consegue necessariamente che la bolla di pesatura attestava operazioni in realtà mai poste in essere dal pubblico pesatore.

Successivamente il militare Spinelli sulla base di una falsa bolla di pesatura aveva chiesto ed ottenuto dall'Amministrazione un rimborso delle spese di trasloco in effetti mai sostenute o comunque non sostenute con tali modalità.

Spinelli, escusso, in qualità di testimone assistito all'udienza del 16 ottobre 2001, ha dichiarato che tutta la documentazione era stata procurata da Pasqua il quale, definita la pratica, si era trattenuto la somma di lire un milione e mezzo.

Pasqua ha, così, concorso con Bonaldi, nelle rispettive qualità, nell'attestare falsamente i documenti indicati in rubrica che sono stati, poi, utilizzati da Spinelli.

Si ritiene, pertanto, corretta la contestazione degli artt. 110, 479, c.p. formulata dal P.M. al prevenuto Pasqua.

Pasqua ha concorso moralmente con il Bonaldi il quale non avrebbe avuto interesse a predisporre una bolla falsa qualora non ne avesse avuto richiesta.

La Suprema Corte ha precisato che la sussistenza del concorso di persone nel reato - di cui all'art. 110 c.p. - nelle sue componenti di contributo causale - materiale o morale - e di cosciente e volontaria partecipazione, postula che il contributo del partecipe sia tale da costituire il supporto necessario alla realizzazione criminosa, conosciuto ed apprezzato dall'autore del reato, sicché i partecipi siano consapevoli della situazione di fatto in cui operano e vogliano contribuire, ciascuno per la propria parte, alla realizzazione dell'evento giuridico (cfr. Cass. pen., sez. VI, 14 marzo 1990, n. 3552).

Il contributo causale posto in essere dal prevenuto nella determinazione del reato, risponde, nella specie, all'enunciato della Suprema Corte.

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Risultano, così, integrati gli elementi oggettivi e soggettivi del reato di cui all'art. 479 c.p. contestato a Pasqua.

Con la norma che punisce il «falso ideologico in atto pubblico» non viene tutelato l'affidamento all'immediato destinatario di tale atto, che può essere a conoscenza della falsità o concorrere nella sua commissione: trattandosi di reato contro la fede pubblica, l'interesse protetto è la fiducia che la generalità dei consociati ripone negli atti pubblici e, - per quanto in particolare riguarda il falso ideologico - la garanzia di veridicità degli atti stessi (cfr.Cass. pen., sez. un., 17 settembre 1984, n. 7299).

I delitti di falso sono, infatti, reati di pericolo in ordine all'interesse, alla genuinità ed alla veridicità del documento, nel quale si sostanzia l'interesse probatorio e non in relazione ad eventuali danni patrimoniali.

Non possono, pertanto, essere accolte le richieste del difensore in merito: 1) pronuncia di proscioglimento per il principio del ne bis in idem (art. 649 c.p.p.); 2) sentenza di assoluzione; 3) sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, previa riqualificazione nell'art. 489 c.p., a causa dell'intervenuta prescrizione.

Per quanto riguarda la prima richiesta del difensore (di ottenere una sentenza di proscioglimento per il principio del ne bis in idem art. 649 c.p.p.) occorre evidenziare che i fatti imputati nella sentenza acquisita agli atti non risultano essere gli stessi di quelli oggi contestati.

La Suprema Corte ha precisato, infatti, che per medesimo fatto, ai fini dell'applicazione del principio del ne bis in idem di cui all'art. 649 c.p.p., deve intendersi identità degli elementi costitutivi del reato, e cioè di condotta, evento e nesso causale, considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica ma anche in quella giuridica, potendo, una medesima, condotta violare contemporaneamente più disposizioni di legge (cfr. Cass. pen., sez. VI, 24 gennaio 1997, n. 459).

La sentenza di assoluzione passata in giudicato per il reato di truffa militare (prodotta dalla difesa) non produce, a parere dell'odierno giudicante, effetti preclusivi ex art. 649 c.p.p., nel successivo giudizio a carico del medesimo soggetto, volto alla repressione del concorso morale in falso ideologico.

L'art. 649 c.p.p. sancisce il divieto di un secondo giudizio penale «per il medesimo fatto» anche qualora questo venga diversamente qualificato per titolo, grado o circostanze.

Preliminarmente ad ogni valutazione del caso di specie è necessario, infatti, capire che cosa debba intendersi per «medesimo fatto».

La giurisprudenza pacificamente sostiene che il termine «fatto» stia ad indicare l'elemento materiale del reato, ovvero condotta evento e nesso di causalità (fra le tante vedi: Cass. pen., sez. VI, 16 novembre 1999, n. 3755, in Ced. Cass., 2000; Cass. pen., sez. V, 19 giugno 1998, n. 4071, in Cass. pen. 2000, p. 36).

Da ciò deriva che, anche qualora la medesima condotta dia vita ad una pluralità di reati in concorso formale omogeneo od eterogeneo, il giudicato, formatosi in ordine ad uno di essi, non potrà spiegare effetti preclusivi nei confronti dei procedimenti relativi agli altri reati concorrenti, proprio perché il fatto è diverso (sulla inapplicabilità del ne bis in idem alle ipotesi di concorso formale di reati si veda in giurisprudenza: Cass. pen., sez. II, 4 marzo 1997, n. 10472, in Cass. pen., 1998, p. 3312; Cass. pen., sez. V, 25 novembre 1998, n. 1842, in Cass. pen. 2000, p. 92; Pret. Salerno 24 ottobre 1991, in Riv. pen. 1992, p. 262, dove il giudicante argomenta la non applicabilità dell'efficacia preclusiva del giudicato al concorso formale di reati sulla circostanza che «se la regiudicata si è formata solo in relazione ad uno di tali eventi, essa non potrà precludere la nuova azione penale in relazione ad un altro degli stessi eventi, con il primo compatibile, che non sia stato preso in considerazione nel precedente giudizio penale»).

Alle stesse conclusioni giunge anche quella parte della dottrina secondo cui il «fatto» di cui all'art. 234 c.p.m.p. dovrebbe coincidere con la sola condotta.

In particolare, tale orientamento sottolinea come la ratio del ne...

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