Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine495-501

Page 495

@CORTE DI APPELLO DI NAPOLI Sez. VI, 13 novembre 2001. Pres. Morello - Est. Giannelli - P.M. De Sanctis - Imp. Migliore.

Invasione di terreni o edifici - Momento consumativo del reato - Natura istantanea del reato - Distinzione dalla contravvenzione prevista dall'art. 1161 c.n.

Reato - Reato continuato - Prescrizione in primo grado di giudizio - Riconoscimento del vincolo della continuazione - Natura costitutiva.

Il delitto di cui all'art. 633 c.p. ha natura necessariamente istantanea, poiché l'occupazione, od altro profitto, è evenienza che non deve essere necessariamente conseguita; invero, ed a contrario, l'occupazione è elemento strutturale della condotta preveduta dall'art. 1161 c.n. (C.p., art. 633) (1).

La regola posta quanto al dies a quo in tema di reato continuato dall'art. 158 c.p. non vale per il primo grado di giudizio, poiché la sentenza di primo grado che riconosce il vincolo della continuazione ha natura costitutiva, e non dichiarativa. Discende da ciò che - ex art. 129 c.p.p. - il giudice di primo grado deve - qualora riconosca l'ipotesi di cui all'art. 81, secondo comma, c.p. - comunque emettere declaratoria di improcedibilità in ordine ai reati già estinti ex artt. 157 ss. c.p. (C.p., art. 158; c.p.p., art. 129) (2).

    (1) Sulla natura istantanea o permanente del reato in esame, la giurisprudenza di legittimità si è espressa in modo preponderante a favore della seconda tesi. In proposito, v. Cass. pen., sez. I, 19 luglio 2001, confl. comp. in proc. Licciardello, in questa Rivista 2002, 171; Cass. pen., sez. II, 16 marzo 1990, Martino, ivi 1991, 89 e Cass. pen., sez. II, 30 giugno 1988, ivi 1989, 411. Una più datata corrente giurisprudenziale, invece, ha affermato la duplice natura del reato, dipendente dalle modalità dell'azione criminosa: v. Cass. pen., sez. II, 17 dicembre 1986, Bellassai, ivi 1987, 882; Cass. pen., sez. II, 26 settembre 1984, Mattia, in Rep. La Tribuna; Cass. pen., sez. II, 11 aprile 1981, Azzarone, in questa Rivista 1981, 665; Cass. pen., sez. II, 18 febbraio 1981, Di Sciuva, ivi 1981, 445. Si sofferma invece sulla definizione del criterio distintivo fra reati istantanei, permanenti e ad effetti permanenti, Cass. pen., sez. II, 30 novembre 1983, Nicastro, ivi 1984, 552. In dottrina, v. ARMANI, Invasione di terreni o edifici, in Nuovissimo dig. it., Torino, VIII, 1962, p. 1005 ss.


    (2) Nello stesso senso, in caso di reato permanente, quale che sia la formulazione del capo d'imputazione, v. Cass. pen., sez. III, 6 dicembre 1997, Masullo, in questa Rivista 1998, 595. In senso contrario, v. Cass. pen., sez. III, 23 maggio 1997, Sciarrino, ivi 1997, 1052; Cass. pen., sez. I, 26 aprile 1997, Verde, ivi 1997, 874; Cass. pen., sez. IV, 25 febbraio 1997, Maffei, ivi 1997, 650; Cass. pen., sez. VI, 5 settembre 1996, Chiossone, ivi 1997, 335; Cass. pen., sez. I, 2 febbraio 1996, Oliviero, ivi 1996, 1160; Cass. pen., sez. I, 18 gennaio 1996, Russo, ivi 1996, 912 e Cass. pen., sez. VI, 17 febbraio 1990, Siano, ivi 1991, 402.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - La sentenza del primo giudice deve essere riformata.

Essa si basa su due erronee costruzioni: la prima, inerente alla natura del delitto di cui all'art. 633 c.p., la seconda alla portata applicativa dell'art. 158 c.p.; inoltre, non tiene nel debito conto la portata precettiva dell'art. 129, primo comma, c.p.p.

Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha così ragionato: il delitto di invasione di terreni o edifici ha natura permanente, per cui, in mancanza di atti che esauriscano la permanenza, il dies a quo da considerare ex artt. 157 ss. c.p. è quello della sentenza di primo grado.

Poiché i delitti sono unificati nel vincolo della continuazione, il dies a quo è identico per tutti i reati che rientrano nel cumulo giuridico: anche in ordine al delitto di cui all'art. 349, secondo comma, c.p. - letto l'art. 157, terzo comma, c.p., di conserva con l'art. 69 c.p., il dies a quo coincide con quello della pronuncia di primo grado. ebbene, il delitto di cui all'art. 633 c.p. non ha natura permanente, neanche in via eventuale (se si voglia ammettere la validità della distinzione tra reato necessariamente permanente ed eventualmente permanente): il delitto di invasione di terreni o edifici è istantaneo per propria struttura, in via necessaria, al pari delle lesioni, o dell'omicidio.

Ed, invero, l'art. 633 c.p. recita: «Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto...».

Ciò che conferirebbe natura permanente al delitto in questione - per forza di cose e di legge - consisterebbe nel protrarsi dell'occupazione o del diverso profitto: sennonché, sia che si consideri il c.d. dolo specifico una vera e propria forma di dolo, sia che si aderisca alla dottrina ormai dominante, che lo costruisce come una finalità che connota la condotta, è certo che si tratta comunque di una finalità che deve essere perseguita, perché sia integrato il Tatbestand, ma non occorre affatto, allo stesso fine, che sia conseguito in mundo il risultato propostosi dall'agente.

Il conseguimento può dar luogo ad ipotesi di concorso apparente, sub specie di consunzione: ad esempio, non si risponde di estorsione, consumata o tentata che sia, nel caso contemplato dall'art. 630 c.p. - sequestro di persona a scopo di estorsione - e ciò, nel sistema, si desume dal rilievo che altre volte il concorso effettivo di reati è sancito dal legislatore con la punizione «per ciò solo» del reato mezzo (es.: art. 416 c.p.); il conseguimento del fine può dar luogo ad ipotesi di evento posto a titolo di responsabilità oggettiva, rappresentando un approfondimento ab extrinseco dell'offesa (es.: art. 642, terzo comma, c.p., ove, in tema di fraudolenta distruzione della cosa propria e mutilazione fraudolenta della propria persona, «se il colpevole consegue l'intento, la pena è aumentata») (ma l'indirizzo dominante ravvisa, nella specie, una circostanza aggravante, come se ciò che rafforza l'evento potesse circum stare al fatto di reato).

Mai, però, il conseguimento della finalità, che è, per propria natura, oltre il momento della condotta, può determinare la permanenza... del confine temporale: così argomentando,Page 496 si dovrebbe - coerentemente - affermare, riesumando la superatissima tesi della illatio, che il furto si consuma con il conseguimento del profitto. E si noti che pure di profitto, o, meglio, di finalità di profitto, si parla nell'art. 633 c.p.

Si noti che è il delitto di furto ad ammettere l'ipotesi della permanenza, in forza dell'uso del gerundio «sottraendola a chi la detiene» (si pensi al caso del furto di vino mediante un lungo travaso), mentre la permanenza, atteso il contrasto ideo-temporale tra l'invasione e l'occupazione, non potrà mai attecchire quanto al delitto di cui all'art. 633 c.p.

La tesi come sinora esposta - in consapevole contrasto con una consolidata giurisprudenza - si basa, d'altro canto, su riscontri di diritto positivo: il legislatore ha ben distinto tra l'ipotesi della finalità di occupazione e quella della condotta di occupazione.

Ed, invero, si può agevolmente notare che l'art. 1161 del codice della navigazione (abusiva occupazione di spazio demaniale e inosservanza di limiti alla proprietà privata) punisce «chiunque arbitrariamente occupa...». Qui, l'occupazione può dar luogo a permanenza se congruamente protratta, perché è parte della condotta, e non finalità di essa.

Per tutto quanto sopra esposto, il dies a quo da prendere in considerazione ai fini del computo dei termini di prescrizione del delitto di invasione arbitraria di terreni o edifici ascritto all'odierno appellante è quello dell'accertamento operato in data 22 luglio 1991. E tale termine - letti gli artt. 157, terzo comma, 160, terzo comma, 69 c.p. - è da considerare anche per la prescrizione - da dichiarare a seguito dell'operato giudizio di valenza - anche quanto al delitto di violazione di sigilli.

Deve solo osservarsi - ex art. 129, primo comma, c.p.p. - che non v'è agli atti possibilità di applicazione di alcuna formula di merito fra quelle contemplate nella suddetta disposizione. Non v'è evidenza in quei sensi, attese le risultanze processuali emergenti dagli esiti degli accertamenti e dalla deposizione del teste Cocaccia.

Per amor di precisione, questa Corte deve osservare che la declaratoria di prescrizione in ordine al delitto di violazione di sigilli doveva essere pronunciata dal giudice di prime cure, pur nella - erronea - convinzione che il delitto di cui all'art. 633 c.p. fosse permanente, e non istantaneo per sua struttura, in via di necessità.

Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, evidentemente, ha assegnato alla propria pronuncia - nella parte in cui unifica i delitti con il vincolo della continuazione - natura meramente dichiarativa, con la conseguenza di estendere la portata dell'art. 158 c.p., per quanto attiene al reato continuato al primo grado di giudizio.

È, invece, evidente che il giudice fonda, e non dichiara, la continuazione, la quale, pertanto, non può far rivivere ipotesi di reato già estinte per prescrizione al momento della pronuncia, in contrasto - è la cosa più grave - con il disposto dell'art. 129 c.p.p., che prescrive di dichiarare l'estinzione del reato appena essa intervenga.

Ciò - si noti - vale anche nell'ipotesi che sia contestata la continuazione di reati ab origine, o che siano riuniti più procedimenti per connessione sotto il profilo della medesimezza del disegno criminoso: si tratta, pur...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT