Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine925-931

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@CORTE DI ASSISE DI COSENZA 19 giugno 2002. Pres. ed est. Greco - Imp. Viola e altro.

Distruzione o sabotaggio di opere militari - Opera adibita al servizio delle Forze armate - Danneggiamento di roulotte adibita a deposito di attrezzi - Configurabilità del reato - Condizioni.

Configura reato di danneggiamento, e non di distruzione o sabotaggio di opere militari ex art. 253 c.p., la causazione di danni economicamente apprezzabili ad una roulotte, oggetto appartenente al demanio militare, destinato ad un pubblico servizio ed esposto per necessità o destinazione alla pubblica fede. (C.p., art. 253; c.p., art. 635) (1).

    (1) La sentenza in epigrafe non affronta espressamente la questione se una roulotte possa costituire un'opera militare e per questo sottoposta alla tutela dell'art. 253 c.p. In argomento si veda Cass. pen., sez. I, 27 marzo 1992, Arbore ed altri, in questa Rivista 1993, 91, secondo cui, devono ritenersi «opere adibite al servizio delle Forze armate» quelle opere che, nate per una diversa destinazione, sono adoperate nell'interesse primario e per fini istituzionali delle Forze armate e ricevono la tutela penale perché raccolte nei depositi militari. (Nella specie la Cassazione ha ritenuto che rientrasse nella categoria suddetta un elaboratore dati del Comando territoriale di Roma, utilizzato per il censimento degli iscritti nelle liste di leva, trattandosi di un bene impiegato direttamente per gli scopi primari delle Forze armate dello Stato).


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con decreto del 20 novembre 2000 il Gip presso il Tribunale di Paola disponeva il giudizio immediato per Viola Salvatore e Marziano Fontana Luigi davanti al locale tribunale in relazione ai reati loro ascritti in rubrica.

Il Tribunale di Paola, rilevato che fra le imputazioni era compreso il reato di distruzione di opere militari ex art. 253 c.p., per il quale a norma dell'art. 5, lett. d), c.p.p., è prevista la competenza della corte d'assise, dichiarava con sentenza del 27 giugno 2001 la propria incompetenza disponendo la trasmissione degli atti al P.M.

Su richiesta del Procuratore della Repubblica lo stesso Gip di Paola disponeva, quindi, con decreto del 22 gennaio 2002, il giudizio immediato a carico degli imputati davanti a questa Corte.

Nel corso del dibattimento, svoltosi nella contumacia dei due imputati, sono stati escussi i testi Vallone Carmelo, all'epoca dei fatti militare della capitaneria di Porto di Vibo Valentia, addetto al servizio di Guardia Costiera nel Comune di Amantea, e Villella Fabio, maresciallo dei carabinieri, comandante la stazione di Amantea.

Su concorde richiesta delle parti sono state altresì acquisiti gli atti di denuncia e di ricognizione di persona effettuati nella fase delle indagini preliminari dall'altro militare della Capitaneria di Porto in servizio nella Delegazione di spiaggia di Amantea, Primocerio Cataldo, citato ma non comparso perché irreperibile, nonché un'attestazione del comandante della Delegazione, luogotenente Ragadale, rilasciata all'avv. Osso.

In esito all'istruttoria dibattimentale il P.M. e i difensori hanno concluso come in atti.

La ricostruzione dei fatti inerenti a questa modesta vicenda, inopinatamente giunta davanti ad una corte d'assise, è agevolmente desumibile sulla base delle acquisizioni probatorie (dichiarazioni testimoniali rese in dibattimento dall'ex militare Vallone Carmelo nonché denuncia del collega Primocerio e successivi atti di ricognizione di persona) in termini non controversi neppure tra le parti.

Verso le ore una di notte del 10 luglio 2000 il militare Primocerio, in servizio presso la Delegazione di spiaggia di Amantea, notava una persona che si fermava dietro la roulotte del servizio di Capitaneria (adibita al deposito di attrezzature per gommoni, bidoni, corde ed altro) posta sul limite della spiaggia vicino al lungomare di Amantea. Si avvicinava e notava che il giovane stava urinando sulla pavimentazione davanti alla roulotte.

Il Primocerio intimava al predetto giovane di allontanarsi, non essendo quello il posto per soddisfare i propri bisogni corporali, ma quello, in evidente stato di ebbrezza alcolica - riconosciuto poi dal Primocerio come l'odierno imputato Viola Salvatore - reagiva minacciando il militare e dicendo che avrebbe potuto spararlo e anche dare fuoco alla roulotte.

Comunque, dopo tale frasi il Viola si allontanava e incontrava poco dopo un amico - riconosciuto poi come l'imputato Marziano - anche egli in stato di ebbrezza, con il quale discuteva. I due quindi ritornavano verso la postazione della Delegazione di spiaggia e imprecando colpivano la roulotte. Dapprima il Marziano con un pugno sul finestrino (facendosi male al braccio) e poi anche il Viola (dopo aver visto l'amico ferito) con una sedia di plastica lanciata verso l'altro finestrino, cagionando due fori nei vetri o meglio nella plastica dei due finestrini, come è agevole rilevare dalla documentazione fotografica allegata in atti.

In quel frangente giungeva il collega del Primocerio, Vallone Carmelo, e i due imputati, dopo aver chiesto ironicamente al primo se avesse chiamato i rinforzi, si allontanavano.

Il mattino seguente i due militari denunciavano l'accaduto al maresciallo dei carabinieri di Amantea e due imputati, secondo la deposizione del Vallone, si recavano presso i due militari chiedendo scusa per il loro comportamento della notte precedente.

Così ricostruita in fatto la vicenda seguita all'infelice decisione del Viola di «fare la pipì» nei pressi della postazione della Delegazione di spiaggia, la Corte osserva quanto segue in punto di diritto.

  1. - In ordine al primo reato ascritto al Viola al capo A) dell'imputazione deve rilevarsi la mancanza dell'autorizzazione a procedere del Ministro della giustizia circa il delitto di vilipendio di una forza armata (art. 290 c.p.) prescrittaPage 926 dall'art. 313 c.p., con conseguente declaratoria di non doversi procedere a carico dell'imputato.

    La mancanza della condizione di procedibilità preclude la valutazione nel merito del fatto che, peraltro, ictu oculi, non sembra presentare i requisiti oggettivi e soggettivi del contestato delitto di vilipendio.

  2. - L'altro reato contestato al Viola nello stesso capo non sussiste, in quanto al momento dei fatti la bandiera non era esposta (il teste Vallone ha riferito che a sera la stessa veniva conservata nella roulotte), sicché, come lo stesso P.M. d'udienza ha chiesto, il Viola va assolto dall'imputazione ex art. 292 c.p.

  3. - Il primo dei due reati ascritti al capo B, la minaccia a pubblico ufficiale ex art. 336 c.p., è certamente sussistente con riferimento all'imputato Viola.

    È indubbia la qualità di pubblico ufficiale del Primocerio, sono altrettanto certe le espressione minacciose rivolte dal Viola al militare allorquando questi gli aveva ingiunto di allontanarsi dalla postazione e di non soddisfare bisogni corporali in quel luogo ed è altrettanto sicuro che le espressioni minacciose erano in diretta correlazione con un atto del proprio ufficio del Primocerio, il quale, nell'ambito dei suoi doveri, intendeva salvaguardare il decoro delle attrezzature militari e della roulotte adibita al servizio della Delegazione di spiaggia.

    La condotta del Viola pertanto integra il contestato reato ex art. 336 c.p., avendo l'imputato minacciato il Primocerio al fine di impedirgli di portare a termine l'atto del suo ufficio, cioè il suo allontanamento dalla postazione.

    La predetta imputazione, però, non può essere ascritta anche al Marziano.

    Questi, come si è visto, è intervenuto in un secondo momento, dopo aver incontrato il Viola che si stava allontanando, e pertanto la sua successiva condotta (il gesto di violenza verso la roulotte) e eventuali frasi offensive o minacciose verso il Primocerio o il collega Vallone, poi sopraggiunto, non erano dirette a costringere il pubblico ufficiale ad omettere un atto d'ufficio o a fare un atto contrario ai propri doveri d'ufficio. L'atto d'ufficio del militare Primocerio oggetto della reazione del Viola (l'ordine di allontanarsi dato all'imputato), infatti, al momento del sopraggiungere del Marziano era già espletato ed esaurito, con l'allontanamento del Viola. Le frasi ironiche e offensive o minacciose pronunciate dopo dal Marziano avrebbero potuto pertanto integrare il reato di ingiuria o minaccia aggravata al p.u. (dopo l'abrogazione del reato di oltraggio) ma non quello di minaccia disciplinato dall'art. 336 c.p.

  4. - Il delitto di distruzione di opera militare chiaramente non sussiste.

    Prima ancora di valutare se una roulotte adibita da militari della Capitaneria a deposito di attrezzi per le imbarcazioni costituisca un'opera militare o adibita al servizio delle Forse armate nei sensi indicati dall'art. 253 c.p., norma peraltro di rarissima applicazione, come dimostra la praticamente inesistente giurisprudenza sul punto (pare che siano reperibili solo due precedenti), la Corte rileva, conformemente del resto alle valutazioni del P.M., che dall'attestato del luogotenente Ragadale e dalla deposizione del Vallone emerge che la roulotte non solo non è stata distrutta ma non è stata resa neppure parzialmente inservibile.

    Del resto è sufficiente guardare le foto allegate al fascicolo per il dibattimento per constatare che i due piccoli fori nei finestrini della roulotte non impedivano certamente l'uso della stessa così come avveniva in precedenza, cioè come deposito e ripostiglio per salvagenti, giubbotti, serbatoi di benzina, ecc.

    Ne consegue l'insussistenza del grave reato contestato, in quanto l'azione violenta dei due imputati non ha prodotto neppure la parziale inservibilità della roulotte della Delegazione.

    Il fatto però, ampiamente provato, va riqualificato a norma dell'art. 635, comma secondo, n. 3...

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