Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine589-608

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@TRIBUNALE DI MASSA Sez. dist. Carrara, 27 gennaio 2005, n. 1230. Est. Ferri - Imp. A.T.

Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice - Provvedimento concernente l'affidamento dei minori - Attribuzione del diritto di visita - Inosservanza - Motivo giustificato - Rilevanza.

Risarcimento del danno - Danno da fatto illecito - Da reato - Inosservanza del provvedimento del giudice - Separazione dei coniugi - Condizioni inerenti al diritto di frequentare la figlia - ElusioneAccertamento di potenzialità lesiva del fatto e del nesso di causalità tra illecito ed evento lesivoDanno neuro-psichico in capo all'altro coniuge.

Non integra gli estremi del motivo plausibile e giustificato una valutazione soggettiva di situazioni preesistenti al provvedimento, note, dedotte al giudice che, secondo la sensibilità della parte, possano indicare l'inopportunità di dare esecuzione al provvedimento medesimo, perché ciò significa proprio una opposizione allo stesso, un dissenso dalla valutazione di specie compiuta dal giudice e, quindi, volontà determinata di eludere l'esecuzione del provvedimento. (C.p., art. 388) (1).

L'impedire l'esercizio del diritto di visitare la propria figlia, da parte dell'ex coniuge, diritto previsto e stabilito dalle condizioni di separazione omologate dal giudice, configura, in capo all'altro coniuge, un danno consistente in un turbamento neuro-psichico, atteso che il rifiuto illegittimo ed ingiustificato di poter incontrare la figlia determina dolore, ansia e angoscia e gli impedisce, tra l'altro, la possibilità di assolvere i propri doveri verso la figlia, determinando quindi una condanna, ex art. 538 c.p.p., al risarcimento del danno, da liquidarsi di fronte al giudice civile. (C.p.p., art. 538) (2).

    (1) Si veda, con riferimento agli aspetti che avrebbero mosso l'imputata all'elusione dell'obbligo assuntasi verso la figlia e verso l'ex coniuge al momento della separazione, Cass. pen., sez. VI, 4 giugno 1999, Antonietti, in questa Rivista 2000, 412, secondo cui, qualora il genitore affidatario, pur obbligato a consentire l'esercizio del diritto di visita da parte dell'altro genitore secondo le prescrizioni stabilite dal giudice, viene a trovarsi in una concreta situazione di difficoltà determinata dalla resistenza del minore, ed essendo egli nello stesso tempo tenuto a garantire la crescita serena ed equilibrata del minore a norma dell'art. 155, comma terzo, c.c., ha in ogni momento il diritto-dovere di assicurare massima tutela all'interesse preminente del minore, ove tale interesse, per la naturale fluidità di ogni situazione umana, non sia stato potuto essere tempestivamente portato alla valutazione del giudice civile. Ne consegue che, ai fini della sussistenza del dolo occorre stabilire da parte del giudice penale se il genitore affidatario, nell'impedire al genitore non affidatario il dirsitto di visita ricusato dal minore, sia stato eventualmente mosso dalla necessità di tutelare l'interesse morale e materiale del minore medesimo, soggetto di diritti e non mero oggetto di finalità esecutive perseguite da altri. Sempre in analoga fattispecie, si veda Cass. pen., sez. VI, 30 gennaio 1991, Danzica, ivi 1991, 503, secondo cui la valutazione del contenuto del provvedimento e degli obblighi che ne derivano sui destinatari non deve essere compiuta in termini grettamente letterali, ma alla luce dell'interesse dei minori che li ispira e che ne costituisce la ragion d'essere. Ne consegue che, sebbene debbano essere osservati gli orari fissati dal giudice per la consegna di un minore da un genitore all'altro, non sono giustificati né il rifiuto dell'uno a rimettere all'altro il figlio solo per scadenza dell'ora indicata, né il sistematico immediato allontanamento del medesimo dal luogo fissato al momento di quella scadenza, equivalendo tale comportamento alla sostanziale lesione dell'interesse del figlio a conservare validi rapporti affettivi con entrambi i genitori.


    (2) Opportunamente, il giudice si è uniformato alla giurisprudenza prevalente, che, in materia di accertamento di danno morale in ambito penale stabilisce che il giudice penale, nel pronunziare condanna generica al risarcimento dei danni, non è tenuto a distinguere i danni materiali da quelli morali, né deve espletare alcuna indagine in ordine alla concreta esistenza di un danno risarcibile, potendo limitare il suo accertamento alla potenziale capacità lesiva del fatto dannoso ed alla esistenza di un nesso di causalità tra questo ed il pregiudizio lamentato. Così Cass. pen., sez. V, 10 gennaio 2001, Mattioli F.P. ed altri, in questa Rivista 2001, 373. In relazione alla fattispecie in esame, si segnala altresì Cass. pen., sez. IV, 13 novembre 2000, Pinto, ivi 2001, 313, che afferma il principio secondo cui sarebbe titolare di un autonomo diritto al risarcimento del danno anche la figlia minore che abbia subito danni dalla commissione di un reato. Per quanto concerne il danno morale, esso decorrerà dal momento in cui venga accertato il suo verificarsi (ad esempio, dal momento in cui il minore abbia acquisito la consapevolezza, con conseguente sofferenza, della mancanza di una figura genitoriale, venuta meno, nella specie, a seguito di elusione dell'obbligo di visita perpetrato dalla madre separata).


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - In data 7 ottobre 2002 il Gip, su richiesta del P.M., emetteva decreto penale di condanna (n. 669/02) nei confronti di A.T. perché, nella sua qualità di madre affidataria della figlia C.P., non ottemperava al provvedimento del Presidente del Tribunale di Massa del 10 luglio 2000, che disponeva per il padre R.P., il diritto di visita e di prendere con sè la figlia due finesettimana al mese.

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In data 21 novembre 2002 l'imputata presentava formale opposizione al suddetto decreto e il Gip, in data 4 dicembre 2002, citava a giudizio quest'ultima di fronte a questo tribunale per rispondere del reato in epigrafe rubricato.

All'udienza del 6 febbraio 2003 si costituiva parte civile la persona offesa R.P.

Nel dibattimento, svoltosi in presenza dell'imputata, venivano sentiti, in qualità di testimoni, la stessa persona offesa.

(Omissis). Si effettuava, inoltre, l'esame dell'imputata.

Venivano, infine, acquisiti, il verbale di comparizione dei coniugi relativi all'udienza presidenziale del 7 luglio 2000, il verbale dei provvedimenti temporanei ed urgenti datato 10 luglio 2000, l'ordinanza emessa in data 29 luglio 2002 dal giudice Laghezza.

All'udienza del 25 marzo 2004 i difensori dell'imputata e della parte civile, con il consenso del P.M., chiedevano la riunione del presente procedimento n. 2011/02 (R.G.) a quello, sempre pendente di fronte a questo giudicante, n. 2238/03 (R.G.). Questo giudicante, rilevato che si trattava di procedimenti pendenti nello stesso stato e grado davanti al medesimo giudice e che non si determinava un ritardo nella definizione degli stessi, ai sensi degli artt. 12 e 17 c.p.p., disponeva la riunione del procedimento n. 2238 a quello n. 2011.

Peraltro anche nel procedimento n. 2238/03 la pubblica accusa contestava all'odierna imputata di aver, nel periodo intercorso dalla data del provvedimento fino al 28 novembre 2002, eluso l'esecuzione del provvedimento del Tribunale di Massa emesso in data 10 luglio 2000, concernente l'affidamento della figlia minore che stabiliva le condizioni sopra indicate.

Nel procedimento n. 2238 la difesa di parte civile, oltre ad aver prodotto gli stessi documenti già acquisiti nel procedimento n. 2011, produceva la relazione della C.T.U. redatta dalla dott.ssa Laura Ceccarelli. Venivano, inoltre, escussi, in qualità di testimoni (omissis). A seguito della disposta riunione veniva formato un autonomo fascicolo, contenente gli atti sopra indicati e le deposizioni dei testi escussi.

All'esito, il giudice, dichiarata l'utilizzabilità di tutti gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, ha ritenuto il processo in decisione sulle conclusioni delle parti, come da verbale di udienza.

Ad avviso di questo giudicante il complesso delle risultanze istruttorie induce ad affermare in maniera inequivocabile la penale responsabilità dell'imputata in ordine ai reati a lei ascritti, sussistendo gli elementi oggettivi e soggettivi delle fattispecie contestate.

I fatti devono essere così ricostruiti.

A.T. presentava al Tribunale di Massa il ricorso per la separazione giudiziale dal marito R.P. In data 7 luglio 2000 il presidente fissava l'udienza di comparizione delle parti e si riservava di provvedere in ordine ai provvedimenti temporanei ed urgenti.

In data 10 luglio 2000, a seguito dello scioglimento della riserva, il presidente affidava la figlia minore C.P. alla madre A.T., inoltre, il diritto del padre R.P. di tenere con sè la figlia il martedì ed il venerdì dalle ore 16 alle ore 20 ed il week-end a settimane alterne.

Nella causa di separazione veniva designato, in qualità di giudice istruttore il dott. Giuseppe Laghezza, il quale, in data 29 novembre 2001, nominava consulente tecnico d'ufficio la dott.ssa Laura Ceccarelli, e le conferiva il seguente incarico: «Dica il C.T.U., esaminati gli atti e i documenti di causa, quali siano le modalità di affidamento della minore C.P. più confacenti all'interesse e alle esigenze della minore medesima, suggerendo nel caso in cui dovesse ravvisarne la necessità quali siano le modifiche da apportare all'attuale regime di affidamento della minore stessa».

La stessa consulente nella relazione depositata in atti concludeva così: «ritengo opportuno che nella giornata di martedì e giovedì, con l'inizio della scuola, il padre possa condividere con la bambina anche l'aspetto legato alle attività di apprendimento nella loro quotidianità, andando a prendere C.P. all'uscita della scuola tenendola con sè fino alle ore 20 il martedì sera, mentre nella giornata di giovedì possa condividere con la bambina anche la cena fino alle ore 21,30 nel periodo scoalstico e fino...

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