Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine869-891

Page 869

@CORTE DI APPELLO DI BARI 16 settembre 2004, n. 1149. Pres. Galantino - Ric. Spalierno ed altri.

Reato - Elemento soggettivo (psicologico) - Colpa - Colpa professionale - Cooperazioone colposa - Ricorrenza - Delitti colposi di evento a forma vincolata e delitti colposi di mera condotta.

Reato - Elemento soggettivo (psicologico) - Colpa - Omicidio - Concorso indipendente di cause colpose - Applicabilità.

In materia di elemento soggettivo del reato, può parlarsi di cooperazione colposa, solo ed esclusivamente con riferimento ai delitti colposi di evento a forma vincolata e ai delitti colposi di mera condotta, di talché restano estranei alla funzione incriminatrice dell'art. 113 c.p. i delitti colposi di evento a forma libera quale l'omicidio colposo. (C.p., art. 113; c.p., art. 589) (1).

In caso di omicidio colposo realizzato da più soggetti, ciascuno dei quali abbia, anche in tempi diversi, realizzato condotte negligenti ed imprudenti, non può parlarsi di condotte colpose atipiche, rispetto alle quali l'art. 113 c.p. assolve ad una funzione di disciplina e di incriminazione, quanto di attività colpose indipendenti che si sommano tra loro cronologicamente e che, tuttavia, posseggono rilevanza penale autonoma ed autosufficiente. (C.p., art. 113; c.p., art. 589) (2).

    (1) La presente decisione si segnala per una presa di posizione originale sul tema della distinzione tra cooperazione colposa e concorso indipendente di cause colpose. Invero, nella motivazione si attribuisce all'art. 113 c.p. un'estensione che in effetti non trova riscontro nel dettato letterale della norma, che parla di cooperazione nel delitto colposo e non già di cooperazione colposa nel delitto. La giurisprudenza ha affermato in proposito, che nella cooperazione nel delitto colposo gli autori dell'evento hanno la consapevolezza di contribuire all'azione altrui, altrimenti si ha concorso di cause indipendenti. Così Cass. pen., sez. IV, 5 giugno 1990, Zappulla, in Arch. giur. circ. 1991, 24. Nel medesimo senso, si vedano Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 1983, Mandel, in Mass. dec. pen. 1983, m. 157.157; Cass. pen., sez. IV, 14 aprile 1976, Maino, ivi 1976, m. 133.279 e Cass. pen., sez. IV, 21 novembre 1968, Gualtieri, ivi 1968, m. 109.523.


    (2) Secondo Cass. pen., sez. IV, 21 aprile 1988, Mazzetti, in Arch. giur. circ. 1988, 921, in tema di reati colposi, l'elemento differenziante tra l'ipotesi di cooperazione e quella di mero concorso di cause indipendenti tra loro è dato dal collegamento delle volontà dei diversi soggetti agenti. Mentre, infatti, nella cooperazione le volontà dei soggetti devono tutte confluire consapevolmente all'interno della condotta dalla quale deriva l'evento non voluto, nei casi, invece, di concorso di cause indipendenti l'evento consegue ad una mera coincidenza di azioni od omissioni, non collegate da alcun vincolo subiettivo. Sulla distinzione tra cooperazione nei delitti colposi e concorso di cause fra loro indipendenti, si vedano Cass. pen., sez. IV, 31 maggio 1983, Luciani, in Cass. pen. 1984, 277; Cass. pen., sez. IV, 10 luglio 1980, Paione, in Mass. dec. pen. 1980, m. 146.419 e Cass. pen., sez. IV, 27 ottobre 1976, Renzi, in Mass. Cass. pen. 1978, 19. In dottrina, si veda CERTO C., Sulla consapevolezza del concorso nella partecipazione colposa, Messina 1963.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - Con sentenza del 26 maggio 2000, il Tribunale di Bari in composizione monocratica ha affermato la penale responsabilità di Spalierno Ignazio, Marzulli Francesco ed Antico Lidia per il reato di omicidio colposo in danno del Giuseppe Triggiani e concesse a tutti gli imputati le attenuanti generiche ha quantificato la pena detentiva - sospesa alle condizioni di legge - in mesi sei di reclusione, oltre il risarcimento del danno.

  1. - Ricostruito con ampia precisione il fatto storico, il primo Giudice ha differenziato, sul terreno dell'accertamento del coefficiente psicologico, le posizioni dei prevenuti, ritenendo per Marzulli ed Antico la cooperazione colposa nell'omicidio dell'avv. Triggiani e valutando alla stregua del «concorso indipendente di causa colposa», la condotta dello Spalierno.

    2.1. La citata differenziazione trova fondamento nella ricostruzione del ruolo che gli imputati hanno assunto, rispetto alla realizzazione dell'evento colposo.

    2.1.1. Ed infatti, mentre Spalierno Ignazio si è occupato dell'istallazione della caldaia murale «sita nell'interparete tra gli accessi al balcone verandato della cucina e della camera da letto», a Marzulli Francesco ed Antico Lidia era affidata la manutenzione periodica dell'impianto in questione.

  2. - Premessi tali rilievi, sui quali la corte di appello avrà modo di ritornare nelle pagine seguenti, il Tribunale di Bari giunge all'affermazione della responsabilità penale degli imputati trattando distintamente il tema dell'accertamento del coefficiente colposo «consistito in negligenza, imprudenza e imperizia e violazioni di leggi regolamenti ordini e discipline, ed in particolare per colpa professionale consistita nella violazione delle leges artis relative all'installazione ed alla manutenzione dell'impianto termico», da quello della causalità.

    3.1. In ordine a quest'ultimo profilo, il primo Giudice fonda l'esistenza del nesso di condizionamento sulla presenza di un dato empirico di inoppugnabile valenza scientifica: «saturazione di ossido di carbonio legato all'emoglobina pari al 71%» e presenza sulPage 870 corpo dell'avv. Triggiani di «ipostasi di colore rosso ciliegio».

    3.2. L'accertamento del coefficiente colposo rinviene da elementi fattuali che emergono in sede di istruttoria dibattimentale e che possono sintetizzarsi, per quel che riguarda lo Spalierno, nell'avere istallato l'impianto termico, senza considerare l'allocazione dello stesso in un ambiente verandato e quindi a ventilazione estremamente ridotta; laddove agli altri due imputati si addebita l'omessa valutazione, in sede di attività manutentiva, della tipologia dell'impianto termico, rispetto alla sede di istallazione.

  3. - I rilievi presentati, con l'atto di appello, dalla difesa dello Spalierno incidono essenzialmente sulla mancanza di certezza, in sede di installazione della caldaia, della pre-esistenza della veranda. Essendo, a giudizio della difesa, carente l'accertamento dell'esistenza o meno della veranda al momento dell'istallazione della caldaia, «la responsabilità della morte sarebbe da attribuire in via esclusiva al verandista Mizzi per avere realizzato una veranda priva delle aperture di ventilazione fissa».

    4.1. Il secondo motivo di gravame investe, invece, direttamente il problema della causalità. Sul punto, la difesa censura la decisione del tribunale, sostenendo la mancanza di certezza in ordine alla verificazione dell'evento, sulla base di un «giudizio controfattuale», in considerazione del lasso di tempo trascorso dalla istallazione della caldaia e dall'intervento di sostituzione di un tubo di collegamento effettuata da tale Scianatico Francesco «pochi giorni prima dell'evento» ed assegnando a tali elementi di fatto un valore interruttivo del collegamento causale tra la condotta dello Spalierno e l'evento.

  4. - Il gravame presentato dalla difesa di Marzulli e Antico è, viceversa, orientato alla critica dell'accertamento del coefficiente colposo, così come condotto dal tribunale. In particolare, la difesa dei citati imputati propone una ri-lettura della normativa che disciplina la materia in relazione a:

    aa) difformità di tipo generale;

    bb) difformità nella ventilazione degli ambienti;

    cc) difformità nello scarico dei prodotti di combustione;

    dd) adeguatezza della manutenzione periodica.

    5.1. Rispetto a ciascuno dei profili sopra evidenziati, la difesa sottopone a critica il quadro normativo presentato dal consulente del P.M., censurando le relative conclusioni ed individuando come «causa» dell'evento il difettoso funzionamento del dispositivo di autospegnimento della fiammella pilota della caldaia.

  5. - Gli appelli sono infondati e vanno, conseguentemente, rigettati.

    La decisione del Tribunale di Bari va, pertanto, confermata sia pure alla luce di una revisione della qualificazione giuridica delle singole posizioni degli imputati.

  6. - Preliminarmente ed in chiave di ricostruzione storica dei fatti, la Corte di appello di Bari ritiene di dovere respingere l'appello dell'imputato Spalierno, poiché in atti sono presenti dati inequivoci in ordine alla pre-esistenza o meno della veranda.

    7.1. La difesa incentra l'appello su tale dato, senza, tuttavia, considerare che il tipo di caldaia effettivamente installato al pari dell'intero impianto non è compatibile con un ambiente protetto quale, appunto, un balcone verandato.

    7.2. Ma vi è di più. L'impianto così come predisposto dallo Spalierno prevedeva, altresì, la realizzazione di due «rubinetti per termosifone», di talché l'assunto relativo alla pre-esistenza della caldaia al momento della realizzazione della veranda appare destituito del valore sul quale la difesa fa affidamento. Senza considerare, poi, che, sempre sul tema della pre-esistenza della caldaia, vi sono in atti due elementi che confliggono con le considerazioni della difesa. Il riferimento è alla testimonianza di Antonio Mizzi, il quale incaricato di effettuare il montaggio della veranda ha riferito di non avere notato la presenza dell'impianto di riscaldamento; ed alla data di inizio della fornitura del gas (16 marzo 1988), rispetto a quella di consegna (1 e 3 marzo 1988) allo Spalierno da parte della ditta Ferrara del materiale ivi compresi i radiatori dei termosifoni.

    7.3. Le omissioni colpose dello Spalierno riguardano, dunque, sia il tipo di caldaia installato che le caratteristiche strutturali dell'impianto; mentre sul terreno dell'individuazione del modello alternativo di condotta concretamente esigibile deve individuarsi: aa) installazione di apparecchio stagno con caldaia di combustione del tipo C così come previsto dal punto 4.3...

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