Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1199-1213

Page 1199

@CORTE DI APPELLO DI BRESCIA Sez. I, 2 luglio 2004. Pres. ed est. Sartea - Imp. G. et al.

Prova penale - Testimoni - Acquisizione della testimonianza di soggetto minorenne - Modalità di assunzione - Criteri dettati dalla Carta di NotoLoro validità.

In tema di assunzione della testimonianza di minorenni, al fine di garantire la genuinità della stessa, devono essere adottate misure suggerite dal buon senso e dall'esperienza, quali quelle indicate nella legge processuale e nella Carta di Noto del 9 giugno 1996, aggiornata il 7 luglio 2002. Pur non avendo ovviamente un valore cogente, quest'ultima «raccoglie le linee guida per l'indagine e l'esame psicologico del minore». In particolare la Carta di Noto invita:.

- a garantire che l'incontro con il minore avvenga in tempo, modi e luoghi tali da assicurare la serenità del minore e la spontaneità della comunicazione;

- ad evitare in particolare il ricorso a domande suggestive o implicative che diano per scontata la sussistenza del fatto che è oggetto d'indagine;

- l'esperto [a] rendere espliciti al minore gli scopi del colloquio, tenuto conto della sua età e della capacità di comprensione, evitando, in quanto possibile, di caricarlo di responsabilità per quello che riguarda gli sviluppi del procedimento. (Nella specie, la Corte ha concluso per l'inattendibilità delle dichiarazioni rese da tre bambini in età prescolare, presunte vittime di violenza sessuale da parte delle maestre della scuola materna, in quanto il loro esame era stato svolto in maniera inadeguata nel corso dell'incidente probatorio). (C.p., art. 196; c.p.p., art. 498).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Le attuali imputate sono religiose, dell'ordine d., e rispettivamente portano il nome di Suor C. e Suor C.; all'epoca dei fatti, che risalgono agli anni 1999/2000, avevano rispettivamente sessanta e settantaquattro anni, e gestivano la scuola materna in C.S.A.

Sono state accusate e condannate in primo grado alle pene di cui sopra per avere a lungo e frequentemente commesso e fatto commettere atti sessuali, con diversi bambini e bambine della scuola che all'epoca contavano tra i tre ed i cinque anni di età. È stata considerata la presenza anche di un uomo a quelle che sono state definite negli atti come delle vere e proprie orge, uomo indicato dai bambini talvolta come «signor Giorno» talaltra come «Frà Beppe», tuttavia è mancata l'individuazione di questo personaggio e non è stato possibile accertare la presenza di un uomo con le caratteristiche descritte dai bambini in occasione del compimento degli atti attribuiti alle imputate.

I primi sospetti in ordine al comportamento delle suore nella scuola materna sono datati nel 1999: premesso che alcuni genitori si lamentavano della rigidità e della severità delle stesse e del fatto che spesso alcuni bambini giungevano a casa alla fine della giornata sporchi di feci e urine, la madre di B.K, M.C., all'epoca di anni quarantadue, ebbe a riferire che il suo bambino, allora di poco più di tre anni, oltre a manifestare disagio e sofferenza nell'andare e nel ritornare dalla scuola, teneva un comporamento strano in diverse circostanze: urlava e si dimenava quando veniva spogliato per indossare il pigiamino, si metteva prono per indossarlo, «esibiva il sesso come se si masturbasse» (sono parole della madre nella sua deposizione dibattimentale), raccontava della presenza all'asilo di un uomo che toccava i bambini e si faceva toccare il membro. La M. riferiva anche che il bambino in un'occasione le aveva leccato il seno, dicendo che così lo aveva indotto a comportarsi Suor C.; inoltre egli si era portato una volta nella doccia dove si trovava il padre, e (testualmente) «voleva fargli vedere a tutti i costi come si faceva a far uscire il latte dal pisello». A quell'epoca la M. era in stato di gravidanza negli ultimi mesi e partorì un bambino cui venne dato il nome di M.: K, sempre a dire della madre, cercava di succhiare il sesso al fratellino.

In questa situazione la M. fece in modo di provocare una riunione di madri dell'asilo, che in effetti ebbe luogo, ma non ebbe alcun seguito, perché molte madri non erano d'accordo nell'agire contro le suore e la denunciante non venne creduta, forse per la sua difficile vita anteatta che la stessa, in una drammatica deposizione in dibattimento, nella quale pianse a lungo ed ebbe anche una forte epistassi, descrisse in questo modo: era stata oggetto di un tentativo di violenza sessuale all'età di tredici anni, era stata «ragazza madre» (sua espressione) all'età di diciannove, la figlia nata all'epoca, attualmente ultraventenne, era pure stata oggetto di una tentata violenza, successivamente aveva contratto matrimonio ed aveva avuto i due figli maschi, K. e all'epoca dei fatti di causa, M.

Nel maggio del 2000 un'altra mamma dell'asilo ha dei sospetti: B.N., madre del C.D., anche questi di poco più di tre anni di età, osserva che il bambino comincia a manifestare delle paure che non aveva prima di iniziare la frequenza della scuola materna, parla di una stanza buia nella quale viene lasciato, dice che gli vengono tolte «le braghine e le mutandine» e che anche le suore se le tolgono e fanno con loro il gioco deiPage 1200 coniglietti, che è presente il signor Giorno e qualcuno aziona una videocamera in queste circostanze; al padre viene a dire che ha visto e toccato «le poppoline» di Suor C., della quale avrebbe anche leccato «la fretolina».

La B. riferisce questi discorsi e questi atteggiamenti del bambino ad un'altra mamma, G.I., che manda al medesimo asilo il proprio figlio, R.L., della stessa età di D., e le suggerisce di interrogarlo. L. riferisce alla madre che alla scuola materna gli tolgono i pantaloncini e le mutandine quando lo mettono in castigo; sollecitato dalla mamma che gli chiede di far vedere quello che fa all'asilo, si spoglia, si stende sul letto, apre le gambe, poi si rifiuta di fare altro, dicendo che è un segreto; in altra occasione riferisce che Suor C. lo bacia sul «pisello» e che Suor C. ha un seno bruttissimo, tutto a righe, che si fa toccare; parla anche lui del gioco dei coniglietti e di fotografie nella stanza buia, del fatto che le suore inducevano bambine e bambini a leccarsi vicendevolmente nelle parti intime sotto i loro occhi; aggiunge che talvolta tutti i bambini senza distinzione, venivano messi in fila e venivano loro applicate delle supposte «che andavano su e facevano male», e questo indipendentemente da malattie o altro.

A questo punto due mamme, la B. e T.T., si recano dal parroco, che è responsabile della scuola materna, e questi suggerisce loro di non fare passi ulteriori, pur rimanendo vigili su quanto accade, mentre cercherà lui il modo di allontanare le due suore; si recano anche dalla madre superiora, ma non ottengono soddisfazione. Infine le due donne si recano dal maresciallo dei carabinieri del luogo, Mattarello Giovanni, che svolge qualche indagine, esegue una perquisizione nell'asilo, rilevando che Suor C. dispone di una videocamera che usa nelle feste dei bambini, mentre nell'edificio che ospita la scuola materna non rinviene alcuna stanza buia che corrisponda alle descrizioni fornite dai bambini alle madri, se non una piccola stanza al piano superiore nella quale si trova non un letto ma un fasciatoio per neonati.

Successivamente le indagini vengono assunte dalla polizia giudiziaria presso la Procura della Repubblica di Bergamo.

Al dibattimento di primo grado si perviene dopo lunghe ed accurate indagini preliminari, che hanno comportato diligenti perquisizioni presso la scuola materna, nelle quali nulla di oggettivamente compromettente è stato rinvenuto (nulla di pornografico, né nel computer delle suore, né filmati o immagini o fotografie), non viene identificata alcuna stanza delle dimensioni e dell'arredamento descritto dai bambini, vani risultano gli appiattimenti per scoprire se qualche persona di sesso maschile frequenta l'asilo, vengono inutilmente attivate intercettazioni, vengono sentiti i bambini che hanno riferito alle madri quei determinati fatti in sede di audizione protetta con l'ausilio di psicologhe infantili.

Nell'incidente probatorio sono dunque ascoltati R.L., S.A., C.D., B.K, C.M., M.G. e C.J.

R.L. ripete continuamente, nonostante le sollecitazioni della psicologa, espressioni come: «Non so, non ricordo...» e nei confronti delle suore si lamenta soltanto della cucina; ricorda la presenza di una stanza buia nell'asilo.

S.A., che ha tre anni all'epoca dei fatti in imputazione, invece riferisce che le suore le «facevano fare le supposte» nella stanza buia, che era «grande come tutto il paese», che una di loro, pare Suor C., le diceva: «Vaff...». Erano senza vestiti e le suore facevano leccare il sedere a tutti i bambini e si facevano leccare anche loro allargando le gambe: erano «tantissimi» i bambini che dovevano fare queste cose. In un primo momento esclude che fossero presenti altre persone, in particolare uomini, ma successivamente, per le insistenze della psicologa, parla di una donna «di nome Giuseppe (sic)», che peraltro era un uomo, che faceva loro «imparare le cose brutte», si spogliava e si faceva leccare anche lui.

C.D. comincia col dire che le suore «vanno sgridate e imprigionate», poi prosegue riferendo che nella stanza buia si giocava e che i giochi brutti erano le macchine ed i camion, le suore non avevano i vestiti, che i bambini saltavano, ma non ricorda il gioco dei coniglietti, che a lui non è stato toccato il «pisello», ma ad A. sì (sic), non ricorda che ai bambini siano state fatte cose brutte (come pitturare la faccia), ma le suore gli «rompevano le tasche». Esclude la presenza di estranei e nega l'esistenza del signor Giorno; il castigo consisteva nello stare seduti fermi sulla panca e le suore «mettevano il gel»; non ha mai toccato le «boccoline».

B.K. sostiene che le suore picchiavano i bambini e facevano loro male nella stanza buia, sostiene che erano sempre vestiti, che non c'erano uomini...

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