Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI LECCE Sez. dist. di Taranto, 13 maggio 2004, n. 146. Pres. ed est. Lanzo - Giandomenico (avv. Dinoi) c. Comune di Pulsano (avv. Pesare).

Responsabilità civile - Amministrazione pubblica- Opere pubbliche - Strade - C.d. insidia stradaleConfigurabilità - Esclusione.

La P.A. incontra nell'esercizio del suo potere discrezionale nella vigilanza e nel controllo dei beni demaniali limiti derivanti dalle norme di legge o di regolamento, nonché dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza, ed in particolare dalla norma primaria e fondamentale del neminem laedere, in applicazione della quale essa è tenuta a far sì che il bene demaniale non presenti per l'utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedibile sì da dar luogo al cosiddetto trabocchetto o insidia stradale. (C.c., art. 2043).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Michele Giandomenico, nella qualità di genitore del minore Vincenzo, con atto di citazione ritualmente notificato il 12 febbraio 1998 conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Taranto il Comune di Pulsano chiedendone la condanna al risarcimento del danno subìto in data 21 maggio 1997 alle ore 19 circa, allorché il predetto figlio minore era caduto con la sua bicicletta a causa di una buca esistente in una strada del Comune convenuto. Quest'ultimo si costituiva e contestava la domanda proposta, chiedendone l'integrale rigetto.

Prodotta varia documentazione ed assunta una prova testimoniale era disposta ed espletata una Ctu.

Con sentenza 2 novembre 2000 il Tribunale di Taranto rigettava la domanda, condannando l'attore al pagamento delle spese processuali.

Ha proposto appello, con citazione notificata il 7 settembre 2001, Michele Giandomenico, il quale, sempre nella qualità di genitore del figlio minore Vincenzo, censura la decisione del primo giudice poiché ha omesso di considerare che l'unico testimone escusso ha riferito non solo che il ragazzo cadde per terra e che esisteva una grossa buca sul manto stradale, ma anche che ´era in penombra data l'ora e tale buca non era molto visibileª.

Il Comune appellato si è costituito ed ha chiesto il rigetto del gravame, ritenuto del tutto infondato poiché la buca in questione non costituiva certamente una insidia, essendo ben visibile sia per l'ora in cui è avvenuto il fatto, sia e soprattutto per la grandezza della stessa riferita dal predetto testimone.

La causa, quindi, è stata riservata per la decisione sulle conclusioni delle parti sopra trascritte.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con l'unico motivo di impugnazione l'appellante Giandomenico sostiene che il tribunale ha omesso di considerare che il teste esaminato in prime cure ha riferito che la buca in questione ´era in penombra data l'oraª e ´non era molto visibileª.

La doglianza non può essere condivisa in quanto il primo giudice, con motivazione breve e nello stesso tempo essenziale, ha correttamente osservato, che se realmente la caduta di Vincenzo Giandomenico si era verificata per l'esistenza di una grossa buca sul nastro asfaltato della strada del Comune di Pulsano doveva essere considerato che non poteva affermarsi la responsabilità dell'ente territoriale per mancanza dell'elemento obiettivo dell'insidia stradale, giacché si trattava di una grossa buca certamente visibile atteso che il fatto era avvenuto alle 19 circa (come indicato in citazione dallo stesso attore, ma la valutazione non cambia ove si consideri che l'unico teste escusso, Cosimo Borraccino, ha riferito di aver assistito al fatto ´verso le ore 19,30ª), quando la visibilità è ottima, durante l'applicazione dell'ora legale, nel giorno 21 maggio, e cioè appena un mese prima del solstizio d'estate.

Ed è opportuno ricordare, in punto di diritto, che rettamente è stata valutata l'ipotesi di responsabilità dell'ente territoriale proprietario della strada in cui si è verificata la caduta de qua, a norma dell'art. 2043 c.c., in base all'interpretazione giurisprudenziale secondo cui la P.A. incontra nell'esercizio del suo potere discrezionale, anche nella vigilanza e nel controllo dei beni demaniali, limiti derivanti dalle norme di legge o di regolamento, nonché dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza, ed in particolare dalla norma primaria e fondamentale del neminem laedere, in applicazione della quale essa è tenuta a far sì che il bene demaniale non presenti per l'utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedibile sì da dar luogo al cosiddetto trabocchetto o insidia stradale (v. Cass. 8 novembre 2002 n. 15710 e Cass. 17 marzo 1998 n. 2850), la cui prova incombe sul danneggiato.

Non può, invero, applicarsi agli enti pubblici la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. per danni cagionati da cose in custodia tutte le volte in cui il bene, sia esso demaniale o patrimoniale, per le sue caratteristiche (estensione e modalità d'uso) soggiace ad una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi che in concreto comprime la possibilità di custodia e vigilanza sulla cosa medesima (Cass. 15 gen- Page 1082 naio 1996 n. 265; Cass. 21 gennaio 1987 n. 526; Cass. 4 aprile 1985 n. 2319; Cass. 20 marzo 1982 n. 1817; Cass. 20 gennaio 1982 n. 943).

E la Suprema Corte ha avuto occasione di puntualizzare altresì che il citato art. 2051 c.c. trova in realtà applicazione nei confronti della P.A. con riguardo a beni demaniali, ma esclusivamente quando tali beni non siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei terzi, ma vengano utilizzati dall'amministrazione medesima in situazione tale da rendere possibile un concreto controllo ed una vigilanza idonea ad impedire la insorgenza di causa di pericolo (Cass. 30 ottobre 1984 n. 5567) ovvero qualora si tratti di beni demaniali o patrimoniali che per la loro limitata estensione territoriale consentano un'adeguata attività di vigilanza sugli stessi (Cass. 7 gennaio 1982 n. 58).

Il suesposto orientamento costituisce ancor oggi un elemento fondamentale per l'affermazione della responsabilità della P.A. ex art. 2043 c.c. con riferimento ai danni prodotti da omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche, ricondotta all'inosservanza del principio del neminem laedere, ma sempre a condizione naturalmente che venga provata dal preteso danneggiato l'esistenza di una situazione insidiosa caratterizzata da oggettiva non visibilità e dalla non prevedibilità del pericolo.

E ciò, è opportuno aggiungere, anche alla stregua dell'avallo dato dalla sentenza della Corte costituzionale 10 maggio 1999 n. 156, la quale ha testualmente richiamato, in proposito, il principio di autoresponsabilità a carico degli utenti ´gravati di un onere di particolare attenzione nell'esercizio dell'uso ordinario diretto del bene demaniale per salvaguardare appunto la propria incolumitઠed ha considerato la nozione di insidia ´come una sorta di figura sintomatica di colpa, elaborata dalla esperienza giurisprudenziale, mediante ben determinate tecniche di giudizio, in base ad una valutazione di normalità, con il preciso fine di meglio distribuire tra le parti l'onere probatorio, secondo un criterio di semplificazione analitica della fattispecie generatrice della responsabilità in esameª (v. Cass., S.U., n. 10893/2001).

Correttamente il primo giudice ha escluso che la buca esistente sulla strada in questione del Comune appellato costituisce una insidia, dovendosi ritenere, come si è già precisato, che la stessa, attese le sue dimensioni e la sua ampiezza (v. le fotografie prodotte in giudizio), era sicuramente visibile per il minore che percorreva in bicicletta la stessa strada, ove fosse stata prestata la prescritta attenzione. E va puntualizzato che il testimone Borraccino, sopra citato, pur esprimendo dei giudizi, ha riferito che ´era in penombra data l'ora e tale buca non era molto visibileª. Per quanto riguarda l'ora, come si è osservato all'inizio di questa motivazione, bisogna riconoscere che, durante l'applicazione dell'ora legale, nel giorno 21 maggio, ad appena un mese dal solstizio d'estate, la visibilità è ottima anche alle ore 19,30 indicate dal teste (l'attore nell'atto introduttivo aveva invece fatto riferimento alle ore 19 circa): del resto, lo stesso teste affermando che la buca non era ´moltoª visibile, riconosce implicitamente che comunque la stessa era ´visibileª.

In conclusione la Corte ritiene che la buca in questione sicuramente non ha integrato quella situazione di pericolo occulto richiesta, come si è detto prima, per l'affermazione della responsabilità della P.A. ex art. 2043 c.c., ossia la cosiddetta insidia o trabocchetto di cui alle decisioni giurisprudenziali sopra segnalate.

L'appello, risultato infondato, deve quindi essere respinto con la condanna dell'appellante, per il principio generale della soccombenza al pagamento delle spese processuali, che si liquidano ex actis come in dispositivo avuto riguardo al valore della causa ed all'attività processuale svolta. (Omissis).

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@TRIBUNALE CIVILE DI BARI Sez. III, 25 maggio 2005, n. 1164. Est. Romita -Cignetti (avv. Ciarmoli) c. Carosiello ed altra (avv. Cellamare).

Assicurazione obbligatoria - Risarcimento danni - Iva sull'importo dovuto a titolo di risarcimentoObbligo - Assenza della documentazione fiscale concernente l'avvenuta riparazione del veicoloIrrilevanza. Assicurazione obbligatoria - Risarcimento danni -Fermo tecnico - Liquidazione in via equitativaAmmissibilità - Assenza di una prova specifica in ordine al danno subito - Irrilevanza.

Poiché il risarcimento del danno si estende agli oneri accessori e consequenziali, se esso è liquidato in base alle spese da affrontare per le riparazioni, la società assicuratrice della responsabilità civile in materia di circolazione stradale è tenuta a indennizzare il danneggiato anche delle somme dovute per Iva, pur se la riparazione non è ancora avvenuta e manchi la relativa fattura. (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 18).

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