Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1225-1230

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@TRIBUNALE DI GENOVA Sez. I, 21 giugno 2006. Pres. Ivaldi - Est. Panicucci - Imp. D.A.

Violenza sessuale - Circostanze attenuanti - Toccamenti e palpeggiamenti - Molestie attuate non a contatto diretto con le parti intime della vittimaDiminuente dei «casi di minore gravità» - Applicabilità.

Integrano il delitto di violenza sessuale, nella forma attenuata dei «casi di minore gravità» di cui all'art. 609 bis comma 3 c.p., le molestie (toccamenti e strusciamenti) non particolarmente invasive in quanto attuate sempre al di sopra dei vestiti e non a contatto diretto con le parti intime della vittima. (Nel caso di specie l'attenuante de qua è stata considerata prevalente sulla circostanza aggravante comune ex art. 61, n. 11, c.p.). (C.p., art. 61; c.p., art. 133; c.p., art. 609 bis) (1).

    (1) Anche Cass. pen., sez. III, 4 maggio 2000, Delle Donne S., in questa Rivista 2000, 687, ha ritenuto che i c.d. «toccamenti o palpeggiamenti» delle natiche (zone tipicamente «erogene del corpo femminile») ancorché connotati da eventuale finalità molesta e non di libidine, integrassero il delitto di violenza sessuale, eventualmente nella forma attenuata dei «casi di minore gravità». Sull'applicabilità della diminuente dei «casi di minore gravità», si vedano, inoltre, Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 2004, Bruttomesso, ivi 2005, 106; Cass. pen., sez. III, 11 ottobre 1999, Scacchi, ivi 2000, 31 e Cass. pen., sez. III, 6 febbraio 1997, Coro, ivi 1997, 147.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Al dibattimento, svoltosi nella contumacia dell'imputato, regolarmente citato e non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento, e alla presenza della parte civile, ritualmente costituita, si è proceduto ad esame e controesame dei testi indicati dalle parti (persona offesa; funzionario verbalizzante; persone a conoscenza di una parte della vicenda in contestazione) e a lettura della documentazione agli atti (pp.vv. di denuncia-querela del 19 giugno 1997 e del 2 settembre 1997).

All'esito dell'istruttoria dibattimentale - integrata dal collegio ex art. 507 c.p.p., attraverso l'esame di altra persona offesa, originariamente non citata come testimone -, P.M. e difesa hanno concluso come da verbale di udienza.

È emerso quanto segue: a) sulla imputazione.

Con DDG in data 8 marzo 2005, il Gip presso il Tribunale di Genova disponeva il rinvio a giudizio di D.A., per rispondere dei reati di cui agli artt. 81 cpv., 609 bis, 61 n. 11 c.p., una serie di atti sessuali reiterati, asseritamente commessi in danno di B.A. e di E.M., tra il maggio e il giugno 1997, profittando della propria condizione di datore di lavoro delle due giovani, con le modalità e nei termini analiticamente descritti in rubrica.

b) sulle risultanze della istruttoria dibattimentale. La verifica dell'ipotesi accusatoria è stata svolta attraverso l'esame delle persone e la lettura della documentazione come sopra indicate.

La compiuta istruttoria dibattimentale ha consentito di chiarire, in maniera ampiamente tranquillante, tutti gli aspetti della vicenda in contestazione.

In particolare, è emerso quanto segue:

1) le dichiazioni delle persone offese. A) di B.A.

La teste dichiarava di avere lavorato alle dipendenze di D.A., presso il «B.» di Genova, grazie all'interessamento di uno zio, all'incirca per tre-quattro mesi, da inizio anno alla primavera del 1997, e di avere avuto seri problemi col datore di lavoro, che era solito, sia pure talvolta con atteggiamento apparentemente scherzoso, infliggerle molestie sessuali.

In particolare l'uomo, fin dall'inizio del rapporto di lavoro, aveva assunto atteggiamenti affettuosi, pretendendo il bacio a mo' di saluto.

Quindi, era passato alla fase delle battute a sfondo sessuale, anche pesanti, che era uso farle sia direttamente, sia via telefono. Così, ad esempio, una volta aveva affermato che era appena arrivata al locale la frutta e la verdura fresca e che avrebbe gradito fare giochi erotici con lei, usando banane e zucchine.

Infine, era passato a veri e propri assalti al suo indirizzo. Una sera, all'interno del bar, al piano superiore, le aveva messo le mani sul seno e lei lo aveva spinto via, con tanta forza e rapidità di reazione da farlo cadere dalle scale; un'altra volta, mentre lo accompagnava in macchina al «B.», lui aveva iniziato a toccarla nelle parti intime. Un'altra volta, ancora, proprio mentre erano all'interno del «B.», lui aveva cercato di baciarla sulla bocca, ma lei si era ritratta; quindi le aveva detto che avrebbe voluto subito appartarsi con lei, invitandola a seguirlo e, avendo lei espressamente rifiutato, il D. l'aveva stretta forte per le braccia, bloccandola, e si era «strusciato» contro il suo corpo.

C'erano stati anche altri episodi del genere, durante il lavoro ordinario presso il «B.», tanto che lei, alla fine, non potendone più, ormai esasperata, si era licenziata.

Col D., oltre a problemi di quel tipo, c'erano state anche questioni economiche.

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Della vicenda non aveva parlato con lo zio, per non turbarlo, sia perché era stato lui a procurarle il lavoro, sia perché era sofferente di cuore.

Ne aveva invece parlato con la collega S.P. e, a cose avvenute, con la mamma e i familiari.

All'inizio, aveva cercato di resistere, anche perché aveva bisogno del lavoro, poi - le era capitato anche di incontrare E.M., apprendendo della sua vicenda - aveva presentato formale denuncia-querela presso il Commissariato P.S. Foce-Sturla.

B) di E.M.

La teste riferiva di avere trovato un impiego al «B.» di C. grazie all'interessamento di un amico, C.G., che già lavorava in quel locale. In data 31 maggio 1997, nel pomeriggio, aveva accompagnato il D. a Molassana, per ritirare una pedana da bar. Nel corso del tragitto, mentre lei guidava, l'uomo aveva iniziato a molestarla, carezzandole le gambe, cercando di toccarle i genitali, prendendole la mano e cercando di porla sul suo pene, dicendole cose tipo «... dai... lasciati andare...». Lei si era subito opposta, dapprima con atteggiamento educato, dicendo che era fidanzata, che non voleva, poi in maniera più ferma, intimando all'uomo di smetterla. La sera stessa aveva pensato di andarsene. Però, aveva bisogno di lavorare, l'orario e la paga erano adeguati alle sue esigenze, sperava si fosse trattato di un episodio isolato, così il giorno dopo era tornata al locale. Alle ore 15,00 circa, il locale era vuoto, il D. le era saltato addosso, mentre lei si trovava dietro al bancone. L'aveva baciata e, alla sua immediata reazione - lo aveva spinto via, gridando -, lui l'aveva presa per i capelli e tirata con forza. Era riuscita a divincolarsi, aveva cercato il C., gli aveva raccontato l'accaduto e detto che se ne sarebbe andata via. Dopo qualche ora, in serata, si era presentata a D. per chiedere le sue spettanze, ricevendo, però, solo una parte del dovuto. Così, il giorno dopo, era ritornata, ma lui non era presente. Aveva raccontato alla moglie dell'accaduto, ma lei sembrava non crederle.

Era, così, ritornata qualche giorno dopo, accompagnata dal...

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