Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA Sez. I, 3 aprile 2007, n. 428. Pres. Dioguardi - Est. Massari - Imp. Lodi.

Furto - Sottrazione di cosa comune - Uso momentaneo - Configurabilità del reato - EsclusioneCondizioni.

L'uso momentaneo di cosa comune non integra il reato di cui all'art. 627 c.p. a condizione che sia conforme alla naturale destinazione della cosa e che sia seguito dalla restituzione della stessa. (C.p., art. 627) (1).

    (1) La Corte, con la sentenza in epigrafe, precisa un punto di diritto marginale ma assolutamente nuovo relativamente al quale non si rinvengono editi precedenti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Lodi Alessandro veniva giudicato dal Tribunale monocratico di Parma quale imputato del reato di furto (di una caldaia per riscaldamento domestico) in epigrafe precisato.

Le risultanze dibattimentali.

La caldaia in questione, già originariamente installata in uno stabile di proprietà di Savani Domenico in via Martiri della Libertà a Berceto, era poi pervenuta, alla morte di quest'ultimo e dopo diverse vicende successorie, in comproprietà tra Lodi Alessandro e Savani Giuditta, parte civile nel presente procedimento: caldaia che poi, verso febbraio-marzo del 2000, era stata temporaneamente installata da un idraulico (Bonelli Franco), su iniziativa del Lodi, in un bar gestito dallo stesso, per essere quindi riportata, dopo una ventina di giorni, in un corridoio di proprietà comune, dove (su indicazione sempre del Lodi) veniva rinvenuta dal m.llo Parmi Enrico, comandante della stazione CC. di Berceto, che l'aveva quindi riconsegnata alla Savani. La temporaneità ab origine di quell'installazione emergeva in particolare dalla deposizione del teste Bonelli (pag. 32 della trascrizione del verbale d'udienza 1 ottobre 2002), secondo cui, essendovi premura di aprire quel certo bar e non disponendo egli in quel momento di una caldaia nuova, frattanto venne montata quella usata che il Lodi gli aveva detto di avere.

All'esito del giudizio, con sentenza in data 10 gennaio 2005 il tribunale dichiarava Lodi Alessandro colpevole del reato di cui all'art. 627 c.p. (sottrazione di cose comuni), così modificato l'originario capo di imputazione, e, previa concessione delle attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 20,00 di multa nonché al pagamento delle spese processuali; lo condannava altresì al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, liquidati in euro 100,00 con gli interessi legali dalla sentenza al saldo, ed alla rifusione delle spese di costituzione e di assistenza.

Proponeva appello il difensore dell'imputato svolgendo le seguenti doglianze/conseguenti richieste.

  1. Mancata assoluzione perché il fatto non sussiste. Secondo l'appellante, anche qualora si desse per ammesso che il Lodi avesse utilizzato la caldaia nel bar di cui narrativa, si sarebbe trattato pur sempre di un uso momentaneo, che non avrebbe recato pregiudizio alla quota di proprietà della contitolare Savani Giuditta. E poiché il fatto del comproprietario che faccia uso momentaneo della cosa comune non rientra nella previsione ex art. 627 c.p. né in alcun'altra norma penale, si tratterebbe di un fatto penalmente neutro.

  2. Mancata assoluzione per non avere commesso il fatto.

Secondo l'appellante dalle risultanze dibattimentali non emergerebbe con certezza che fosse stato il Lodi a prelevare e ad utilizzare la caldaia della Savani.

All'odierna udienza, celebrata in contumacia dell'imputato, P.G. e difensore concludevano come da verbale.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - La doglianza sub 1) è fondata.

Dall'incrocio delle deposizioni di Bonelli Franco e del M.llo Parmi Enrico può dirsi certo che la caldaia di cui trattasi coincide con quella fatta installare provvisoriamente dal Lodi e di poi riportata nell'immobile, già di proprietà di Savani Domenico, tanto più che l'apparizione di detta caldaia in quel certo bar a sua volta coincide con il periodo in cui la Savani ebbe a constatarne l'assenza nello stabile già di Savani Domenico (e posto che nulla è stato addotto, e neppure allegato, circa un'ulteriore caldaia, sia pure della stessa marca e tipo, in uno dei locali di detto stabile).

Ciò premesso, deve convenirsi che l'uso momentaneo, come in questo caso, di cosa comune - uso conforme alla naturale destinazione della cosa ed altresì non connotato da irreversibile incorporazione - non rientra nella previsione dell'art. 627 c.p., il cui presupposto è invece la sottrazione/l'impossessamento da parte del comproprietario, quindi ad exludendum l'altro contitolare. Il che non fu, posto che la caldaia fu riportata in un corridoio comune di quello stabile (deposizione Parmi: pag. 38).

Così inquadrati i connotati e la prospettiva del fatto, deve provvedersi come da dispositivo. (Omissis). Page 782

@TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO Ord. 18 aprile 2007. Pres. Burzio - Est. Vignera - Imp. V.A.

Pena - Sanzioni sostitutive - Libertà controllata - Inosservanza delle prescrizioni inerenti alla libertà controllata - Conversione in detenzione o applicazione di una misura alternativa - Valutazione discrezionale del tribunale di sorveglianza - Ammissibilità.

In caso di violazione delle prescrizioni inerenti alla libertà controllata, il tribunale di sorveglianza, tenuto conto della natura e della gravità della violazione, può discrezionalmente disporre la conversione della predetta sanzione in un periodo di detenzione oppure l'applicazione di una misura alternativa (affidamento in prova, detenzione domiciliare o semilibertà). (L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 108) (1).

    (1) La citata sentenza Cass. pen., sez. I, 28 febbraio 2001, Yurstev, è pubblicata in questa Rivista 2001, 776.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Premesso che:

- con provvedimento di cumulo in data 20 giugno 1995 la Procura Generale della Repubblica di Genova determinava (tra l'altro) in lire 90.000.000 di multa la residua pena pecuniaria complessiva, che V.A. avrebbe dovuto espiare in virtù della sentenza 11 febbraio 1985 della Corte di appello di Trieste, della sentenza 2 dicembre 1991 della Corte di appello di Genova e della sentenza 3 maggio 1982 della Corte di appello di Milano;

- con ordinanza in data 23-29 novembre 2004 il Magistrato di Sorveglianza di Alessandria (competente perché all'epoca dell'inizio del relativo procedimento V.A. risiedeva a Tortona), accertato che il condannato non aveva provveduto al pagamento della suddetta pena pecuniaria, rigettava l'istanza di pagamento rateale della pena stessa e (ai sensi dell'art. 102 della legge 24 novembre 1981 n. 689) convertiva la pena della multa di euro 46.481,12 nella libertà controllata per anni uno;

- avverso la predetta ordinanza veniva proposto nell'interesse di V.A. ricorso per cassazione, con il quale si deduceva l'incompetenza territoriale del Magistrato di Sorveglianza di Alessandria e l'illogicità della motivazione relativa al rigetto dell'istanza di rateizzazione;

- con sentenza in data 9 giugno 2005 la Corte di Cassazione rigettava il superiore ricorso;

- divenuta così definitiva la suindicata ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Alessandria, il 20 giugno 2006 i Carabinieri di Alessandria, avuta la presenza di V.A., (ri)notificavano al predetto l'ordinanza medesima e davano «atto che V.A., poiché dovrà scontare la sanzione nel comune di residenza (Cabras), viene intimato a recarsi in detto comune e presentarsi ai Carabinieri di Cabras, delegati dall'A.G. alla sottoposizione degli obblighi, entro il 4 luglio 2006, data concordata con l'interessato stesso»;

- il 22 agosto 2006 i Carabinieri di Cabras comunicavano al Magistrato di Sorveglianza di Alessandria «che V.A., seppure ancora residente anagraficamente in questo centro, di fatto risulta essersi trasferito per ignota destinazione. Lo stesso, più volte contattato telefonicamente all'utenza XXX, ha riferito di trovarsi temporaneamente all'estero (in Germania) per motivi di lavoro, riservandosi, al suo rientro in Italia previsto per la prima decade del mese di settembre p.v., di comunicare il suo nuovo domicilio»;

- non risulta che ciò sia avvenuto; - la superiore condotta di V.A. integra grave e continuata violazione delle prescrizioni date con la suddetta ordinanza del 29 novembre 2004, con la quale si vietava al libero controllato di allontanarsi dal comune di residenza;

- ricorrono, pertanto, le condizioni per disporre (ai sensi dell'art. 108 della legge 24 novembre 1981 n. 689) la conversione dell'intera libertà controllata in un uguale periodo di reclusione, pari ad anni uno [v. Cass. pen., sez. I, 6 dicembre 2000, n. 8676, Yurstev: «Qualora, a seguito della violazione di taluna delle prescrizioni inerenti alla libertà controllata applicata in conversione di pena pecuniaria, detta sanzione sostitutiva, per la parte non ancora eseguita, debba essere a sua volta convertita in pena detentiva, il criterio da seguire in tale operazione è solo quello dettato dall'art. 108 comma 1 L. 24 novembre 1981 n. 689 (secondo cui la parte non ancora eseguita si converte in un uguale periodo di detenzione o di arresto) con esclusione, quindi, della regola di cui all'art. 57 comma 3 della stessa legge, secondo cui un giorno di pena detentiva equivale a due giorni di libertà controllata. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha censurato la decisione del giudice di merito il quale, in un caso in cui la libertà controllata, disposta per la durata di un anno, era rimasta totalmente ineseguita, l'aveva sostituita con soli sei mesi, anziché con un anno di reclusione)»];

- in particolare, la censurata condotta sin qui tenuta dal V. (concretasi non solo nella sua irreperibilità, ma addirittura in un suo espatrio non autorizzato) integra un grave e concreto pericolo di fuga, del tutto incompatibile con l'applicazione di una sanzione alternativa alla detenzione, pur astrattamente possibile [cfr. Corte cost. (Ord.), 27 settembre 1990, n. 418, in Cass. pen., 1991, I, 386, la quale, nel...

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