Giurisprudenza di legittimitá

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine159-185

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 19 novembre 2008, n. 43189 (ud. 9 ottobre 2008). Pres. Lupo - Est. Petti - P.M. D'Ambrosio (conf.) Ric. X.

Delitti sessuali contro i minori - Sfruttamento di minori - Pornografia minorile - Detenzione di materiale pedopornografico - Condotte vietate (procurarsi o detenere) - Concorso formaleEsclusione - Fattispecie.

Le condotte (procurarsi o detenere) contemplate nel testo vigente della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 600 quater c.p., nella formulazione derivante dalle modifiche introdotte dalla L. 6 febbraio 2006, n. 38, non integrano che diverse ipotesi di reato, ma rappresentano distinte modalità di perpetrazione del medesimo reato, essendo escluso tra di esse il concorso formale. (Nel caso di specie si era contestato all'imputato di essersi procurato per via telematica materiale pedopornografico ottenuto mediante lo sfruttamento di minori). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 600 quater) (1).

    (1) Si veda Cass. pen., sez. III, 12 novembre 2007, Martelli, in questa Rivista 2008, 810, secondo la quale integra il reato de quo, la condotta consistente nel procurarsi materiale pedopornografico «scaricato» da un sito internet a pagamento, in quanto il comportamento di chi accede al sito e versa gli importi richiesti per procurarsi il materiale pedopornografico offende la libertà sessuale e individuale dei minori coinvolti come il comportamento di chi lo produce.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - La Corte d'appello di Perugia, con sentenza del 16 marzo del 2007, confermava quella resa dal Tribunale di Terni il 23 ottobre del 2007, con cui X. era stato condannato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione, quale responsabile, in concorso di circostanze attenuanti generiche, del delitto di cui all'art. 600 quater c.p. per essersi procurato per via telematica materiale pedopornografico ottenuto mediante lo sfruttamento di minori.

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata, a seguito di indagini avviate dai Carabinieri di Biella si era accertato che il X. aveva eseguito transazioni mediante il circuito Visa con società risultate gestire un sito internet contenente materiale pedopornografico. Il risultato delle indagini era stato riscontrato da una perquisizione domiciliare eseguita a carico del predetto nel corso della quale si era rinvenuto, nei supporti informatici sequestrati, materiale di natura pedopornografica. Gli inquirenti al dibattimento non sono stati in grado di precisare se le società con le quali il prevenuto aveva stipulato le due transazioni, oltre al sito avente esclusivamente materiale pedopornografico, fossero interessate alla commercializzazione anche di prodotti di genere diverso.

Tanto premesso in fatto, la Corte ribadiva la responsabilità dell'imputato e ne ravvisava alcuna violazione del principio di correlazione tra imputazione e sentenza per il fatto che il prevenuto era stato condannato per la disponibilità del materiale pedopornografico in luogo del procacciamento indicato nel capo d'imputazione, sia perché il materiale detenuto era stato acquisito sicuramente per via telematica, sia perché ai fini della configurabilità del reato era sufficiente la semplice detenzione, la quale è compresa nel procacciamento.

Ricorre per cassazione il difensore sulla base di due motivi.

Con il primo ripropone l'eccezione di divieti di correlazione tra imputazione e sentenza, per avere la Corte, nonostante la specifica censura, omesso di rilevare la novità del fatto emerso in dibattimento e confuso concettualmente il fatto diverso con il fatto nuovo. Assume che la norma contempla due ipotesi alternative: quella del procurarsi e quella del detenere che possono anche concorrere tra loro.

Con il secondo motivo lamenta la violazione dei criteri di valutazione della prova e difetto di motivazione, per avere la Corte affermato la responsabilità del prevenuto sulla base di considerazioni contraddittorie, ed omesso di valutare circostanze decisive: assume che non era certo il procacciamento del materiale per via telematica poiché gli inquirenti non avevano potuto stabilire se le società rispetto alle quali il X. si era determinato all'esecuzione di transazioni in denaro, svolgessero anche altre attività o fossero interessate alla commercializzazione di materiale di altro genere. Del pari inadeguata sarebbe l'affermazione relativa al rinvenimento nel disco fisso del portatile di immagini a contenuto pedopornografico, con cui si è rimarcato che trattasi di immagini scaricate da internet, anche se lo scaricamento era risultato parziale, a cagione dell'entrata in funzione di un programma di cancellazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Il ricorso va respinto perché infondato.

Con riferimento al primo motivo si rileva che il reato di cui all'art. 600 quater può configurarsi con due condotte: il procurarsi ed il detenere. Prima della riforma introdotta con la novella n. 38 del 2006, anziché alla detenzione, si faceva riferimento alla disponibilità, che è nozione più ampia e sfumata della deten-Page 160zione, allo scopo di rendere la norma sicuramente applicabile anche al po ssesso di immagini pedopornografiche ottenute mediante l'accesso a siti internet opportunamente protetti. Tuttte le attività, telematiche o non, idonee a fare ottenere il materiale pedopornografico al detentore integrano la nozione del procurarsi. Detiene il materiale pedopornogrfico colui che in precedenza se l'è procurato. Le due forme con cui può manifestarsi la condotta o poteva manifestarsi la condotta all'epoca della contestazione: il disporre o detenere ed il procurarsi, anche se sembrano tra loro alternative, hanno tuttavia un elemento comune che è costituito dalla disponibilità sia pure momentanea del materiale pedopornografico. Siffatta circostanza ha indotto una parte della dottrina a dubitare persino dell'utilità della distinzione tra il procacciamento e la disponibilità o la detenzione in quanto non è possibile definire il procacciamento a prescindere da almeno momentanea disponibilità della res. Secondo tale dottrina, l'unica spiegazione plausibile dell'autonoma configurabilità come reato del mero procacciamento potrebbe ravvisarsi nella possibilità di reprimere penalmente il tentativo di procurarsi il materiale che non sarebbe logicamente possibile per la detenzione. Dai principi dianzi esposti emerge che non si tratta di due reati diversi, ma di due diverse modalità di perpetrazione del medesimo reato e quindi le due condotte non possono concorrere tra di loro. Esse hanno un elemento comune, che è costituito dalla disponibilità ossia dalla detenzione del materiale pedopornografico. Ora, in presenza di questo elemento essenziale comune alle due modalità con cui può estrinsecarsi lo stesso reato, non si può assolutamente parlare di fatto nuovo come affermato dal ricorrente. Invero, il fatto nuovo, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, si realizza allorché al fatto contestato si aggiunga un altro e diverso fatto storico che si pone accanto al primo quale autonomo thema decidendum. Nella fattispecie nel dibattimento non è emerso un fatto storico diverso dal procacciamento inizialmente contestato, ma è solo affiorata un'incertezza, non sul procacciamento, ma sulle modalità di tale procacciamento, poiché gli inquirenti non sono stati in grado di escludere che le due società con cui il prevenuto aveva stipulato per via telematica le transazioni indicate nel capo d'imputazione vendessero anche materiale di altro genere. Siffatta incertezza non ha dato origine ad un fatto nuovo perché il procacciamento può essere effettuato in qualsiasi modo anche per via non telematica e comunque non ha impedito al prevenuto di difendersi chiarendo le modalità del procacciamento stesso o indicando il materiale effettivamente acquistato dalle società menzionate nel capo d'imputazione. In definitiva nella fattispecie è rimasto incerto solo un elemento del fatto storico originariamente contestato, che non costituisce però elemento essenziale della condotta criminosa ascritta o della fattispecie astratta, essendo ai fini della configurabilità del reato indifferenti le modalità del procacciamento. Siffatta incertezza non ha leso in alcun modo il diritto di difesa. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di correlazione tra accusa e sentenza, le norme che disciplinano le nuove contestazioni, la modifica dell'imputazione e la correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza (articoli 516-522 c.p.p.), avendo lo scopo di assicurare il contraddittorio sul contenuto dell'accusa e, quindi, il pieno esercizio del diritto di difesa dell'imputato, vanno interpretate con riferimento alle finalità alle quali sono dirette, cosicché non possono ritenersi violate da qualsiasi modificazione rispetto all'accusa originaria, ma soltanto nel caso in cui la modificazione dell'imputazione pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato. In altri termini, poiché la nozione strutturale di «fatto», contenuta nelle disposizioni in questione, va coniugata con quella funzionale, fondata sull'esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice) risponde all'esigenza di evitare che l'imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi (Cass. n. 41663 del 2005; conf., S.U., n. 16 del 1996, RV 205619; n. 34051 del 2003, RV 226796; n. 16900 del 2004, RV 228042; n. 21094 del 2004, RV 229021).

In conclusione il prevenuto non è stato condannato per un fatto diverso da quello contestato proprio perché il procacciamento implica la materiale detenzione. Secondo la dottrina e la stessa giurisprudenza la correlazione tra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza permane se il novum si può includere nel fatto storico...

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