Giurisprudenza di Legittimita

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. V, 6 novembre 2007, n. 40748 (ud. 27 settembre 2007). Pres. Fazzioli - Est. Fumo - P.M. (diff.) - Ric. I.E.

Molestia o disturbo alle persone - Estremi - Atteggiamento caratterizzato da petulanza - NozioneFattispecie.

Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'articolo 660 c.p. la molestia deve essere caratterizzata dalla petulanza, intesa quale atteggiamento di insistenza eccessiva e perciò di fastidiosa, di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera. (Nel caso di specie la Corte ha escluso l'effettuazione di due soli contatti telefonici possa costituire espressione di petulanza nel senso anzidetto). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 660) (1).

    (1) Identico principio è stato affermato, in un caso simile, da Cass. pen., sez. I, 12 giugno 1998, Vittorio, in questa Ri- vista 1998, 921.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - I.E. propone, tramite difensore, ricorso per cassazione avverso il provvedimento con il quale il Gip presso il Tribunale di Roma, dichiarato inammissibile la opposizione dal predetto proposta avverso richiesta di archiviazione avanzata dal P.M. nel proc. pen. 56144/02 contro ignoti con riferimento ai reati ex artt. 494 e 660 c.p., ha disposto appunto l'archiviazione.

Deduce inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza in relazione all'art. 410 c.p.p., atteso che, con l'atto di opposizione, veniva indicato l'oggetto della investigazione suppletiva e veniva anche chiarito quali accertamenti avrebbero potuto essere svolti per la identificazione dell'autore delle telefonate evidenziate dal tabulato acquisito. Il Gip tuttavia, anticipando valutazioni di merito (laddove, con l'opposizione si chiede semplicemente la instaurazione del procedimento in contraddittorio, in luogo della decisione de plano), ha ritenuto infondati i temi di indagine segnalati, anche per una pretesa insussistenza dell'elemento psicologico del delitto ex art. 494 c.p.

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

Il ricorrente va condannato alle spese del grado e al versamento di somma a favore della Cassa ammende, somma che si stima equo determinare in Euro 500,00.

Il delitto di sostituzione di persona è delitto contro la fede pubblica.

Orbene, anche se lo si volesse considerare plurioffensivo, il privato offeso dovrebbe essere identificato nella persona le cui generalità sono state abusivamente spese (nel caso in esame, tale sig. Z.) e non nella persona nei cui confronti della quale la falsa identità viene declinata.

Ne consegue che lo I., così come non aveva titolo per richiedere l'avviso ex art. 408 c.p.p., comma 2, non aveva ovviamente titolo, con riferimento al delitto ex art. 494 c.p., per proporre opposizione alla richiesta di archiviazione.

Quanto alla contravvenzione ex art. 660 c.p., è stato ritenuto (ASN 199807044 - RV 210723) che, per «petulanza», ai fini della configurabilità del reato in questione, non può che intendersi un atteggiamento di insistenza eccessiva e perciò di fastidiosa, di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nell'altrui sfera.

Deve escludersi che l'effettuazione di due soli contatti telefonici possa costituire espressione di petulanza nel senso anzidetto.

Correttamente dunque il Gip, oltre a rilevare la intervenuta prescrizione, ha ritenuto insussistente il reato de quo né può far differenza che, nel caso in esame, le telefonate non siano state «mute», ma che il sedicente Z. abbia chiesto informazioni all'avv. I. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 16 ottobre 2007, n. 38260 (ud. 14 giugno 2007). Pres. De Roberto - Est. Conti - P.M. Cedrangolo (diff.) - Ric. Banelli e altri.

Circostanze del reato - Attenuanti - Finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democraticoDissociati dal terrorismo - Attenuante della collaborazione prevista dall'art. 4, D.L. n. 625 del 1979 - Condotta collaborativa - Contenuto - Indicazione - Fattispecie.

La speciale circostanza attenuante prevista dall'art. 4, D.L. 15 dicembre 1979 n. 625, conv. con mod. dalla legge 6 febbraio 1980 n. 15, per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, va riconosciuta anche relativamente ai delitti cui non si riferiscono direttamente le condotte collaborative, purché tali delitti siano stati ispirati da un unico disegno terroristico od eversivo nell'ambito di un gruppo organizzato di cui l'imputato abbia fatto parte, e sempre che la dissociazione si riferisca a tutto il contesto criminale, e la collaborazione si estrinsechi nella comu- Page 146 nicazione di tutte le conoscenze sulle realtà mate- riali e soggettive del gruppo criminale di riferimento. (Nella specie, la Corte ha ritenuto applicabile l'attenuante anche con riferimento ad un reato di attentato definitivamente consumato al momento della collaborazione). (C.p., art. 280; D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, art. 4) (1).

    (1) Per Cass. pen., sez. I, 11 dicembre 1993, Algranati, in questa Rivista 1994, 1051, la legge 29 maggio 1982, n. 304, regolando compiutamente ex novo la materia dei benefici da riconoscere a chi si dissociasse dalle organizzazioni terroristico-eversive e prestasse, in varie forme e misure, attività collaborativa con le autorità inquirenti, ha implicitamente abrogato, in virtù del principio di ordine generale stabilito dall'art. 15, ultima parte, delle preleggi, l'art. 4 del D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito con modificazioni dalla L. 6 febbraio 1980, n. 15, che riguardava identica materia. In motivazione la Corte ha rilevato che il principio anzidetto non è scalfito dal disposto di cui all'art. 8, secondo comma, L. 18 febbraio 1987, n. 34, recante nuove misure a favore dei dissociati dal terrorismo, secondo cui le disposizioni di detta legge «non si applicano nei confronti di chi ha usufruito o può usufruire dei benefici previsti dall'art. 4 del D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito con modificazioni dalla L. 6 febbraio 1980, n. 15 e dagli artt. 2 e 3 della L. 29 maggio 1982, n. 304», giacché l'espressione «può usufruire» è da intendersi riferita soltanto a detta ultima legge.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con sentenza in data 15 marzo 2005, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bologna, all'esito di giudizio abbreviato, condannava Cinzia Banelli, in concorso delle attenuanti generiche e della diminuente del rito, alla pena di anni 16 di reclusione, oltre alle pene accessorie e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, in ordine ai seguenti reati, unificati dalla continuazione:

A) delitto p. e p. dagli artt. 110, 280 commi primo e quarto c.p., perché, agendo in concorso con Lioce Nadia Desdemona, Morandi Roberto, Boccaccini Carlo, Mezzasalma Marco e Blefari Melazzi Diana e con altre persone, tra le quali Galesi Mario deceduto il 2 febbraio 2003 ed altre allo stato non identificate, per finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine demo- cratico, attentava alla vita di Biagi Marco, professore di diritto del lavoro presso l'Università di Modena, già consulente in materia di diritto del lavoro del Comune di Milano nell'elaborazione del «Patto per il Lavoro» di Milano, Consigliere del Ministro del lavoro per la riforma del Mercato del lavoro ed esperto in materia di diritto del lavoro dell'Ufficio di Gabinetto del Ministro del Lavoro, sparando contro di lui sei colpi di pistola da distanza ravvicinata; fatto aggravato per essere dallo stesso derivata la morte di Biagi Marco.

Delitto rivendicato il 20 marzo 2002 da appartenenti alla banda armata denominata «Brigate Rosse per la costruzione del Partito comunista combattente».

Condotta consistita da parte di tutti gli indagati nella partecipazione alla progettazione ed organizzazione dell'attentato, nella scelta della persona da uccidere, nello svolgimento delle ricerche sulle attività intellettuali e nella raccolta d'informazioni sulle attività personali della stessa, nel pedinamento e nell'osservazione della vittima presso la sua abitazione, nei luoghi di lavoro e di transito e negli altri luoghi dalla stessa frequentati, nella scelta dei complici e delle modalità dell'attentato, nel reperimento dei mezzi da impiegare, e da parte di Lioce, Galesi, Morandi e Banelli, anche nella partecipazione alla realizzazione dell'attentato con la presenza in Bologna nel giorno e nelle ore dello stesso, lo svolgimento di attività di pedinamento e osservazione attraverso le quali alcuni correi, collocati nei pressi della stazione ferroviaria di Bologna e lungo il tragitto che dalla stessa conduceva alla casa della vittima, avvisarono del suo arrivo con apparecchi radio o telefonici i correi, che attesero la vittima nei pressi della sua abitazione, dei quali tre si avvicinarono armati alla vittima e uno di questi gli sparò, ed altri furono presenti nel luogo e nel momento dell'attentato con funzioni di protezione dei detti tre, pronti ad intervenire in caso di necessità. In particolare condotta consistita, tra l'altro ed oltre a quanto sopra detto: da parte di Lioce, nell'individuare il professor Biagi come possibile vittima dell'attentato, nel raccogliere le informazioni sulla sua attività professionale e nel redigere le parti del documento di rivendicazione dell'attentato, preparato prima della realizzazione dello stesso, contenenti la descrizione della persona colpita, nel raccogliere e coordinare le informazioni sulla preparazione dell'attentato, e nell'esaminare le conseguenze politiche dello stesso, nel partecipare ai pedinamenti ed all'osservazione della vittima nel periodo precedente l'attentato; da parte di Banelli, nell'effettuare numerosi pedinamenti ed osservazioni della vittima sia in Bologna sia in Modena nei mesi e nei giorni precedenti l'attentato e nel redigere la bozza preparatoria di un rendiconto dell'attentato stesso; da parte di Morandi, nell'effettuare numerosi pedinamenti ed osservazioni della...

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