Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1257-1281

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 8 settembre 2009, n. 34821 (ud. 1 luglio 2009). Pres. Agrò - Est. Milo - P.M. Fraticelli (conf.) - Ric. X

Calunnia e autocalunnia - Calunnia - Attività del difensore - Esenzione da responsabilità - Condizioni - Fattispecie.

In tema di reato di calunnia, il difensore può andare esente da responsabilità solo quando la prestazione professionale si limiti ad espletare il mandato nei limiti consentiti dalla legge e sia rigorosamente funzionale al corretto ed onesto espletamento del mandato conferitogli. (Fattispecie relativa ad una serie di accuse calunniose rivolte dal difensore contro il giudice della separazione ed inserite all’interno dell’atto di opposizione al precetto intimato per il pagamento dell’assegno di mantenimento). (Mass. Redaz.). (C.p., art. 368) (1).

    (1) Conforme Cass. pen., sez. VI, 4 aprile 1985, Canfora, in questa Rivista 1986, 196. In dottrina, cfr. CERASE MARCO, Sulla calunnia commessa nell’esercizio del diritto di difesa, in Cass. pen. 2001, 3030.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. – La Corte d’appello di Messina, con sentenza 19 febbraio 2007, confermava la pronuncia di condanna alla pena, condizionalmente sospesa, di anni due di reclusione emessa il 21 febbraio 2003 dal tribunale della stessa città nei confronti di X., dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 368 c.p., perché, quale avvocato difensore di Y. in concorso col medesimo (condannato non ricorrente), con atto di opposizione a precetto presentato il 27 febbraio 1995 presso il Tribunale civile di Reggio Calabria, aveva incolpato, sapendola innocente, la dr.ssa Y.Z. giudice istruttore della causa di separazione personale tra i coniugi R. e R. di avere tenuto «una inoperosa condiscendenza alla tesi R. per diniego di giustizia», di avere omesso di modificare, come richiesto, il provvedimento presidenziale relativo all’affidamento dei figli e alla misura dell’assegno di mantenimento, di non essersi adoperata «a fare giustizia», di avere agito con tacita compiacenza, accusandola sostanzialmente di omissione di atti d’ufficio e di abuso d’ufficio.

Il giudice distrettuale, dopo avere sottolineato che l’atto di opposizione incriminato era quello depositato presso la cancelleria civile per la relativa iscrizione a ruolo e che non v’era quindi la necessità di acquisire, come sollecitato, l’originale dello stesso atto, ravvisava nel contenuto di questo, che si concludeva con una espressa denunzia-querela contro il magistrato, gli estremi della calunnia, essendo risultate del tutto infondate e pretestuose le accuse formulate ed avendo avuto l’agente, con l’esorbitare dei limiti del mandato defensionale conferitogli, piena consapevolezza dell’innocenza della persona incolpata.

  1. – Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato, deducendo: 1) mancanza e illogicità della motivazione in relazione all’eccepita omessa acquisizione dell’originale dell’atto nel quale sarebbe stata contenuta l’accusa calunniosa; 2) violazione della legge penale, con riferimento agli artt. 368, 43 e 59 quarto comma c.p., mancanza e illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della materialità e dell’elemento soggettivo della calunnia, che, invece, andava esclusa, dovendosi apprezzare il contenuto dell’atto incriminato come espressione dell’esercizio del diritto di difesa; 3) mancanza di motivazione ed erronea interpretazione della legge penale circa la ritenuta idoneità dell’atto di opposizione a precetto a determinare il pericolo dell’avvio di indagini a carico della persona incolpata, nei cui confronti era stata già sporta, in precedenza, denunzia per gli stessi fatti dallo Y. mancanza e illogicità della motivazione sul diniego delle circostanze attenuanti generiche.

  2. – Il ricorso è solo in parte fondato e va accolto nei limiti di seguito precisati.

    Non merita censure il giudizio di colpevolezza dell’imputato. Rileva, al riguardo, la Corte che la sentenza impugnata fa buon governo della legge penale e riposa su un apparato argomentativo che dà conto, in maniera adeguata e logica, delle ragioni che giustificano la conclusione alla quale perviene.

    Deve, innanzi tutto, sottolinearsi che legittimamente si è posto a base dell’ipotesi accusatoria il contenuto dell’atto di opposizione a precetto, depositato presso la cancelleria civile del Tribunale di Reggio Calabria e trasmesso in copia alla Procura della Repubblica, considerato che nulla induce a ritenere la non conformità del contenuto di tale atto a quello dell’originale contenuto nel fascicolo di parte, che l’opponente al precetto aveva provveduto a ritirare dal fascicolo d’ufficio. E in verità neppure il ricorrente sostiene, nell’atto di impugnazione proposto, la tesi della non conformità, contrariamente a quanto aveva tentato di accreditare nel corso del dibattimento di primo grado, producendo un atto depurato delle espressioni calunniose e ritenuto dal tribunale oggetto di manipolazione falsificatrice, tanto che venne trasmesso al P.M. per le iniziative conseguenti.

    Priva di pregio è anche la doglianza con la quale si deduce l’inidoneità dell’atto incriminato ad integrare la fattispecie della calunnia, in quanto meramente ri-Page 1258propositivo della denunzia che lo Y. avrebbe già sporto in ordine alla stessa falsa incolpazione. È agevole replicare che, a parte la genericità del motivo, dalla cui articolazione non si evincono la precisa successione cronologica dei due atti e la perfetta conformità del contenuto dei medesimi, è di intuitiva evidenza che comunque l’avv. X. di concerto con lo Y., redigendo e sottoscrivendo l’atto di opposizione a precetto che viene qui in considerazione, se ne assunse la paternità, con l’effetto che l’iscrizione a ruolo di tale opposizione contribuì certamente a determinare i presupposti per l’avvio delle indagini sui fatti denunciati.

    È di tutta evidenza la natura calunniosa degli addebiti mossi, con l’atto di opposizione a precetto, alla dr.ssa Z., accusata di «inoperosa condiscendenza alla tesi R.», di «diniego di giustizia», di «tacita compiacenza» e, quindi, sostanzialmente di omissione di atti d’ufficio, per non avere considerato la richiesta di modifica del provvedimento presidenziale relativo all’affidamento dei figli e alla determinazione dell’assegno di mantenimento, e di abuso d’ufficio, per avere favorito la controparte. L’assoluta infondatezza di tali accuse risulta essere stata ben illustrata nel provvedimento di archiviazione adottato a favore della dr.ssa Z. e nella stessa sentnza di merito.

    Né può dubitarsi della sussistenza dell’elemento soggettivo della calunnia, posto che l’intenzionalità dell’incolpazione e la precisa coscienza dell’innocenza della persona incolpata sono dati evincibili dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive della condotta dell’imputato, che non fu in grado di supportare le gravi accuse rivolte al magistrato con alcun elemento di prova o, quanto meno, con una qualche seria e specifica allegazione, accuse quindi che non possono che essere state percepite dall’agente come «gratuite», in considerazione anche della sua specifica competenza professionale in materia.

    Non può, inoltre, l’imputato invocare a sua discolpa, sotto il profilo della mancanza dell’elemento soggettivo del reato, la circostanza di avere agito nell’espletamento di un mandato difensivo.

    Il difensore, infatti, può andare esente da responsabilità soltanto se la sua prestazione professionale a tutela dell’interesse del cliente non esorbiti dai limiti consentiti dalla legge e sia rigorosamente funzionale al corretto ed onesto espletamento del mandato conferitogli.

    L’X., invece, nel redigere l’atto di opposizione al precetto intimato dalla R. allo Y. per il pagamento dell’assegno di mantenimento, non si limitò ad illustrare le ragioni di tale opposizione, ma si lasciò volontariamente coinvolgere in una serie di gravi ed infondate accuse rivolte contro il giudice della separazione, iniziativa questa certamente non funzionale al corretto e legittimo espletamento della difesa tecnica.

    La sentenza impugnata, invece, è censurabile nella parte in cui non dà adeguata risposta alla specifica richiesta, formulata dall’imputato in sede di appello, di concessione delle circostanze attenuanti generiche. L’affermazione di stile che «la pena risulta irrogata in misura assolutamente adeguata» non adempie all’obbligo di motivazione e la generica affermazione che le invocate attenuanti sarebbero state già concesse in primo grado non corrisponde al vero per l’X.

    La sentenza impugnata, pertanto, limitatamente alla concedibilità delle circostanze attenuanti generiche, deve essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, alla Corte d’appello di Reggio Calabria.

    Nel resto il ricorso va rigettato. (Omissis).

    @CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 17 luglio 2009, n. 29775 (ud. 3 giugno 2009). Pres. Silvestri - Est. Capozzi - P.M. Ciampoli (diff.) - Ric. P.A

    Circostanze del reato - Attenuanti - Provocazione - Estremi - Permanenza dello stato d’ira - Necessità - Fattispecie.

    Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della provocazione rileva non tanto la proporzionalità tra offesa e reazione quanto la permanenza dello stato d’ira per il fatto ingiusto altrui, che si ponga con rapporto di causalità psicologica tra offesa e reazione. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha censurato la decisione con la quale i giudici di merito, nel caso di un marito che, alla inopinata scoperta del flgrante adulterio della moglie, aveva ucciso il di lei amante con alcuni colpi di pistola, avevano escluso l’attenuante in parola sulla sola base del rilievo che vi era stato, tra l’esplosione dei primi colpi e quelli successivi, di esito mortale, un breve intervallo temporale nel corso del quale si era sviluppato un violento alterco tra il marito e la moglie, per cui all’iniziale stato d’ira sarebbe subentrata una situazione di freddezza d’animo). ...

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