Giurisprudenza di legittimità

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    Le massime delle pronunce riportate in questa rubrica sono quelle ufficiali del C.E.D. della Corte di cassazione, tranne quelle con la dicitura Mass. redaz. le quali, essendo riferite a decisioni talmente recenti da non essere state ancora ufficialmente massimate, sono opera della Redazione.

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. III, 23 febbraio 1999, n. 2296 (ud. 13 gennaio 1999). Pres. Avitabile - Est. Grillo - P.M. Siniscalchi (diff.) - Ric. Nanno.

Prostituzione - Favoreggiamento - Esercizio - Domestico addetto all'abitazione di prostituta - Configurabilità - Esclusione.

Non è qualificabile come favoreggiamento della prostituzione l'attività di domestico addetto all'abitazione della prostituta il quale si limiti ad aprire la porta ai «clienti» e ad intrattenersi con loro nell'attesa che la prostituta li riceva in camera. (Mass. redaz.). (L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 3; L. 20 febbraio 1958, n. 75, art. 8) (1).

    (1) Non si rinvengono editi precedenti che trattino la medesima fattispecie. In genere, sulla nozione di favoreggiamento della prostituzione, v. Cass. pen., sez. III, 13 aprile 1996, Roero, in questa Rivista 1996, 1400; Cass. pen., sez. III, 15 dicembre 1987, Vaglini, ivi 1988, 1019; Cass. pen., sez. III, 21 marzo 1985, Collegaro, ivi 1985, 1139; Cass. pen., sez. III, 12 maggio 1983, Mazzocchi, ivi 1984, 180 e Cass. pen., sez. III, 15 marzo 1976, Sorriento, ivi 1977, 110.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con la sentenza indicata in premessa, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza 7 novembre 1994 del Tribunale di Palermo, con la quale Nanno Giovanni era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione e lire 400.000 di multa, in ordine al delitto di favoreggiamento della prostituzione di Hernandez Suarez Carmen.

Ricorre per cassazione l'imputato e deduce, con unico motivo di gravame, la violazione dell'art. 606 lettere d) ed e) c.p.p. in relazione all'art. 3, comma 8, L. n. 75/1958, lamentando in sostanza la carenza della motivazione della gravata decisione sul punto responsabilità, in quanto la sua attività di favoreggiamento della prostituzione era stata dedotta unicamente dalla circostanza di essere stato trovato all'interno dell'appartamento dove si prostituiva Hernandez Suarez e di aver aperto la porta al momento del controllo della polizia.

All'odierna udienza il P.G. conclude come riportato in epigrafe.

Il ricorso è fondato.

Come più volte affermato da questa Suprema Corte, il controllo del giudice di legittimità sulla struttura della motivazione non può risolversi nella sovrapposizione dell'apprezzamento di tale giudice su quello compiuto nelle fasi di merito, dovendo, invece, consistere nella verifica di un razionale apparato argomentativo collegante i vari punti della decisione; infatti, la funzione dell'indagine di legittimità sulla motivazione è quella di accertare se gli elementi probatori posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee argomentative adeguate che rendano giustificate, sul piano della conseguenzialità, le conclusioni tratte dai fatti accertati.

Ciò premesso, ad avviso del Collegio, le argomentazioni della sentenza impugnata circa la responsabilità del prevenuto in ordine al delitto di favoreggiamento della prostituzione, non solo non appaiono logiche e convincenti, ma si presentano addirittura come contraddittorie.

Infatti, dopo aver correttamente richiamato il costante indirizzo giurisprudenziale, secondo cui anche chi esercita l'attività di cameriere al servizio di una donna che si prostituisce può incorrere nel favoreggiamento, sempre però che la sua opera oltrepassi i limiti delle mansioni tipiche del collaboratore domestico ed agevoli in concreto l'esercizio del meretricio da parte della sua datrice di lavoro, ravvisa la penale responsabilità del Nanno «essendo risultato che egli si occupava di aprire la porta ai clienti della donna e di intrattenerli durante l'attesa».

Questa circostanza, come si legge in sentenza, è stata riferita in dibattimento dal teste Daniele Giunta, sovrintendente della P.d.S., che fece irruzione nell'appartamento in cui la Hernandez Suarez esercitava la prostituzione. A detta dello stesso ufficiale di P.G., l'imputato, che gli aprì la porta del menzionato appartamento, «svolgeva le mansioni di cameriere», ed in particolare apriva la porta ed intratteneva i clienti in attesa che venisse il loro turno.

Orbene, ritiene il Collegio che, in mancanza di ulteriori elementi di valutazione circa le effettive mansioni svolte dal Nanno nella casa di appuntamenti in questione, non possa il predetto essere riconosciuto colpevole di favoreggiamento della prostituzione, soltanto perché svolgeva l'attività sopra indicata, che rientra certamente nelle mansioni di qualunque buon «domestico» (alias collaboratore familiare). L'aprire la porta ed anche il colloquiare con le persone in attesa, pur con la piena consapevolezza delle ragioni della «visita» di costoro, non costituiscono - ad avviso della Corte - fatti specifici di interposizione personale, idonei a facilitare l'esercizio della prostituzione.

Argomentando diversamente, si giungerebbe ad affermare che - essendo l'attività di un famiglio innegabilmente finalizzata a recare vantaggio alla sua datrice di lavoro, e quindi a procurarle condizioni più favorevoli per dedicarsi alla propria professione - chi esercita il meretricio, attività peraltro non vietata dall'ordinamento, non potrebbe mai avvalersi dei servigi di un collaboratore familiare, in quanto questi rischierebbe sempre l'incriminazione per favoreggiamento.

Ne consegue che il fatto, così come ascritto all'imputato, non costituisce reato. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 22 febbraio 1999, n. 3 (ud. 25 novembre 1998). Pres. La Torre - Est. Silvestri - P.M. Toscani (diff.) - Ric. Messina.

Reato - Estinzione (Cause di) - Prescrizione - Patteggiamento - Riconoscimento di attenuanti che riducono l'originaria pena edittale - Riduzione del termine prescrizionale - Page 248

Potere del giudice di dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione - Esclusione.

In sede di patteggiamento, al giudice è precluso dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione in dipendenza della valutazione positiva dell'accordo intervenuto tra le parti in ordine al riconoscimento e alla comparazione di circostanze attenuanti. (Mass. redaz.). (C.p., art. 157; c.p.p., art. 444) (1).

    (1) Questione già affrontata da Cass. pen., Sez. un., 20 giugno 1997, Lisurso, in Arch. nuova proc. pen. 1997, 297.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Su concorde richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p., con sentenza del 9 luglio 1997, il Pretore di Napoli ha applicato a Messina Patrizio - con la concessione delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti contestate - la pena di due mesi di reclusione e di lire 200.000 di multa, interamente condonata a norma del D.P.R. 22 novembre 1990, n. 394, in relazione al reato di cui agli artt. 624, 625 n. 4 c.p. per essersi impossessato, in Napoli il 3 agosto 1989, al fine di trarne profitto, del borsello appartenente a Papadopulos Tasos, strappandoglielo di dosso.

L'imputato ha proposto ricorso per cassazione denunciando nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) c.p.p., in quanto, una volta riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, il pretore avrebbe dovuto dichiarare, a norma dell'art. 129 c.p.p., l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

Con ordinanza del 20 maggio 1998, la Quinta Sezione Penale di questa Corte ha rimesso il ricorso alle Sezioni unite, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., ritenendo di non potere aderire al principio enunciato dalla sentenza del 28 maggio 1997, n. 5, ric. Lisuzzo, con cui le medesime Sezioni unite hanno stabilito che, in sede di patteggiamento, al giudice è precluso dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione in dipendenza della valutazione positiva dell'accordo intervenuto tra le parti in ordine al riconoscimento e alla comparazione di circostanze attenuanti.

Il Primo Presidente aggiunto di questa Corte Suprema assegnava il ricorso alle Sezioni unite, fissando per la trattazione l'odierna udienza pubblica.

MOTIVI DELLA DECISIONE. 1. - La Quinta Sezione Penale ha riproposto una questione che le Sezioni unite di questa Corte hanno già risolto con la sentenza n. 5 del 28 maggio 1997, ric. Lisuzzo, con la quale hanno stabilito, dirimendo il precedente contrasto di giurisprudenza, che il giudice che procede a norma dell'art. 444 c.p.p. non può dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione quando questa consegua alla valutazione positiva dell'accordo concluso dalle parti in ordine al riconoscimento di attenuanti che riducono l'originaria pena edittale, determinando così l'abbreviazione del termine prescrizionale.

Le ragioni del dissenso espresso dalla Sezione rimettente non meritano di essere condivise, in quanto si risolvono nella reiterazione di argomenti già diffusamente esaminati e disattesi nella citata sentenza n. 5/97 e hanno origine, spesso, da una non corretta comprensione delle linee argomentative nelle quali si compendiano la ratio decidendi e la reale portata di tale pronuncia. In particolare, va segnalato che non hanno pregio e mancano di base giustificativa i dubbi e le perplessità formulati sia con riguardo ai poteri dei quali è investito il giudice nel controllo dell'accordo delle parti sia in relazione all'affermata dissociazione dell'area di operatività dell'art. 129 c.p.p. dal contenuto del patto.

  1. - Senza dovere ripercorrere i singoli passaggi della elaborazione giurisprudenziale, a conclusione della quale sono state individuate le peculiari connotazioni del procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti ed è stata attribuita all'istituto la collocazione più appropriata all'interno del vigente sistema processuale, deve porsi in risalto che la...

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