Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. V, 27 giugno 2003, n. 27799. Pres. Foscarini - Est. Providenti - P.M. Di Zenzo - Ric. Cavani ed altri.

Bellezze naturali (Protezione delle) - Deturpamento o distruzione - Boschi e foreste - Normativa antincendiVincolo di inedificabilità decennale - Applicabilità anche ai boschi già distrutti nei cinque anni antecedenti l'entrata in vigore della L. n. 353/00 - Ricognizione dei terreni boschivi già incendiati e istituzione di apposito catasto - Mancata attuazione - Inoperatività del divieto di edificazione - Insussistenza.

La recente normativa antincendi di cui alla legge n. 353/00, che introduce un vincolo di inedificabilità decennale sui terreni che hanno subito la distruzione dalle fiamme, trattandosi di norma eccezionale e dunque prevalente sulle norme preesistenti nazionali e regionali, si applica alle zone bruciate nei cinque anni antecedenti l'entrata in vigore della predetta legge anche se non censite nel catasto che, a norma dell'art. 10, comma 2, deve essere redatto, a seguito di ricognizione dei terreni, da parte degli amministratori pubblici al fine di prevenire l'attività di piromani, spinti alla distruzione dei boschi per sfruttare nuovi terreni ai fini edilizi. (L. 21 novembre 2000, n. 353, art. 10) (1).

    (1) Per un utile approfondimento della presente pronuncia secondo la quale il vincolo di inedificabilità sussiste anche senza il censimento delle aree percorse dal fuoco, si rinvia al commento di MAURIZIO SANTOLOCI pubblicato su RivistAmbiente 2003, 1101.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Il Tribunale del riesame della Spezia, con ordinanza del 19 dicembre 2002, rigettava la richiesta di riesame proposta da Turri Enrica, Gussoni Walter, Cavani Corrado, Cavani Cristiano e Della Zoppa Giovanni, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale della Spezia il 22 novembre 2002.

Il provvedimento era stato disposto nei confronti delle persone indicate, in quanto indagate per i reati di cui all'articolo 323 c.p. ed articolo 10 comma 1 e 4 legge 353/00, con riferimento al rilascio di una concessione edilizia in violazione di norme di legge, in particolare, al divieto di realizzare, per il termine di dieci anni, edifici, strutture ed infrastrutture finalizzate agli insediamenti civili nei soprassuoli delle zone boscate percorse dal fuoco.

Il sequestro ha avuto per oggetto le opere edilizie realizzate in una zona boscata di Levanto, località Vallesanta/ Ponte delle streghe, già percorsa dal fuoco in occasione di un incendio del 24-27 luglio 1999.

Hanno proposto ricorso Cavani Corrado e Cavani Cristiano sostenendo l'illegittimità del provvedimento impugnato per non aver i giudici di merito verificato l'applicabilità nel caso di specie della norma contenuta nell'articolo 10 della legge 353/00, ed in particolare per non aver verificato se la zona sottoposta a sequestro, costituiva prima dell'incendio «un bosco», secondo la definizione contenuta nelle leggi vigenti, ed inoltre per non aver tenuto conto del fatto che non essendo stato effettuato dal comune il censimento, tramite apposito catasto, dei soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo quinquennio, secondo quanto disposto dall'articolo 10 comma 2 della legge citata, non poteva ritenervi vigente il regime di inedificabilità. Con il secondo motivo hanno sostenuto che doveva considerarsi applicabile, non già la legge nazionale, che costituisce una «legge quadro», ma quella regionale già vigente che stabilisce che per i terreni percorsi da incendio, per il periodo di quindici anni non è possibile attribuire un regime normativo che consenta un maggiore sfruttamento edificatorio rispetto a quello vigente al momento dell'incendio.

Le censure sono infondate. È opportuno premettere che a norma dell'articolo 325 c.p.p. in materia di misure cautelari reali, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge e non anche per omessa o contraddittoria motivazione nell'esposizione dei motivi della decisione. Inoltre, la verifica delle condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del tribunale del riesame e successivamente della Corte di Cassazione, non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità delle persone sottoposte ad indagine, in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità fra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla gravità degli stessi (v. Cass., sez. un., 7/2000).

Nel caso in esame l'entrata in vigore della legge 353/00 ha profondamente modificato il regime dei luoghi adibiti a «bosco», stabilendo, in caso di incendio, la assoluta inedificabilità per dieci anni su terreni che hanno subito la distruzione delle fiamme. Si tratta di una norma eccezionale, voluta dal legislatore per prevenire l'attività di piromani, spinti alla distruzione dei boschi, per sfruttare nuovi terreni a fini edilizi. Essa per la sua peculiare caratteristica di eccezionalità prevale sulle norme preesistenti nazionali e regionali, e produce delle conseguenze immediate anche sui terreni già colpiti da incendio. Al fine di rendere possibile in concreto l'applicazione del nuovo regime ai boschi già distrutti, all'articolo 10 comma 2 è stata prevista la ricognizione dei terreni boschivi già incendiati, nei cinque anni antecedenti all'entrata in vigore della legge, con la costituzione di un apposito catasto. È una norma che tende a rendere applicabile il divieto, a tutti i terreni boschivi distrutti da incendi, ed a tal fine, inserisce un preciso dovere di ricognizione, per gli amministratori pubblici che abbiano nel loro territorio soprassuoli, che possano essere oggetto del divieto. La mancata attuazione della ricognizione e della stesura dell'apposito catasto, non può essere confusa con la mancata realizzazione di una condizione sospensiva dell'ef-Page 624 ficacia della legge, poiché non è pensabile, senza contraddire con la lettera ed il fine della nuova norma, che la sua attuazione, sia affidata alla solerzia di qualche funzionario.

Appare quindi evidente la vigenza e l'immediata operatività del divieto di edificazione.

Le argomentazioni relative alla definizione, della nozione di «bosco», ed alla possibilità di applicarla in concreto al territorio oggetto dell'insediamento edilizio, costituisce una valutazione di fatto che potrà essere oggetto delle fasi di merito del procedimento penale, ma che non può essere proposta in questa sede di legittimità.

Deve infine, osservarsi che essendo stata rilasciata la concessione edilizia il 31 luglio 2002, l'ipotesi, che tale atto sia stato posto in essere con abuso di poteri consistenti nella violazione del divieto di edificazione precedentemente stabilito dall'articolo 10 della citata legge 353/00, appare del tutto compatibile con la situazione di fatto rappresentata nell'ordinanza. Ed il sequestro ha la funzione di evitare che la libera disponibilità dei beni, determini la prosecuzione dell'attività di edificazione, con aggravamento dell'attuale stato dei luoghi.

Ciò è sufficiente per considerare il sequestro preventivo legittimamente disposto. Sarà, successivamente il giudice del merito ad affrontare le altre questioni proposte dalle parti in fatto, ed ad evidenziare le eventuali responsabilità penali in ordine al reato contestato.

Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 6 giugno 2003, n. 9067. Pres. Ianniruberto - Est. Napoletano - P.M. Iannelli (conf.) - Soc. T.S c. G.S.

Tributi degli enti pubblici locali - Tassa sui rifiuti solidi urbani - Controversie - Competenza e giurisdizione - Pagamento della tassa da parte del locatore - Rimborso - Domanda relativa proposta nei confronti del condut- tore, senza convenire in giudizio l'Amministrazione comunale - Controversia tributaria - Esclusione - Giurisdizione del giudice ordinario - Sussiste.

Non dà luogo ad una controversia tributaria - rientrando, così, nella giurisdizione del giudice ordinario - la domanda con cui il locatore chieda la condanna del conduttore al rimborso della somma versata all'Amministrazione comunale a titolo di tassa sui rifiuti solidi urbani senza convenire in giudizio l'Amministrazione stessa. Ciò in quanto non è il rapporto tributario a costituire l'oggetto del giudizio, bensì il diverso rapporto in base al quale il soggetto passivo della pretesa tributaria pretende di rivalersi nei confronti del terzo. (C.p.c., art. 9; D.L.vo 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2) (1).

    (1) In dottrina, cfr. CICALA, Controversie in materia di imposte dirette e di Iva e giurisdizione tributaria, in Il fisco, n. 39/2002, fascicolo n. 2 pag. 6183 e rinvii ivi segnalati.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Il Giudice di pace di Matera, decidendo sulla domanda, proposta con atto di citazione notificato il 6 luglio 2000, con la quale la T.S. srl, con sede in Matera, aveva chiesto la condanna di G.S. a rimborsarle la somma complessiva di lire 1.957.350 che essa aveva versato, per gli anni 1995-1996-1997 al Comune di Bernalda a titolo di tassa per rifiuti solidi urbani, in relazione ad un immobile condotto dal convenuto, con sentenza resa in data 9 ottobre 2000 ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, per appartenersi, la competenza giurisdizionale, alle Commissioni tributarie.

Osserva il giudice di pace che la natura tributaria della controversia deriva dal rilievo che, avendo, il convenuto, opposto di essere destinatario di autonoma richiesta di pagamento della tassa da parte dell'ente impositore ed avendo, l'attrice, chiesto, in sede di precisazione delle conclusioni, declaratoria dell'obbligo del convenuto di pagare la tassa, si pone il problema di accertare l'effettiva titolarità di tale obbligazione.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso...

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