Giurisprudenza di legittimità

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. VI, 2 ottobre 2006, n. 32606 (ud. 12 luglio 2006). Pres. Romano - Est. Serpico - P.M. (conf.) - Ric. Improta.

Termini processuali in materia penale - Sospensione nel periodo feriale - Termine di comparizione in giudizio - Applicabilità - Fattispecie.

La sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, disciplinata dalla legge 7 ottobre 1969, n. 742, va calcolata anche agli effetti dei termini di comparizione in giudizio. (Nella specie il ricorrente aveva dedotto il mancato rispetto del termine dei 60 giorni prescritto dall'art. 552, comma 3 c.p.p. per la citazione diretta a giudizio dell'imputato). (Mass. Redaz.). (L. 7 ottobre 1969, n. 742; c.p.p., art. 552) (1).

    (1) In precedenza, Cass. pen., sez. II, 5 gennaio 1993, Cati, in Riv. pen. 1993, 1183, aveva ritenuto che l'istituto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, disciplinato dalla L. 7 ottobre 1969,n. 742, potesse incidere sui termini che hanno scadenza nel periodo indicato (1 agosto - 15 settembre), sostenendone invece l'irrilevanza ai fini del computo dei termini «liberi» di comparizione in giudizio. I giudici avevano quindi escluso che potesse trovare applicazione con riferimento alla notifica del decreto di citazione a comparire in giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Sull'appello proposto da Improta Ciro avverso la sentenza del Tribunale di Napoli in data 18 dicembre 2003 che lo aveva dichiarato colpevole del reato di evasione dagli arresti domiciliari ex art. 385 c.p. e lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di reclusione, la Corte di appello di Napoli, con sentenza in data 14 ottobre 2004, confermava il giudizio di primo grado, ribadendo la comprovata sussistenza del reato contestato, avuto riguardo all'esito del controllo operato dalla P.G. presso l'abitazione dell'imputato, ritenuto essere stato ingiustificatamente fuori casa, non avendo risposto alle reiterate bussate con il citofono, scampanellate alla porta di casa e bussate anche con le mani da parte degli agenti. La Corte, come già deciso dal giudice di primo grado, riteneva infondata la proposta eccezione di nullità del decreto di citazione per violazione dell'art. 552 comma terzo c.p.p., per asserito mancato rispetto dei termini di comparizione per il giudice di primo grado, operando la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale solo se tali termini hanno scadenza nel periodo suddetto.

Avverso tale sentenza il prevenuto ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame:

- inosservanza/erronea applicazione dell'art. 1 L. 7 ottobre 1969, n. 742 in materia di sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (1º agosto -15 settembre);

- inosservanza dell'art. 552 comma terzo c.p.p. per difetto del termine di 60 giorni ivi prescritto a pena di nullità della citazione diretta a giudizio dell'imputato;

- carenza ed illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento.

In sostanza, a smentita dell'asserita infondatezza dell'eccezione, con richiamo ad una giurisprudenza di legittimità ormai datata, sostenuta dalla Corte territoriale napoletana, era sufficiente correttamente esaminare a valutare lo stesso tenore letterale dell'art. 1 L. 742/69, secondo cui, in ogni caso, i termini processuali, ne sia o meno iniziato il decorso, rimangono sospesi nel periodo feriale, di guisa che andava affermata la piena applicabilità della sospensione feriale a tutti i termini che rivestono carattere processuale, sia che essi cadano nel periodo considerato sia che, a maggior ragione, lo incontrino in itinere, rinvenendosi nel dettato normativo il chiaro intento di considerare il periodo che va dal 1º agosto al 15 settembre come vera e propria «parentesi processuale» e, in quanto tale, tamquam non esset ai fini processuali.

Nel merito, si sottolineava l'illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta non veridicità della versione difensiva, nonostante questa fosse perfettamente compatibile con le modalità di controllo operate dalla P.G.

L'eccezione in rito è fondata e va accolta, con la conseguente dichiarazione di nullità del giudizio di primo e secondo grado, le cui decisioni vanno annullate senza rinvio, con trasmissione degli atti al giudice di primo grado per nuovo giudizio.

Ed invero, come esattamente sottolineato dalla difesa del ricorrente, l'errore in cui sono incorsi i giudici di merito nel ritenere «ballerino» il computo dei termini di comparizione rispetto a quelli di sospensione per il periodo feriale a seconda che i termini processuali ex art. 552 comma terzo c.p.p. inizino e scadano «fuori» dalla parentesi di sospensione indicata dalla legge, come nel caso de quo, ovvero abbiano inizio o fine in detto periodo, è palesemente rilevabile proprio dall'inequivoco tenore della stessa lettera della legge (art. 1 L. cit.) che stabilisce la «sospensione di diritto» del decorso dei termini processuali (quali quelli ex terzo comma art. 552 c.p.p.) dal 1º agosto al 15 settembre di ciascun anno, con ripresa di tale decorrenza Page 56 «dalla fine del periodo di sospensione» (cfr. c.p.p. art. cit.).

La «prova del nove» dell'esattezza dell'eccezione proposta è offerta proprio dalla seconda parte dell'art. cit. secondo cui «ove il decorso (dei termini processuali, n.d.r.) abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo».

Del resto, che il periodo feriale vada considerato come una «parentesi processuale» che temporalmente non va calcolata agli effetti dei termini di comparizione, risponde anche all'esigenza di tutela del principio costituzionale di parità di trattamento di fronte alla legge e di inviolabilità del diritto di difesa ex artt. 3 e 24 della Carta costituzionale, intuibilmente compromessi ove si accedesse alla interpretazione restrittiva operata dalla Corte territoriale napoletana.

È, dunque, evidente che, nella specie, nei 60 giorni di cui al comma terzo dell'art. 552 c.p.p. non vanno conteggiati i 45 giorni del periodo feriale, come erroneamente hanno fatto i giudici di merito, ma, rispetto alla data di udienza fissata per il 23 ottobre 2003, in relazione alla data di notifica del decreto (25 luglio 2003), il termine di comparizione andava correttamente individuato alla data dell'8 novembre 2003.

Di qui la fondatezza dell'eccezione, tempestivamente sollevata in relazione alla natura di nullità a c.d. regime intermedio ex art. 180 in combinato disposto con l'art. 178 c.p.p.

Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nonché di quella del Tribunale di Napoli in data 18 dicembre 2003.

Va disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli per nuovo giudizio.

La presente decisione è ovviamente assorbente rispetto a tutte le altre richieste proposte con il ricorso in esame. (Omissis).

@CORTE DI CASSAZIONE Sez. un., 22 settembre 2006, n. 31461 (ud. 27 giugno 2006). Pres. Marvulli - Est. Carmenini - P.M. Rosin (diff.)Ric. Passamani.

Istituti di prevenzione e pena (ordinamento penitenziario) - Procedimento di sorveglianzaUdienza - Presenza del difensore - NecessitàConseguenze - Impedimento a comparire - Rilevanza - Esclusione.

Nei procedimenti di esecuzione e di sorveglianza la previsione della necessità della presenza del difensore non implica che un suo pur legittimo impedimento a comparire debba dare luogo ad un rinvio dell'udienza camerale, sicché non si configura la nullità ex art. 179 c.p.p. per il caso in cui i procedimenti proseguano con la presenza di un difensore nominato in sostituzione del difensore di fiducia impedito. (Mass. Redaz.). (C.p.p., art. 97; c.p.p., art. 420 ter; c.p.p., art. 179; c.p.p., art. 666; c.p.p., art. 678) (1).

    (1) Per un ulteriore approfondimento sull'argomento, in aggiunta all'esaustiva rassegna giurisprudenziale citata in motivazione, si veda Cass. pen., sez. I, 5 giugno 1997, Ciccarelli, in questa Rivista 1997, 962, la quale afferma che in caso di impedimento del difensore per concomitante impegno professionale, correttamente il giudice ne esclude la legittimità in base al criterio della priorità della comunicazione della data di udienza dinanzi a sé, in difetto di diverse allegazioni e prospettazioni del professionista.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Passamani Massimo, condannato alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione militare per il reato di mancanza alla chiamata aggravata con sentenza della Corte militare di appello - Sezione distaccata di Verona, emessa in data 14 novembre 2002, avanzava richiesta di affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, di altre misure alternative; con ordinanza del 27 aprile 2005 il tribunale militare di sorveglianza respingeva l'istanza.

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, deducendo tre motivi: 1) difetto di giurisdizione dell'organo giudicante, nell'assunto che il Passamani, non essendo più investito della qualità di militare, non è sottoposto alla giurisdizione della magistratura militare; 2) nullità del provvedimento ai sensi dell'art. 179 c.p.p., in quanto adottato all'esito di udienza celebrata in assenza del difensore di fiducia, nonostante l'esistenza di un legittimo impedimento a comparire per altro impegno professionale, tempestivamente comunicato; 3) vizio di motivazione in ordine alle ragioni del rigetto della richiesta, sul rilievo che dal testo del provvedimento impugnato emerge il richiamo ad una comunicazione del servizio sociale in Napoli, da ritenersi erroneamente riferita al richiedente, essendo stato questi sempre residente a Rovereto, in provincia di Trento.

Il Procuratore Generale militare, con la sua requisitoria scritta del 30 agosto 2005, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza, articolando le sue conclusioni in ordine a tutte le eccezioni e questioni sollevate dal ricorrente, la cui difesa ha, poi, prodotto memoria di replica.

Il ricorso è stato...

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