Attribuzione alle giunte comunali della competenza a deliberare le aliquote ici. Dubbio di costituzionalità

AutoreVittorio Angiolini
Pagine27-31

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  1. - Il dubbio di costituzionalità su cui interrogarsi concerne l'art. 42, comma 2 lett. f) del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 («testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali»), là dove attribuisce alla competenza dei consigli comunali la «istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle rispettive aliquote». Questa disposizione, in correlazione a quella dell'art. 48, comma 2 dello stesso D.L.vo n. 267 del 2000 (per cui «la giunta compie tutti gli atti rientranti... nelle funzioni degli organi di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio...») pare inequivocabilmente sottrarre all'organo consiliare, in linea generale, il potere di fissazione delle aliquote tributarie e si discosta, quindi, da ciò che aveva previsto a suo tempo, sempre su di un piano generale, e non necessariamente pregiudicando scelte diverse di leggi particolari e di settore, l'art.32, comma 2, lett. g) della L. 8 giugno 1990 n. 142, il quale aveva invece demandato alle assemblee rappresentative dei comuni «l'istituzione e l'ordinamento dei tributi». Di qui, appunto, il dubbio che, nella redazione dell'art. 42, comma 2 lett. f) del D.L.vo n. 267 del 2000, si siano violati i limiti della delega legislativa concessa dal Parlamento, con l'art. 31 della L. 3 agosto 1999 n. 265, per la redazione del testo unico in materia di ordinamento degli enti locali.

    Il dubbio è grave, ed è da mettere preliminarmente in rilievo che, nell'esaminarlo, occorre tener conto dell'atteggiamento assunto dalla Corte costituzionale nella giurisprudenza, oltre che circa la precisa questione di cui si parla, circa il rispetto dei limiti assegnati all'attività legislativa delegata dal Governo. Sebbene la giurisprudenza costituzionale consolidata abbia costantemente reputato sindacabile il rispetto dei limiti imposti al Governo dal Parlamento con le leggi di delegazione, è vero infatti che la Corte, soprattutto nel settore finanziario e tributario, se non ha assunto un atteggiamento proprio assolutorio, ha alquanto largheggiato nel concedere al Governo spazi per il «riempimento» della disciplina delegata. Ciò nonostante, e non dunque senza cautele verso la possibilità di intraprendere con successo la strada dei rimedi su cui ci si soffermerà più avanti, va tuttavia osservato che sembrano sussistere vari e seri argomenti per sostenere l'incostituzionalità, per eccesso di delega,dell'art. 42, comma 2, lett. f) del D.L.vo n. 267 del 2000.

  2. - È da menzionare anzitutto la sent. 9-22 aprile 1997 n. 111, con cui la Corte costituzionale, nel giudicare sulla versione dell'art. 6 del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504 anteriore alle più recenti modificazioni, ha ritenuto non contrastante con l'art. 23 Cost. ovvero con i limiti assegnati al legislatore delegato dalla L. 421 del 1992 per rapporto all'art. 76 Cost., la fissazione dell'aliquota dell'Ici con «deliberazione della giunta comunale». È questo, in effetti, un precedente, in ordine al tema che qua interessa, di non poco rilievo.

    C'è da notare, tuttavia, che la portata della sent. n. 111 del 1997, se non va trascurata, non va neanche esagerata.

    Intanto, l'art. 6 del D.L.vo n. 504 del 1992, nella sent. n. 111 del 1997, venne esaminato dalla Corte nella versione applicabile al giudizio a quo, che non corrispondeva già più, peraltro, al nuovo testo modificato ormai in vigore e destinato ad essere applicato in futuro. Con la L. 23 dicembre 1996 n. 662 (nonché con la L. 23 dicembre 1998 n. 448), l'art. 6 del D.L.vo n. 504 del 1992 era già stato modificato nel senso che l'aliquota Ici fosse «stabilita dal comune»; il che ha lasciato pensare, come si vedrà alla stessa giurisprudenza amministrativa successiva, che, dovendosi richiamare ai principi dell'art.32 della L. n. 142 del 1990, la competenza per la fissazione dell'aliquota potesse spetta al Consiglio comunale. Di questa modificazione dell'art. 6 del D.L.vo n. 504 del 1992, destinata a valere pro futuro, la stessa Corte costituzionale, nella sent. n. 111 del 1997, si dimostra tra l'altro per esplicito consapevole; poiché si chiarisce (in chiusura del punto 14. in diritto) che: «restano fuori dalla considerazione della Corte, trattandosi di disposizioni intervenute in epoca successiva, da un canto la riforma del sistema di governo comunale realizzato dalla legge 25 marzo 1993 n. 81, alla quale si richiama la parte privata e, dall'altro, la recente nuova disciplina dell'Ici contenuta nell'art. 3, comma 53, della legge 23 dicembre 1996 n. 662». La Corte era insomma perfettamente consapevole, nell'emettere la sent. n. 111 del 1997, che il suo pronunciamento non poteva che sortire effetti circoscritti e non avrebbe potuto avere soverchi riflessi per l'avvenire.

    Inoltre, ed in stretta connessione, va anche ricordato che nel 1997, quando fu pronunciata la sent. n. 111 di cui si parla, il comune sentire, a proposito della «riforma del sistema di governo comunale» avviata con la L. n. 81 del 1993, era differente da quello attuale: molti studiosi e l'opinione pubblica qualificata erano, allora, preoccupati che l'esercizio dei poteri deferiti ai consigli comunali, quando fosse data della relativa disciplina un'interpretazione estensiva, potesse mettere in pericolo la saldezza e continuità dell'azione della giunta e del sidaco, per cui, appunto con la L. n. 81 del 1993, si era introdotta l'elezione popolare; oggi, negli stessi studiosi ed esperti è sopraggiunta, alla luce dell'esperienza nel frattempo maturata, la preoccupazione che gli organi consiliari, schiacciati dai poteri soverchianti della giunta e del sindaco, corrano il rischio di una progressiva emarginazione dal «sistema di governo comunale». Sotto questo profilo, l'idea che le funzioni ed il ruolo dei consigli comunali debbano essere in una qualche misura potenziati, al cospetto di quello della giunta e del sindaco del comune, mentre sarebbe apparsa fuori dal coro nel 1997, non lo è più tanto oggi.

  3. - Infine, ed è forse quello che più conta dall'angolazione squisitamente giuridica, la questione di costituzionalità giudicata dalla Corte nella sent. n. 111 del 1997 era differente, anche e primariamente quanto all'oggetto ed ai criteri del giudizio, a paragone dei dubbi sulla costituzionalità che possono prospettarsi per l'art. 42, comma 2 lett. f) del D.L.vo n. 267 del 2000.

    Da un lato, nella sent. n. 111 del 1997 la Corte giudicato sull'art. 6 del D.L.vo n. 504 del 1992 che, anche in base alla disciplina della delega di cui all'art. 4, comma 1 della L. 23 ottobre 1992 n. 421, toccava solamente l'istituzione dell'Ici; di modo che era scontato in partenza che, introducendo la competenza della giunta per la fissazione dell'aliquota, l'art. 6 del D.L.vo n. 504 del 1992 non aveva potuto elidere Page 28...

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