L'obbligo generalizzato del casco tra costi sociali e libertà di autodeterminazione

AutoreAlberto Celeste
Pagine445-449

Page 445

@1. La sicurezza stradale.

Come è noto, la legge 11 gennaio 1986, n. 3, dettante disposizioni sull'obbligo dell'uso del casco protettivo per gli utenti di motocicli e ciclomotori (oltre che sull'estensione ai predetti mezzi di trasporto del dispositivo retrovisivo), è entrata in vigore il 18 luglio 1986.

Essa ha cercato di risolvere, sia pure in modo parziale, l'annoso problema relativo alla tutela della sicurezza personale di chi, utilizzando i veicoli a due ruote, è particolarmente esposto ai rischi della circolazione, atteso che tali veicoli, a differenza dell'automobile, non garantiscono alcuna forma di protezione strutturale, mentre la loro relativa velocità, combinata con un assetto inevitabilmente poco stabile, moltiplica, in caso d'incidente stradale, il pericolo di cadute e, quindi, di eventi traumatici al capo, con conseguenze spesso letali.

L'intervento del patrio legislatore - allineatosi in ritardo agli altri Paesi europei - s'inserisce così nella promozione di una campagna sulla sicurezza stradale, come strumento d'attuazione di una strategia più generale, che deve essere però coordinato con altri interventi destinati a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla gravità della situazione infortunistica, al fine di affermare una nuova cultura della sicurezza stradale, che, dalla consapevolezza della gravità della predetta situazione, tragga spunto per l'avviamento verso una più sentita educazione all'uso corretto della strada e del veicolo in genere.

È sotto gli occhi di tutti che il problema della mobilità è certamente uno di quelli più avvertiti negli ultimi tempi, ma accanto ad esso, e non da questi scindibile, si colloca il problema della sicurezza, che sempre più spesso si pone prepotentemente all'attenzione del pubblico, specie mediante la periodica diffusione dei dati statistici relativi ai tassi di lesività e mortalità connessi agli incidenti stradali, soprattutto con riferimento a quel particolare segmento rappresentato dall'utenza giovanile (dai 14 ai 18 anni), la cui principale causa di morte è stata ravvisata proprio nei predetti incidenti.

L'incremento dell'utilizzo dei veicoli a due ruote risulta ormai diventato fenomeno di costume, quale ricerca di soluzioni tese a fluidificare la mobilità, soprattutto nei moderni centri urbani: da un lato, il caotico traffico cittadino, e, dall'altro, la carenza ed inadeguatezza dei trasporti pubblici, hanno fatto ripiegare le famiglie verso tale forma di trasporto alternativa all'uso dell'autovettura privata, agevolata in ciò dalla praticità d'uso, dalla facilità di parcheggio e dall'economicità di gestione.

Tuttavia, l'aumento del numero circolante dei predetti veicoli a due ruote ha causato inevitabilmente una crescita sia dei rischi per gli utenti di tale mezzo di trasporto, sia della possibilità che tali rischi si tramutino in incidenti, con danni anche ingenti (sia fisici che economici).

È, infatti, intuitivo che i predetti rischi si riconnettono alla precaria stabilità del mezzo ed alla minore protezione rispetto all'autovettura, con probabilità più alte di lesioni (quali contusioni, fratture, traumi cranici, paralisi agli arti inferiori) e maggiore frequenza di conseguenze serie (sembra che le probabilità di perdere la vita per un motociclista sia otto volte più alta di quella degli occupanti di una macchina).

In questa prospettiva, l'uso del casco tenta di far diminuire i traumi al capo, inteso come testa e come volto, che risultano le patologie più serie degli utenti dei veicoli a due ruote, e, di conseguenza, di ridurre la mortalità per trauma cranico.

@2. L'estensione del divieto.

Per quanto concerne i destinatari dell'obbligo, l'art. 1 della legge 3/86 prevedeva che dovevano indossare durante la circolazione il casco protettivo: 1) i conducenti, di età inferiore a 18 anni, di ciclomotori di cui all'art. 24 del testo unico sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393; 2) i conducenti e passeggeri di motoveicoli di cui all'art. 25 dello stesso decreto (tra i primi commenti sull'argomento, v. MOSCA C. - CESARI P., La legge sul casco protettivo: luci e ombre, in Riv. giur. circ. e trasp. 1986, 977; BOSCHI R. - CAMPIGOTTO L., La legge sul casco protettivo, ivi 1987, 418).

Erano, invece, esclusi dal predetto obbligo - oltre che i maggiorenni conducenti di ciclomotori - gli utenti dei ciclomotori a tre ruote (compresi i minorenni) e dei motoveicoli di cui alle lettere b), c) e d) dell'art. 25 del testo unico citato (motocarri destinati al trasporto di cose, motoveicoli per uso speciale, come, ad esempio, quelli per riprese cinematografiche, o per trasporti specifici, si pensi a quelli per portatori di handicap).

Riguardo ai destinatari dell'obbligo, mette punto rammentare, che erano state sollevate questioni di legittimità costituzionale con riferimento all'art. 3 Cost. (uguaglianza formale e sostanziale), sia per disparità di trattamento, in quanto si obbligava solo i minorenni ad indossare il casco quando fossero alla guida di ciclomotori ed esoneravano invece i maggiorenni, pur in presenza di un sostanziale identico rischio, sia per irragionevolezza, in quanto obbligavano chiunque ad indossare il casco, quando fosse alla guida di motoveicoli oltre i 50 di cilindrata, senza considerare che tali veicoli, almeno in ambito urbano, presentavano una pericolosità identica a quella dei ciclomotori (per una prima critica in tal senso, stante che l'art. 1 della legge 3/86 introduceva «una discriminazione negativa che, non corrispondendo ad un criterio di ragionevolezza sostanziale, sembra violare il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3, primo comma, Cost.», v. PADOVANI T., Il casco protettivo e la L. 11 gennaio 1986 n. 3, in Legislaz. pen. 1986, 343).

Si era, altresì, dubitato della conformità della predetta norma al precetto costituzionale perché si obbligava i cittadini maggiorenni a comportamenti diversi a seconda che fossero alla guida di motocicli (con obbligo di casco) o di ciclomotori (senza obbligo di casco), nonostante che si trovassero nelle medesime condizioni rappresentate dalla circolazione urbana - con limiti di velocità simili per entrambi i veicoli: 50 km/h per le moto e 40 km/h per i ciclomotori (v.,Page 446 rispettivamente, art. 142, primo e terzo comma, vigente codice della strada) - e dall'uso, in entrambe le ipotesi, di veicoli a due ruote, anzi con condizioni di sicurezza certamente maggiori per i motocicli, aventi ben altri impianti frenanti e ben altra tenuta di strada di ragione dei pneumatici di maggior sezione e di una più robusta struttura del telaio, rispetto ai ciclomotori (v. ord. Pret. Milano 8 luglio 1993, in questa Rivista 1994, 11, e ord. Pret. Salerno 11 maggio 1993, ivi 1993, 775).

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 16 maggio 1994, n. 180 (ivi 1994, 713), ha però ritenuto tutte le predette questioni infondate (identici dubbi sono stati poi sollevati con una nuova ordinanza di rimessione del giudice meneghino, Pret. Milano 6 ottobre 1993, pervenuta alla Corte l'1 settembre 1994, e da questa respinti con ord. 6 marzo 1995, n. 84, ivi 1995, 521, richiamando la precedente decisione). Riguardo alla seconda censura, i giudici della Consulta hanno, infatti, osservato che l'aver assoggettato all'obbligo del casco nei centri abitati il maggiorenne quando il veicolo superasse i 50 cc., nonostante le condizioni di traffico fossero sempre le stesse di quando egli fosse alla guida di veicoli di potenza inferiore, non appariva irragionevole, stante l'obiettiva diversità delle due situazioni che giustificava la differente scelta del legislatore.

Questi doveva aver evidentemente considerato, nel proprio apprezzamento, il maggior grado di pericolosità cui poteva esporre la guida di un motoveicolo di potenza maggiore nel traffico urbano, facendo prevalere quest'aspetto sull'altro che riguardava le...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT