Il fumo passivo in ambiente lavorativo: una fonte di inquinamento ambientale e di responsabilità penale che costa cara sia all'azienda sia alla collettività

AutoreRoberta Cofano
Pagine281-283

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@1. Premessa.

Il fumo da sigaretta rappresenta una grave fonte di danno non solo in generale per l'ambiente in cui si propaga quale bene inviolabile privato e collettivo 1, ma anche per la salute del singolo che vi sia esposto.

Pur essendo oramai nota la sua lesività 2, la letteratura medica non indica ancora un valore soglia al di là del quale, in funzione della concentrazione dell'aria e del tempo di esposizione, inalarlo diviene nocivo.

È altresì inadeguata la disciplina normativa del fenomeno de quo, come rivela l'assenza nel nostro ordinamento di un'espressa regolamentazione dell'esposizione a fumo passivo sul luogo di lavoro 3.

Tuttavia, all'indiretta regolamentazione della materia si perviene dalle norme a protezione della salute dei lavoratori 4, in primo luogo, dalla Carta costituzionale i cui precetti, naturalmente tesi ad espandersi verso i valori della costituzione materiale, consentono di sussumere la tutela da fumo passivo sotto gli artt. 32 e 41 Cost.: la salute è infatti fondamentale diritto dell'individuo e, nel contempo, interesse latu sensu economico della collettività.

Fonte immediatamente inferiore, ma non meno rilevante è quella codicistica.

Si pensi ad es. all'art. 2087 c.c. che impone all'imprenditore di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure più idonee, secondo la tipologia lavorativa, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori d'opera.

Trattasi di una vera e propria clausola generale che efficientemente tende ad adeguare l'ordinamento all'evolversi socio-economico in tema di lavoro, integrando eventuali lacune normative.

L'efficienza di un sistema è infatti direttamente proporzionale anche alla sua capacità di cautelarsi dall'insorgere di un fattore di pericolo non previsto, rectius, non prevedibile allo stato della scienza e della tecnica del tempo di emanazione di una norma 5.

Numerosi sono poi i decreti legislativi che, in maniera specifica, si occupano della salubrità dell'aria nei locali lavorativi 6.

Particolare menzione va infine data alla crescente attenzione socio-normativa verso patologie multifattoriali che hanno nel lavoro una rilevante concausa 7 a discapito di tutte quelle anacronistiche ed erronee concezioni per le quali tutelare l'integrità psicofisica di un lavoratore è un mero obbligo privato del datore e non, come si vedrà in proseguo, un metodo per prevenire e/contenere costi privati e sociali 8.

Venendo ora all'oggetto della presente disamina, essa tratterà delle responsabilità penali derivanti dal fumo passivo all'interno di una struttura aziendale con particolare riguardo all'individuazione dei soggetti responsabili nonché delle modalità di condotta penalmente sanzionabili.

@2. Responsabilità penale da fumo passivo: soggetti responsabili e modalità comportamentali sanzionate.

Come già accennato in premessa, l'insalubrità dell'ambiente lavorativo costituisce una dannosa fonte di costi non solo per il lavoratore-vittima, ma anche per l'azienda e l'intera collettività.

In altri termini, fumare costa caro ad ogni componente sociale.

La verità di tale assunto, sovente purtroppo trascurata, può invece agevolmente cogliersi anche solo considerando che il fumo passivo viene vissuto spesso dalle sue vittime come una vera e propria forma di mobbing 9.

È inoltre evidente l'inversa proporzionalità tra il livello igienico-sanitario di un ambiente (per fumosità, difetto di areazione etc.) e lo stato di salute dei soggetti esposti 10.

Ora, il conseguimento e la conservazione di idonei standard qualitativi ambientali comporta la necessità di individuare i soggetti a ciò obbligati.

In ambito aziendale, alla luce dell'art. 2087 11 c.c., in raccordo con l'art. 2043 c.c., può affermarsi che tale inderogabile dovere incombe sul datore di lavoro.

Conseguentemente, i lavoratori hanno il diritto di agire per tutelare la loro salute da qualsivoglia pericolo, ivi compreso l'esposizione a fumo passivo, anche in via di mera prevenzione 12 e nessun valore preclusivo ha al riguardo il fatto che il legislatore abbia o meno proibito di fumare nel luogo di verificazione dell'evento 13.

Condizione necessaria e sufficiente affinché l'inquinamento «aziendale» da fumo passivo trovi ingresso in ambito penalistico è infatti che, a prescindere dallo stato di salute extra-lavorativo della vittima, il fumo sia concausa del danno alla sua salute secondo i parametri dell'art. 41 c.p. per il quale «il concorso di cause preesistenti, sopravvenute o simultanee anche se indipendenti dall'azione o omissione del colpevole non esclude il rapporto di concausalità fra l'azione od omissione e l'evento» 14.

La figura del datore di lavoro quale soggetto responsabile ex art. 2086 c.c. si attualizza diversamente in funzione delle dimensioni aziendali.

Egli può farsi coincidere con la persona-fisica dell'imprenditore solo per le piccole imprese.

In quelle di medie o grandi dimensioni il piano organizzativo si articola invece secondo il cd. metodo delle deleghe di potere.

Ne consegue la individuabilità di almeno tre figure di riferimento: il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto 15.

Il datore di lavoro è, in senso lato, il vertice dell'azienda sia esso un singolo ovvero un gruppo di soci di maggioranza che detiene il potere decisionale.

Il dirigente è, rectius «sono» gli alter ego del datore di lavoro che appunto «dirigono» specifici settori aziendali.

Il preposto, infine, può essere o meno dirigente; rappresenta in ogni caso «l'ultimo delegato» alla singola unitàPage 282 produttiva e la sua puntuale individuazione va compiuta con riferimento alle mansioni aziendali nel concreto svolte 16.

Ma in generale anche il preposto, se pur solo di fatto, risponde a titolo di colpa allorché impartisce ordini da cui derivano eventi lesivi.

In merito alle decisioni aziendali, pur con la brevità della presente disamina, possono distinguersi diverse fasi.

La prima compete esclusivamente al vertice dell'azienda (cd. datore di lavoro) e concerne sia la valutazione dei rischi in funzione di parametri quali le dimensioni aziendali, il tipo di attività svolta, il livello di pericolosità, la salubrità dell'ambiente di lavoro.

Tale attività deve poi trasfondersi nella redazione di un «documento programmatico» che specifichi misure di protezione e sicurezza ed individui metodi e soggetti responsabili della sua attuazione 17.

In uno schema ideale, tale valutazione dovrebbe essere prodromica all'inizio dell'attività produttiva, ma è ben più realistico supporre che un'azienda, se intende operare in efficienza, periodicamente la riveda e l'adegui all'evolversi tecno-normativo.

Successivamente, dare attuazione al documento programmatico è il compito dei vari livelli operativi in cui si articola il complesso aziendale, mentre il datore di lavoro deve costantemente vigilare che ciò accada 18.

Anche dunque in tema di fumo passivo, una sua efficiente gestione non si potrebbe mai ritenere esaurita con la mera affissione del divieto di fumare nei locali aziendali 19.

Ma richiede sempre la soddisfazione di parametri quali la prevedibilità e la prevenibilità dell'evento lesivo (infortunio e/o malattia lavorativa professionale) 20 dove per...

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