L'Errore, il caso fortuito, la forza maggiore, il costringimento fisico

AutoreMaria Grazia Maglio/Fernando Giannelli
Pagine265-277

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@1. Il fenomeno dell'errore: in generale

Se si volesse estendere la portata del termine «errore» oltre l'ambito che tradizionalmente gli si assegna nelle trattazioni dei penalisti, si navigherebbe nell'infinito.

Ispirandosi ad una visione un pò più naturalistica, e generalizzante, si potrebbe dire, infatti, che casi di errore sono il delitto tentato, ove non si riesce ad ottenere il risultato appetito, il delitto preterintenzionale, caso in cui, sempre «per errore», si pone in essere un risultato che supera quello di cui all'intenzione; qualche autore (ALIMENA F.) ravvisa nell'errore l'essenza della colpa. E nell'errore, in questa larga ottica, rientrerebbe anche l'ipotesi di cui all'art. 55 c.p. (AZZALI).

Per non delirare, dovremo, non di meno, interessarci dei casi tradizionalmente ricondotti alla tematica dell'errore. E dovremo seguire delle partizioni, per «capirci» qualcosa.

Anche in diritto penale si deve distinguere tra error juris ed error facti, tra errore ostativo ed errore motivo, tra errore rilevante ed errore irrilevante; incontreremmo, poi, altre distinzioni peculiari del diritto penale.

Jure civili (il parallelo si impone), l'errore di diritto, ai sensi dell'art. 1429, n. 4, c.c., è rilevante quando costituisca la ragione unica o principale del contratto; jure poenali, l'art. 5 c.p. sancisce il principio error vel ignorantia juris non excusat, salva l'ipotesi, introdotta dalla Corte costituzionale, con sentenza del 24 marzo 1988, n. 364, dell'ignoranza inevitabile; jure civili, in deroga all'art. 1429, n. 4, c.c., l'art. 1969 c.c., in materia di transazione, sancisce l'irrilevanza dell'error juris in capite controverso, ed è naturale, essendo la causa della transazione costituita dall'intento di dirimere una lite in corso o di prevenire il sorgere (VALSECCHI). Ma, comunque, anche l'errore di diritto, jure civili, deve essere essenziale e riconoscibile: anche, allora, quando si tratti, in materia di transazione, di error in capite non controverso (CARIOTA FERRARA, SANTORO PASSARELLI, BETTI, SCOGNAMIGLIO, MIRABELLI, GRISI, MESSINEO, CARRESI, GALGANO, VALSECCHI, CATAUDELLA).

All'art. 47, il codice penale disciplina l'errore sul fatto, categoria rientrante in quella, più ampia, dell'errore di fatto (PANNAIN), da distinguere, comunque, dall'errore di diritto: ipotesi di errore di fatto, ma non sul fatto, è quella di cui all'art. 59, quarto comma, c.p. (erronea supposizione della sussistenza di cause di giustificazione, che, nei congrui casi, dà luogo a delitto colposo) (per incidens, riteniamo che non sia prevista l'ipotesi di responsabilità per contravvenzione ex art. 59, quarto comma, c.p., altrimenti fondandosi un caso di analogia in malam partem, ma ci è contraria la dottrina dominante) (per tutti: ANTOLISEI).

Un caso che la dottrina (PANNAIN) tratta come un'ipotesi di errore sul fatto che non scusa è quello di cui all'art. 609 sexies c.p. (già art. 539 c.p.). Noi riteniamo, però, in ossequio, d'altra parte, allo stesso dettato legislativo, che si tratti, più propriamente, di ignorantia facti inescusabile. Pertanto, a nostro avviso, se si versi nella situazione di vero e proprio error in aetate, bene spesso indotto nella mente del preteso aggressore dalla povera «vittima»; quando, cioè, non si tratti del mero, crasso «non sapere», ma di un'erronea supposizione generata da elementi obiettivi, si potrà e dovrà applicare l'art. 47, primo comma, c.p. (PULITANÒ, SQUASSONI, PATERNITI), assolvendo «perché il fatto non costituisce reato».

Premettendo che si risponde dei delitti di cui agli artt. 392 e 393 c.p.p. anche quando la pretesa sia fondata, si versa, nel caso di infondatezza della stessa, in un caso di errore su legge extrapenale che non scusa. Benvero, avrà rilevanza il fenomeno dell'errore quando la pretesa di colui che pone in essere le condotte considerate dagli artt. 392 e 393 c.p. sia, almeno, ragionevole, altrimenti si risponderà, a seconda dei casi, di danneggiamento, violenza privata, rapina od estorsione (giurisprudenza consolidata) (KOSTORIS, ARDIZZONE, REGINA, MAZZANTI).

Dall'entità «errore» al pari dell'entità «ignoranza», va distinta quella del dubbio (PANNAIN), che, per chi creda in tale categoria, dà luogo al dolo eventuale (GALLO M.): nell'errore non si «affaccia» l'evento; sì, invece, nel c.d. dolo eventuale (DE MARSICO) (per contrari rilievi quanto alla differenziabilità dell'errore dal dubbio: PALAZZO).

Il CARNELUTTI costruì le ipotesi di cui agli artt. 49, secondo comma, 82 e 83 c.p. (tentativo inidoneo; tentativo impossibile per inesistenza dell'oggetto; aberratio ictus; aberratio delicti) creando la casella dommatica dell'errore-inabilità. Ma, forse, sarebbe meglio, «ricordando» il diritto civile, conservare la tradizionale distinzione «errore ostativo-errore motivo».

Premesso che il codice civile del 1865 distingueva le ipotesi di errore in ostativo e motivo, sancendo, per la prima, la nullità, per la seconda l'annullabilità del contratto, mentre il nostro codice attuale fa scaturire, sempre, in conseguenza dell'errore, l'annullabilità, quando si tratti di errore rilevante, essenziale e riconoscibile (artt. 1428, 1429, 1431, e per un'ipotesi di irrilevanza, art. 1430, c.c.) (MIRABELLI, GRISI), riteniamo che solo distinguendo l'errore in motivo ed ostativo si possa convenientemente distinguere l'ipotesi del reato putativo per errore di fatto (art. 49, primo comma, c.p.) da quella del tentativo impossibile per inesistenza dell'oggetto (art. 49, secondo comma, c.p., in parte qua): nella prima si ha errore motivo, nella seconda errore ostativo (in materia: HENKEL).

Anche lo SCHOENKE e lo SCHROEDER distinguono in tali sensi le due cennate ipotesi, ma gli autori or citati credono potersi analogamente risolvere il pro-Page 266blema della differenziazione della ipotesi di cui all'art. 49, secondo comma, c.p., di cui s'è detto, da quella del reato putativo per errore di diritto (art. 49, primo comma, c.p., in parte qua), ipotesi che, secondo noi, non ha alcun punto di contatto con l'altra messa a confronto, tanto da non esservi neanche bisogno di una differenziazione.

All'art. 60 c.p. (error in persona) si tratta di un'ipotesi di errore motivo, come agli artt. 5, 47, 48, 49, primo comma, e 59 c.p.; ipotesi di errore motivo sono, ancora, quelle di cui agli artt. 39 c.p.m.p. e 15 D.L.vo 10 marzo 2000, n. 74.

Come, ex art. 5 c.p. - salva l'ipotesi dell'ignoranza inevitabile - si ha un caso di irrilevanza dell'error juris, tanto avviene anche ex art. 39 c.p.m.p.

L'errore sulla sussistenza di condizioni obiettive di punibilità non cade sul fatto di reato, ed è, pertanto, irrilevante; del pari, l'errore sulla sussistenza di condizioni di punibilità-procedibilità, risolvendosi in un mero errore sulle conseguenze del reato, non può assumere alcuna rilevanza.

@2. La disposizione dell'art. 5 c.p.

L'art. 5 c.p. ha riprodotto integralmente la lettera dell'art. 44 del codice penale Zanardelli: «Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale».

È da dire che già il diritto romano si era posto il problema dell'eventuale scusabilità dell'error juris.

Molta rilevanza, al riguardo, si dava alla distinzione ulpiano-giustinianea tra crimina e delicta, intendendosi per i primi gli illeciti penali di diritto pubblico (perduellio, crimen laesae majestatis), ed, ancor più, al jus gentium, contrapposto al jus publicum.

Non si ammetteva, in pratica, scusa alcuna dell'error juris qualora il bene tutelato riguardasse quelle sfere che ogni uomo, solo perché tale, non può non sentire come protette dal divieto della legge (caso classico: l'attentato al bene della vita) (BONFANTE, ARANGIO RUIZ, GUARINO, ALIMENA B., GATTI, PIACENZA, PALAZZO, PULITANÒ).

Il canone 1323 del codex juris canonici, al n. 2, esige la presenza della colpa quanto all'ignorantia juris, ed equipara alla ignoranza l'inavvertenza e l'errore.

L'art. 20 del codice penale svizzero dispone: «Se l'agente ha avuto ragioni sufficienti per credere che l'atto fosse lecito, il giudice può attenuare la pena secondo il suo libero apprezzamento o prescindere da ogni pena».

Il paragrafo 9 del codice austriaco annette rilevanza alla colpa nell'ignorare la legge penale.

Già l'art. 44 del codice Zanardelli sorprese Bernardino Alimena e Giovan Battista Impallomeni per la sua novitas rigorosa, annettendo rilevanza alla colpa, in materia, le altre legislazioni.

Ex art. 44 cod. cit., come ex art. 5 c.p., ignoranza ed errore, cioè erronea interpretazione, erano da equiparare negli effetti, diversamente da quanto abbiamo ritenuto con riferimento alla disposizione dell'art. 609 sexies c.p., ove, almeno secondo la tesi che seguiamo, i due fenomeni devono esser distinti.

La disposizione dell'art. 5 c.p. è stata posta in immediata relazione dal PETROCELLI con l'art. 3 c.p., coerentemente con la visione imperativistica del diritto penale propria del chiaro autore (vedasi anche art. 28 delle preleggi al codice civile: MANZINI, PANNAIN). Il PETROCELLI, ancora, ritenne poter costruire la disposizione di cui ci si occupa alla stregua di una disposizione processuale, e, in tale costruzione, è stato seguito dal GIULIANI BALESTRINO: si tratterebbe di una presunzione assoluta di conoscenza della legge penale. Sotto il profilo del diritto sostanziale, invece, risolvendosi, la norma, in un comando, non si concepirebbe l'ignoranza del contenuto dell'obbligo.

Il MANZINI ed il PANNAIN obiettano, però, che non è dato riconoscere nella disposizione lo «stampo» processuale preteso dal PETROCELLI; che l'art. 5 c.p., nell'ottica di quest'autore, fonderebbe, non già, una presunzione (artt. 2727-2729 c.c.), sibbene una mera fictio juris (LUZZATTO, GRILLI), poiché la maggioranza delle persone non conosce la legge penale; che, comunque, il legislatore, all'art. 5 c.p., si è limitato a sancire l'irrilevanza della conoscenza della legge penale (FIORE).

Cominciamo a dire che, secondo noi, la questione, nei sensi prospettati, sarebbe comunque mal...

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