Il 'fantasma' di Nerazio in Gai 2.280

AutoreVenanzia Giodice Sabbatelli
Pagine43-64
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II
Il ‘fantasma’ di Nerazio in Gai 2.280*
SOMMARIO: 1. Rescriptum divi Hadriani e sententia Iuliani. - 2. Nerazio e la presta-
zione dei frutti e degli interessi moratori nel fedecommesso. - 3. Il dispositivo
imperiale solo per le usurae? - 4. Scio tamen Iuliano placuisse. - 5. Adriano-
Giuliano: un conflitto improbabile. - 6. Osservazioni finali.
1. Rescriptum divi Hadriani e sententia Iuliani
Alla metà del secondo secolo d.C., il regime degli interessi e
dei frutti derivanti da mora nell’adempimento di un fedecom-
messo o di un legato è quello minuziosamente descritto da Gaio
in un passo del secondo commentario delle sue Istituzioni. Fon-
damentali in materia sarebbero stati un rescritto adrianeo e una
sententia Iuliani:
Item fideicommissorum usurae et fructus debentur, si
modo moram solutionis fecerit qui fideicommissum debebit;
* Il saggio, apparso in Sodalitas. Scritti in onore di Antonio Guarino V 1980,
2131-2145, col titolo Un rescritto di Adriano. Legati e fedecommessi, presenta in
questa edizione modifiche di rilievo, suggerite anche dal persistente interesse
letterario per gli argomenti trattati. La rivisitazione critica di questa mia nota
giovanile si deve soprattutto a due lunghi studi di M. Brutti, Gaio e lo ius contro-
versum, in AUPA 55, Torino 2012, 77-124, e Il dialogo tra giuristi e imperatori, in
Ius controversum e processo fra tarda repubblica ed età dei Severi, Atti del Conve-
gno (Firenze, 21-23 ottobre 2010), a cura di V. Marotta ed E. Stolfi, Roma 2012,
97-204.
PARTE PRIMA
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legatorum vero usurae non debentur, idque rescripto divi
Hadriani significatur. Scio tamen Iuliano placuisse, in eo legato,
quod sinendi modo relinquitur, idem iuris esse, quod in
fideicommissis; quam sententiam et his temporibus magis
optinere video1.
Se chi è tenuto ad adempiere un fedecommesso sia incorso in
un ritardo nell’adempimento, egli dovrà gli interessi e i frutti; gli
interessi dei legati invece non sono dovuti: e ciò è enunciato in un
rescritto del divino Adriano. Ricordo tuttavia che Giuliano ha
ritenuto vi fosse la stessa disciplina dei fedecommessi nel legato
che viene disposto sinendi modo e vedo che tale opinione ottiene
i maggiori consensi anche oggi2.
Gaio insegna che si devono usurae e fructus nell’ipotesi di
mora solutionis di colui qui fideicommissum debebit; nel caso di
legato, invece, le usurae non sono dovute; e ciò – aggiunge il
giurista – è enunciato in un rescritto del divino Adriano. Secondo
Giuliano, si legge ancora, nel legato sinendi modo si applicava
invece la stessa regola valevole per i fedecommessi. Quam senten-
tiam – conclude Gaio – et his temporibus magis optinere video. Il
corrispondente luogo dell’Epitome3 conferma classicamente il
principio diretto a negare le usurae e i fructus ex mora nell’actio
ex testamento, collega, nell’ipotesi di legato per damnationem, la
litiscrescenza in duplum nell’agire accennato alla mora solutionis,
e non, com’è per i classici4, all’infitiatio dell’erede convenuto, ma
non menziona la decisione di Adriano né fa alcun riferimento
all’eccezione introdotta dall’interpretatio giulianea per il legato
sinendi modo:
1 Gai 2. 280. Un’attenta sintesi dei problemi sollevati dalla critica del testo è
in: Cervenca 1966, 26 ss. e in particolare nt. 18; Id. 1969, 170 ss. e ntt. 289, 290,
291, 297, 298, 300; più di recente Brutti 2012a, 120 ss.. Cfr. anche Cardilli 2000,
254, 306 s.
2 È la traduzione di Brutti 2012a, 120, Id. 2012b, 151, che accolgo volentieri.
3 Ep. Gai 2.7.8. Molto istruttivo sulla singolare formulazione del testo uno
scritto della prima metà del Novecento di Archi 1937, 362-363. Di recente è
tornato sulla questione Brutti 2012b, 152 e nt.130.
4 Gai 2.282.

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