Una decisione equilibrata sull'appellabilità della sentenza di non doversi procedere dalla quale consegua una misura di sicurezza

AutoreCiro Santoriello
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  1. - Nella confusa ed asistematica disciplina in tema di appello come ridisegnato dalla legge n. 26 del 20061 e poi resa ancora più caotica ed irragionevole a seguito della dirompente decisione della Corte costituzionale n. 26 del 20072, la pronuncia della III sez. della Corte di cassazione ora in epigrafe rappresenta l'ennesimo tentativo della giurisprudenza3 di conferire un minimo di ordine ad un istituto che necessita in maniera ormai impellente di un nuovo intervento del legislatore.

  2. - Come è noto, la riforma delle impugnazioni operata nel 2006 aveva drasticamente ridimensionato le possibilità di accesso al grado di appello, precludendo tale possibilità in relazione alle sentenze di proscioglimento tanto per il pubblico ministero - eccettuata l'ipotesi di cui all'art. 603 comma 2 c.p.p. -, quanto per l'imputato.

    Diverse erano le ragioni di tale modifica legislativa. La preclusione nei confronti del pubblico ministero si spiegava in ragione della ritenuta incompatibilità che un giudizio di merito meramente cartolare quale è da sempre il processo d'appello presentava rispetto ai caratteri del rito accusatorio4, nonché osservando come fosse irragionevole consentire ad un giudice che non aveva partecipato alla fase di acquisizione delle prove nel contraddittorio delle parti di ribaltare il verdetto di assoluzione emesso in sede di primo grado5.

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    L'inammissibilità dell'appello dell'imputato, invece, era spiegata facendo riferimento ad una presunta mancanza di interesse riscontrabile in capo a tale soggetto di fronte a decisioni che avessero comunque sancito la sua innocenza: quand'anche nella pronuncia di assoluzione fossero risultate presenti statuizioni o affermazioni in qualche modo pregiudizievoli per la posizione dell'accusato - si pensi, ad esempio, ad un'assoluzione pronunciata per difetto dell'elemento soggettivo e non per insussistenza del fatto o ancora, come nel caso di specie, ad una absolutio ad istanza in luogo di un'assoluzione nel merito - si riteneva che la preclusione per l'imputato di presentare appello in tali circostanze fosse una scelta ragionevolmente equilibrata, considerando da un lato la riconosciuta possibilità per il singolo di presentare comunque ricorso in cassazione avverso la decisione e dall'altro il radicale ridimensionamento delle possibilità di appellare che era stato operato, con il medesimo intervento normativo, anche in capo all'organo inquirente.

  3. - La razionalità del sistema - comunque opinabile, secondo quanto già evidenziato in sede di primi commenti all'intervento legislativo del 20066 - veniva però radicalmente a mancare dopo che la Corte costituzionale con la sentenza n. 26 del 2007 dichiarava l'incostituzionalità dell'art. 1 della legge n. 26 del 2006 nella parte in cui, sostituendo l'art. 593 c.p.p., escludeva in via generale che il pubblico ministero potesse appellare contro le sentenze di proscioglimento.

    Si è già detto come la decisione del giudice delle leggi - accolta con favore da poche voci7 - abbia ricevuto forti critiche. Le principali obiezioni mosse alla citata decisione riguardavano la tecnica argomentativa utilizzata dalla Corte costituzionale, che motivava la sua decisione con l'utilizzo di una serie di apodittiche affermazioni circa l'irragionevolezza della scelta del legislatore e così facendo invadeva in maniera inaccettabile la sfera decisionale rimessa dalla Corte fondamentale alla piena discrezionalità del Parlamento8.

    Tuttavia, a ben vedere, la principale osservazione critica che deve muoversi alla decisione della Consulta riguarda la portata assolutamente dirompente delle relative conseguenze. Si è già accennato alla circostanza che le limitazioni al diritto di appello dell'imputato in relazione alle sentenze di proscioglimento, quale che ne fosse il contenuto, trovano giustificazione - oltre alla possibilità di far comunque ricorso al giudizio di cassazione - nella correlativa e ben più incisiva limitazione del diritto di appello che veniva posta in capo all'organo inquirente. In sostanza, nella filosofia del legislatore del 2006 l'appello veniva ad essere uno strumento processuale dal limitato utilizzo, posto che di norma esso era esperibile solo con...

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