Domanda di garanzia di un convenuto contro un altro convenuto

AutoreValerio Toninelli
CaricaAvvocato, foro di Lodi
Pagine571-573
571
dott
Arch. giur. circ. e sin. strad. 7-8/2016
DOTTRINA
DOMANDA DI GARANZIA
DI UN CONVENUTO CONTRO
UN ALTRO CONVENUTO
di Valerio Toninelli (*)
SOMMARIO
1. Premessa. 2. La giurisprudenza prima della riforma del co-
dice di rito. 3. La dottrina dopo la riforma del codice di rito.
4. La giurisprudenza dopo la riforma del codice di rito.
1. Premessa
La problematica, relativa alla proposizione di domande
di garanzia tra convenuti, è ricorrente nelle cause nascen-
ti da fatti illeciti.
Sovente, infatti, il danneggiato evoca in giudizio una
pluralità di corresponsabili.
Ciascuno di questi, peraltro, ritenendosi non respon-
sabile o parzialmente responsabile può aver motivo per
avanzare domande di garanzia, nei confronti di un altro
convenuto, già citato in giudizio dall’attore.
2. La giurisprudenza prima della riforma del codice di
rito
nella vigenza delle vecchie norme di procedura civile,
la giurisprudenza della Suprema Corte era stata costante
nel ritenere che “la parte costituita in giudizio può pro-
porre domanda di garanzia nei confronti di un’altra par-
te, anch’essa costituita, mediante la comunicazione di
una comparsa nelle forme previste dall’art. 170 c.p.c. non
essendo necessaria, perché sia rispettato il principio del
contraddittorio, la notif‌icazione di un atto di citazione, at-
teso che la comunicazione della comparsa è idonea a con-
sentire al destinatario della domanda di interloquire sulla
stessa e di apprestare le sue difese” (Cass. 17 marzo 1990,
n. 2238 - cfr. anche Cass.12 gennaio 1982, n. 126; Cass. 2
aprile 1981, n. 1867).
3. La dottrina dopo la riforma del codice di rito
Allorquando entrarono in vigore le modif‌iche al codice
di rito, di cui alla legge 26 novembre 1990 n. 353, ci si rese
conto che il legislatore non aveva provveduto a discipli-
nare in alcun modo la proposizione di domande tra con-
venuti, benché largheggiassero, invece, disposizioni sulla
domanda riconvenzionale (cfr. artt. 36, 167, 416 e 418
c.p.c.), sulla riconvenzionale alla riconvenzionale (cfr.
art. 183, 4° comma, c.p.c.) sull’intervento in causa (cfr.
artt. 105, 267, 268 e 419 c.p.c.), sulla domanda dell’attore,
rispetto al convenuto già evocato in giudizio (cfr. artt. 183,
5° comma, c.p.c. e 420, 9° comma, c.p.c.).
In dottrina ci si chiese, pertanto, se la vecchia giuri-
sprudenza fosse ancora applicabile, oppure no.
Venne ipotizzato, infatti, che potesse essere di ostaco-
lo la ratio delle nuove disposizioni, palesemente ispirata
all’intento di pervenire ad una decisione in tempi brevi del
giudizio, con conseguente introduzione, fra l’altro, di un
meccanismo rapido, volto alla modif‌ica delle domande e/o
delle eccezioni, nonché alla formulazione delle deduzioni
istruttorie (art. 183 c.p.c.).
Nonostante ciò - in conformità, del resto, a quanto rite-
nuto in precedente scritto comparso in questa Rivista (1) -
si ribadisce ora che la vigente normativa dell’art. 183 c.p.c.
è compatibile con la giurisprudenza pregressa secondo la
quale, una volta costituito il rapporto processuale con la
notif‌ica dell’atto di citazione, la proposizione in giudizio,
ad inizio causa, da parte del convenuto, di una domanda
nei confronti di un’altra parte convenuta (altrimenti detta
domanda riconvenzionale), ben può essere formulata in
occasione dello scambio del primo scritto difensivo.
Pertanto pare suff‌iciente che la domanda, di garanzia e
manleva, del convenuto contro un altro convenuto, venga
avanzata nella comparsa di risposta, beninteso 20 giorni
prima della prima udienza come dispone l’art. 166 c.p.c. e
scambiata con detto convenuto nei modi di cui all’art. 170
c.p.c.; oppure, se contumace, notif‌icata nei modi, di cui
all’art. 292 c.p.c..
In questa prospettiva, la regolamentazione della modi-
f‌ica delle domande e delle eccezioni, prevista dall’art. 183
c.p.c., lungi dal contrastare la proposizione delle domande
tra convenuti, coinvolge e disciplina anche le stesse (in
quanto tempestivamente e ritualmente avanzate) quale
ulteriore materia del contendere.
Si consideri che, in tal modo, la proposizione delle doman-
de di garanzia non comporta alcun rallentamento dei tempi
di trattazione della causa, avvenendo in tempi compatibili
con l’operatività della normativa, di cui all’art. 183 c.p.c..
Del resto, opinando diversamente, le conseguenze pro-
cessuali sarebbero aberranti: il convenuto non sarebbe
certo privato della possibilità di proporre la domanda di
garanzia, ma sarebbe costretto a proporla con richiesta di
chiamata di terzo (art. 269 c.p.c.), come se quest’ultimo
non fosse già parte in causa.
A parte l’aspetto paradossale della richiesta, la stessa
avrebbe effetti di rallentamento dell’iter della causa, e
cioè opposti a quelli che il legislatore s’è pref‌isso di evita-
re, proteso com’è al raggiungimento di obiettivi di accele-
razione dei tempi di svolgimento dei procedimenti.
Riteniamo opportuno anche riportare, per esteso, a con-
ferma delle suesposte considerazioni, le seguenti illumi-
nanti rif‌lessioni svolte da autorevole dottrina: “l’alternativa
è la seguente: o ritenere che la domanda proposta da un
convenuto contro un altro convenuto conf‌iguri una ipotesi
di domanda riconvenzionale, con estensione delle relative
regole di proposizione, oppure sulla base della pretesa ana-
loga tra la domanda fra convenuti e l’istituto della domanda
del terzo in causa, applicare il disposto dell’art. 269 c.p.c..
Nel primo caso è suff‌iciente, per produrre la litispenden-
za, depositare tempestivamente una comparsa di risposta
contenente domanda riconvenzionale (art. 170, comma

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