Distrutta dal contrasto tra le stesse SS.UU. La certezza del diritto

AutoreRosario Li Vecchi
Pagine93-96

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@1. Introduzione.

L'inserimento della parte civile nel processo penale ha sempre dato luogo ad una problematica che è divenuta sempre più complessa e difficile con l'evolversi e modificarsi del codice di rito. Tale inserimento, infatti, è stato intravisto sia attraverso il ruolo e la funzione che la stessa intende rivestire nel processo penale (aspetto c.d. statico) e sia anche attraverso i poteri e le facoltà che le vengono attribuiti nell'iter processuale e nelle varie fasi (aspetto c.d. dinamico) ed il cui uso, in particolare, ha sempre creato seri problemi e da cui sono scaturiti contrastanti decisioni giurisprudenziali tra le diverse Sezioni della Suprema Corte e che, a loro volta, hanno provocato l'intervento delle SS.UU. onde tentare di sanarli secondo quanto prescritto dall'art. 65 ord. giudiziario (principio nomofilattico). Sta di fatto, però, che, nella fattispecie da noi fatta oggetto di questo scritto, si è venuta a delineare una situazione quanto mai strana e cioè che un ulteriore intervento delle stesse SS.UU., in composizione diversa, si è posto in netto ed aperto contrasto con quelle precedenti (chi provvederà, adesso, a sanarlo?), compromettendo, così, la già traballante «certezza del diritto».

Il c.d. nodo «Gordiano» da sciogliere consisteva nello stabilire se dinnanzi ad una decisione emessa dal giudice di primo grado di proscioglimento dell'imputato in pregiudizio dei diritti ed interessi della parte civile costituita la quale ometteva di impugnare la sentenza, mentre questa veniva impugnata dal P.M. e provocava in appello la condanna dell'imputato, poteva la parte civile pretendere egualmente la liquidazione dei danni? A questo interrogativo, infatti, doveva darsi una soluzione in un senso o nell'altro.

@2. Ruolo, funzioni e poteri della parte civile nel processo penale.

Alla parte civile il legislatore, con il codice di rito, ha sempre assegnato un ruolo e conferito dei poteri e delle funzioni da gestire liberamente in seno al processo penale. Infatti la stessa, intervenendo in detto processo, (art. 74 c.p.p.) ha diritto di esercitare l'azione civile per le restituzioni ed il risarcimento dei danni (art. 185 c.p.), nonché di trasferire, ove già invocata, l'azione civile nel processo penale secondo i criteri e le modalità di cui all'art. 75 c.p.p. Una volta effettuata la costituzione, essa produce «i suoi effetti in ogni stato e grado del processo» (art. 76, comma 2, c.p.p.); ciò sta chiaramente a significare che essa, una volta costituita (legitimatio ad processum) non ha più l'obbligo od onere di ripetere la costituzione nel corso dei vari gradi processuali. Questo principio, di carattere generale, contenuto nella norma de qua, può definirsi immanente e statico, ma tutto ciò, però, non sta certamente a significare che esso la esonera dall'attivarsi per la tutela dei propri diritti ed interessi che ne hanno legittimato la costituzione. Questa norma, però, dovrà a sua volta coordinarsi con l'art. 572 c.p.p. che faculta la parte civile, la parte offesa, anche se non costituita parte civile... a presentare richiesta motivata al P.M. di proporre impugnazione, però soltanto ed esclusivamente ad ogni effetto penale, mentre nel caso in cui vi sia una decisione pregiudizievole nei suoi confronti, per quanto riguarda i suoi diritti, essa può proporre impugnazione ex art. 576 c.p.p. (legitimatio ad causam). A questo punto, però, vi è da precisare che la dizione usata dall'art. 572 c.p.p. («ad ogni effetto penale»), molto spesso ha finito con il trarre in inganno la stessa parte civile la quale, erroneamente, si è adagiata sulla impugnativa del P.M., spesso su suo espresso sollecito, specie avverso quelle decisioni pregiudizievoli nei suoi confronti, senza minimamente tenere conto che tali impugnative non facevano altro che perseguire soltanto ed esclusivamente fini pubblici propri dell'azione penale e giammai fini privati, cioè propri della stessa parte civile.

@3. Conseguenze in caso di omessa impugnativa della parte civile.

I contrasti cominciarono a delinearsi in seno alle varie sezioni della Suprema Corte nei casi in cui si dovette stabilire se un imputato, prosciolto in 1º grado con una decisione pregiudizievole per la parte civile costituita non impugnata dalla stessa ma soltanto dal P.M. e per il quale in appello veniva pronunciata condanna, il predetto imputato doveva essere condannato o meno al risarcimento dei danni anche nei confronti della parte civile? La risposta a tale interrogativo diede luogo, com'era facile prevedere, a due correnti giurisprudenziali di cui la prima, facendo espressamente leva sull'art. 76 c.p.p. il quale statuiva la immanenza ed efficacia della costituzione di parte civile in ogni stato e grado del processo (v. anche l'art. 92 c.p.p. abrogato), sosteneva che in caso di condanna dell'imputato sulla sola impugnativa del P.M., la stessa aveva sempre e comunque diritto di vedersi riconosciuto ed attribuito il risarcimento dei danni 1. Un orientamento, questo che, ove attentamente esaminato, lasciava, però, molte perplessità anche perché esso si era delineato senza tenere in nessun conto o considerazione le declaratorie di illegittimità parziale degli artt. 195 e 23 c.p.p. 1930, intervenute, rispettivamente, con le sentenze n. 1/1970 e n. 29/1972 che finalmente avevano aperto uno spiraglio per la parte civile di cui ne rivendicavano poteri e diritti in seno al processo penale anche se parzialmente limitati, concedendo alla stessa di poter proporre ricorso per cassazione avverso tutte quelle decisioni pregiudizievoli per i suoi diritti e non appellati né dall'imputato e nemmeno dal P.M., diritti che l'abrogato codice le aveva negato sino al momento dell'intervento di dette due decisioni. Secondo un'altra corrente giurisprudenziale, di segno chiaramente opposto, la parte civile, ove voleva conseguire in sede di appello, una modifica della sentenza per lei pregiudizievole, non poteva avvalersi della impugnazione proposta dal P.M., per il semplice ed ovvio motivo che questa, come già precisato, si prefiggeva esclusivamente compiti e finalità pubbliche mirate soltantoPage 94 all'attuazione della pretesa punitiva dello Stato, ma doveva proporre una propria impugnativa, limitata, vigente l'abrogato codice di procedura penale, al ricorso per cassazione, mentre, con l'entrata in vigore del nuovo codice di rito, essa è stata ormai regolata dall'art. 576 c.p.p. che le conferisce un proprio ed autonomo potere di impugnativa avverso tutte quelle decisioni che sono di pregiudizio ai suoi diritti e la cui omissione, secondo sempre quest'orientamento giurisprudenziale, non le consente di intervenire in appello, oppure in caso di suo intervento e di condanna...

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