Depenalizzazione e conflitto nella giurisprudenza di legittimità sulle statuizioni civili della sentenza impugnata

AutoreFrancesco Paolo Garzone
Pagine22-26
524
giur
6/2016 Rivista penale
CONTRASTI
DEPENALIZZAZIONE
E CONFLITTO
NELLA GIURISPRUDENZA
DI LEGITTIMITÀ
SULLE STATUIZIONI CIVILI
DELLA SENTENZA IMPUGNATA
di Francesco Paolo Garzone
SOMMARIO
1. Introduzione. 2. La prima questione controversa: la sorte
delle statuizioni civili di condanna nel giudizio di impugnazio-
ne. 3. Cassazione, sez. II, n. 14529/2016, ovvero il primo indi-
rizzo interpretativo: “il giudice dell’impugnazione nel dichia-
rare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide
sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi
della sentenza che concernono gli interessi civili.”. 4. Cassa-
zione, sez. V, n. 16147/2016, ovvero il secondo indirizzo inter-
pretativo: “Resta precluso l’esame di questa Corte agli effetti
civili in relazione ai reati di ingiuria e danneggiamento, per i
quali era intervenuta condanna generica al risarcimento del
danno”. 5. Il contrasto non è più potenziale ma effettivo: il
principio della perpetuatio jurisdictionis come possibile sno-
do interpretativo e veicolo di equità nella risoluzione della
questione al vaglio.
1. Introduzione
Con i decreti legislativi nn. 7 ed 8 del 15 gennaio 2016
si è data, come noto, attuazione alla Legge delega n. 67 del
28 aprile 2014 in materia di “depenalizzazione”.
Si sono così introdotti, rispettivamente, “illeciti con
sanzioni pecuniarie civili” ed “illeciti amministrativi”.
Questi ultimi non costituiscono un novum per l’ordina-
mento giuridico.
L’ “illecito civile”, invece, nella portata ed applicazione
prevista dal D.L.vo 7/2016, sì.
Nessuna meraviglia, dunque, se le principali questioni
problematiche connesse all’intervento riformatore si sia-
no f‌inora concentrate soprattutto sulla relativa disciplina.
Molti altri “nodi”, peraltro, non sono ancora venuti al
pettine; anche la prassi, con ogni probabilità, si preoccu-
perà di far emergere ulteriori e concrete esigenze pratico-
applicative: l’applicazione delle “sanzioni pecuniarie civili”
da parte “del giudice competente a conoscere dell’azione
di risarcimento del danno” (art. 8 D.L.vo 7/2016) sottostà
al “principio della domanda” ex art. 99 c.p.c. o, essendo
rimessa al rilievo off‌icioso del giudice, ne costituisce de-
roga? E che interesse ha la persona danneggiata dall’illeci-
to civile ad agire per l’applicazione delle relative “sanzioni
pecuniarie”, oltre che per le “restituzioni e il risarcimento
del danno” (art. 8 D.L.vo 7/2016)? Quello – forse – di far
lievitare il valore della causa e, di conseguenza, il contri-
buto unif‌icato da assolvere ai sensi dell’art. 13 D.P.R. 30
maggio 2002 n. 115? O, piuttosto, quello di veder propor-
zionalmente ridotta la possibilità di soddisfacimento del
proprio credito risarcitorio?
La risposta che la giurisprudenza e la prassi consoli-
deranno rispetto alle predette domande (retoriche) non
sarà priva di conseguenze anche dal punto di vista della,
più generale, percezione sociale della “Giustizia”.
“L’aspetto – per dirla con le parole espresse dalla più
autorevole dottrina (1) nei primi commenti alla riforma
in questione – non è secondario, perché, in def‌initiva, la
nuova legge f‌inisce col perseguire un plausibile e lodevole
intento def‌lattivo (dei carichi penali) con mezzi surrettizi
poco commendevoli.
Il giudizio civile costa, e molto: saranno dunque i beati
possidentes a potersi permettere la persecuzione giudizia-
ria di chi abbia offeso i loro interessi: ma lo faranno invano
se i trasgressori sono poveri in canna, e insensibili dunque
alla prospettiva di una condanna civile.
Questi, d’altro canto, se potranno permettersi l’offesa,
non saranno in grado di reagirvi per mancanza di mezzi.
Un ben strano modo di distribuire la giustizia, in per-
fetto spregio dell’articolo 3 della Costituzione”.
Il rischio sotteso all’applicazione del D.L.vo 7/2016 ri-
siede, in altri termini, anche per lo scrivente, nel creare
una sorta di “impunità dell’arroganza”, ovvero un’area di
illeciti civili (ingiurie, danneggiamenti, falsità in scritture
private) reprimibili non già secondo criteri uniformi ed
oggettivi ma soltanto in misura della disponibilità econo-
mica delle parti interessate.
2. La prima questione controversa: la sorte delle statu-
izioni civili di condanna nel giudizio di impugnazione
La prima, rilevante, questione ermeneutica che la giu-
risprudenza di merito e di legittimità è stata chiamata a
dirimere in ordine al recente intervento di depenalizza-
zione riguarda la sorte delle statuizioni civili contenute
nella sentenza impugnata ed afferenti un fatto che non è
più previsto dalla legge come reato.
La riforma/annullamento della sentenza di condanna
agli effetti penali caduca anche le statuizioni civili con-
cernenti il risarcimento del danno o lascia inalterata la
cognizione del giudice penale sull’azione civile?
La risoluzione della questione, investendo un numero
cospicuo di processi, non mancherà di produrre i suoi ri-
f‌lessi sulla percezione sociale della “Giustizia”.
Non v’è chi non veda, infatti, il rischio sotteso all’a-
desione alla prima alternativa interpretativa: l’impunità
dell’arroganza, per l’appunto. Ovvero che la persona dan-
neggiata dal reato, dopo essersi costituita parte civile (con
ogni conseguente esborso economico) ed essere risultata
vittoriosa nei primi due gradi di giudizio, si veda caducata

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