La tutela penale del documento dematerializzato tra vicende novative e nuove aspirazioni sistematiche

AutorePasquale Troncone
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@1. Le risorse informatiche e la sfida all'assetto tradizionale del diritto penale italiano

- Nell'epoca della globalizzazione del diritto appare ineludibile l'esigenza di tracciare nuove coordinate di ordine concettuale e individuarne nuovi punti di riferimento per la comprensione dei complessi fenomeni sociali, economici e tecnologici che delineano le nuove frontiere del diritto penale nel nuovo millennio1.

In una società fortemente burocratizzata come quella attuale perfino la vita dell'uomo è scandita dalla documentazione convenzionale chiamata a certificare le sue relazioni sociali, i rapporti professionali, l'interlocuzione con i poteri amministrativi pubblici, attraverso atti, certificati, concessioni, autorizzazioni, contratti2.

Il tema della certezza delle situazioni giuridiche e dell'affidabilità del contenuto dichiarativo e certificativo degli atti nella società contemporanea rivela la debolezza dell'attuale quadro concettuale di riferimento, dal momento che il mezzo originariamente formato dal contesto costitutivo di un documento cartaceo si avvia lentamente ad essere sostituito da un nuovo prodotto costituito da un complesso di dati informatici3. La definizione di dato informatico ha natura normativa e viene stabilita dalla Convention sur la cybercriminalitè adottata a Budapest il 23 novembre 2001 che all'art. 1 lett. b) precisa: «l'espressione dati informatici designa qualsiasi rappresentazione di fatti, di informazioni o di concetti sotto una forma che si presta ad un trattamento informatico, ivi compresi un programma che faccia in modo che un sistema informatico esegua una funzione».

Il mutamento di orizzonte appare radicale e suggerisce di adeguare la legislazione penale tradizionale alle esigenze poste dalle nuove sfide che presenta la modernità, soprattutto quando mutano linguaggi, mezzi e modalità di offesa, distanze tra soggetti ed oggetti, pur nella consapevolezza di conservare o forse semplicemente sforzarsi di aggiornare il modello teorico del diritto penale e le relative istanze di tutela4.

Il settore delle tecnologie, caratterizzato da una rapidissima evoluzione, è quello che negli ultimi anni si segnala per il fatto di proporsi come punto di osservazione privilegiato di un diritto penale moderno5. Il mondo dell'informatica, con la sua carica propulsiva verso l'innovazione, ha determinato un nuovo modo di concepire la condotta offensiva e la stessa dimensione spazio-temporale della lesione degli interessi tutelati, spostando l'attenzione e l'indagine speculativa del giurista dal piano dell'accertamento dell'offesa al piano della rilevanza del rischio6.

Tuttavia la scienza penalistica non si trova soltanto di fronte ad un nuovo modo di vede o di concepire il diritto, ma di fronte ad un nuovo modo di regolamentare situazioni giuridiche che, diversamente dal passato, si realizzano in condizioni diverse o con modalità, comportamenti e mezzi che appartengono esclusivamente alla modernità, ancora sconosciuta alla nostra legislazione codicistica7. L'impianto culturale su cui nasce il codice penale italiano vigente è fermo nel tempo al contesto socio-economico del 1930, una società fondata sugli assetti di una economia di tipo rurale che lentamente si avvia ad acquisire capacità produttive nel settore dell'industria, ma comunque ben lontana dai profondi cambiamenti prodotti dall'evoluzione tecnica e tecnologica dei nostri giorni8. Valga per tutti il fatto che il codice Rocco, in quello sforzo di dare completezza e determinatezza normativa al nuovo delitto di furto, nel comprensibile intento di conferire modernità al nuovo corpo delle leggi penali, avvertì la necessità di prevedere esplicitamente al secondo comma dell'art. 624 c.p.: «Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico». Appare a tutti evidente quanto sia distante la modernità dell'energia elettrica dai prodotti tecnologici contemporanei.

Seppure lo sforzo di modernizzazione del settore legislativo penale compiuto attraverso la cospicua quantità di leggi speciali messe a punto in età repubblicana esprime la necessità di un costante e incessante adeguamento al rapido mutamento dei tempi, la struttura del complesso delle leggi penali sembra messa in crisi per l'incapacità di ritrovare un rigore sistematico che la sottragga a dubbi di tipo interpretativo.

Se ad esempio le norme penali che puniscono la truffa e il furto continuano a presidiare il patrimonio individuale, con l'avvento delle tecnologie informatiche, pur rimanendo invariato l'assetto e la finalità della tutela, ne mutano le modalità di rea-Page 1278lizzazione. Oggi, quegli stessi reati potrebbero essere consumati con una condotta immateriale attraverso la rete e, mutando anche la modalità di individuazione del soggetto agente, potrebbero essere commessi da una persona che utilizzando i dati personali di un'altra si presenti in rete sostituendosi a quella9. La condotta attiva, definita dalla tradizionale teoria generale del reato come l'impiego dell'energia fisica volontariamente orientata alla realizzazione dell'evento, rischia oggi di essere ridotta alla semplice pressione del tasto di un computer che genera a sua volta un semplice impulso elettrico10. L'effetto naturalmente è dirompente per tutta quella fascia di reati che si realizzano con una condotta vincolata e, dunque, con una tassativa modalità offensiva. Cosicché se la fattispecie incriminatrice continua a conservare il suo effetto punitivo potrebbe vedersi depotenziata in termini di effettività, se non si prendesse atto che i suoi elementi costitutivi, pur rimanendo nei canoni della tassativa legalità, devono essere semplicemente sottoposti ad un rigoroso aggiornamento.

Su questa direttrice si è mosso, infatti, il legislatore, non solo italiano11, nel tentativo di ricondurre nell'alveo dei modelli di illecito tradizionali i fatti che in una nuova veste descrittiva presentano il medesimo disvalore. Non mancano, è comprensibile, a tale proposito perplesse riflessioni intorno alla integrità del principio di stretta legalità in materia penale sotto il profilo del divieto di integrazione analogica del precetto, per cui l'itinerario intrapreso non poteva non essere quello della previsione di nuove norme incriminatrici12.

Il nostro codice penale di derivazione liberale, fondato su istanze di tipo essenzialmente naturalistico, e solo eccezionalmente di tipo normativo, ci spinge ad osservare un mondo circostante fatto di cose concrete, afferrabili nella loro corporeità fisica, ma negli ultimi anni non possiamo che registrare la presenza di un vasto mondo «immateriale», inafferrabile fisicamente, che tuttavia invoca le medesime garanzie di tutela dal settore della legislazione penale.

La dottrina penalistica non è stata sempre concorde nel ritenere auspicabile una radicale rivisitazione del sistema del diritto penale con la creazione di un «diritto penale dell'informatica» come sub-sistema normativo autonomo13. Riteneva infatti a questo proposito GIULIANO MARINI che fosse sufficiente «uno "svecchiamento" di determinate categorie, imposto, del resto, dalle stesse regole ermeneutiche, se correttamente intese» per affrontare con rigore metodologico le novità che la tecnica proponeva al diritto ed in special modo al diritto penale14. E continuava: «Respinta la singolare idea di un "diritto dell'informatica" (ed, in specie, di un "diritto penale dell'informatica"), va rilevato, anzitutto, che gran parte delle questioni sinora sollevate da taluni o non hanno seria consistenza o sono riducibili a problemi già presentatisi (e nemmeno recentemente) agli studiosi ed alla giurisprudenza»15. A distanza di oltre venti anni da prese di posizione così nette si pone una questione di carattere metodologico per affrontare correttamente il tema delle nuove tecnologie in rapporto ai principi regolatori fondamentali della materia penale. Nel corso degli anni sono sopraggiunti impegni convenzionali sovranazionali, come la Convenzione di Budapest del 2001, che hanno imposto una rivisitazione dei principi tradizionali per effetto dell'introduzione nel sistema delle leggi italiane di fattispecie di reato del tutto nuove ed inedite nel panorama penalistico. Seppure il livello di attenzione ai principi fondamentali della materia penale è stato sempre molto alto, per effetto di aggiornamenti legislativi extrapenali talune disposizioni incriminatrici dovevano essere necessariamente riformulate. Ciò è accaduto con la normativa di tipo amministrativo e civile che ha introdotto nel sistema aspetti peculiari, si pensi soltanto alla diversa tipologia degli atti documentali e alla firma elettronica. Cambiando l'oggetto materiale del fatto, mutano le modalità di aggressione e, per non tradire il divieto di interpretazione analogica delle norme penali, è stato necessario sottolineare il nuovo carattere di disvalore della condotta.

Il risultato di innovazione normativa poteva essere raggiunto percorrendo due diverse strade: creare un sottosistema replicando le ipotesi di reato con i diversi elementi oggettivi del fatto tipico oppure inserire delle norme ad efficacia estensiva rendendo operative le preesistenti fattispecie incriminatrici. Si vedrà che la scelta è caduta sul secondo modello di intervento facendo ricorso alla capacità di adattamento del sistema attraverso le regole ermeneutiche proprie della materia penale.

Le vivaci prese di posizione a questo proposito sulla opportunità o meno di stabilire le coordinate di un nuovo sottosistema, piuttosto che innestare nella legislazione vigente norme a contenuto categoriale, richiamano la stagione del dibattito sul significato dei criteri di identificazione di un sistema ordinato. Non è soltanto una questione di ordine metodologico, come avvertiva il PUGLIATTI, ma, in ragione dei delicati meccanismi ancorati ai valori di riferimento della materia penale, è una questione culturale che risale alla...

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