Delitto di «attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti»: nuovi chiarimenti dalla corte di cassazione

AutoreLuca Ramacci
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Nato in modo estremamente travagliato, l'articolo 53 bis del D.L.vo n. 22/1997 1 si è rivelato, nel tempo, un formidabile strumento di contrasto delle più pericolose tra le attività illecite in tema di rifiuti.

Introdotto, infatti, con l'articolo 22 della legge 23 marzo 2001, n. 93 ´Disposizioni in campo ambientaleª 2 a fine legislatura, rappresenta il primo delitto contro l'ambiente 3 all'interno di un complesso e disarticolato corpus normativo caratterizzato esclusivamente da violazioni sanzionate amministrativamente o da reati contravvenzionali.

Della inefficacia di tali strumenti, a fronte delle conseguenze derivanti dalle condotte illecite che riguardano questo settore, si è già detto in altre occasioni, evidenziando la inopportuna propensione del legislatore ambientale 4 alla depenalizzazione e la sostanziale impunità che il ricorso alle sanzioni amministrative assicura ai contravventori meno sprovveduti 5.

Del resto, difficoltà non minori si rinvengono nella sostanziale applicazione dei reati contravvenzionali anche per la facilità con la quale giungono a maturazione i brevi termini di prescrizione prima del compimento di tutti i gradi di giudizio 6 e per l'impossibilità di applicare misure cautelari personali o utilizzare alcuni strumenti investigativi, quali le intercettazioni.

In tale contesto, il delitto contemplato dall'articolo 53 bis del D.L.vo n. 22/97 rimane ancora un'eccezione nonostante si sia, da più parti, riconosciuta la necessità di incrementare il ricorso alla sanzione penale con riferimento alle violazioni ambientali.

Può ricordarsi, a tale proposito, quanto osservato in sede comunitaria. Illuminante appare, ad esempio, questo recente passaggio: ´... La Comunità ha cominciato a legiferare in campo ambientale 25 anni fa e da allora, in questa materia, sono state emanate oltre duecento direttive. Si è tuttavia rilevato che in molti casi la normativa ambientale comunitaria subisce ancora gravi violazioni. Ciò dimostra che le sanzioni attualmente irrogate dagli Stati membri non bastano a garantire la piena osservanza del diritto comunitario. La presente proposta di direttiva della Commissione chiede agli Stati membri di istituire sanzioni penali, perché solo questo tipo di misure sembra appropriato e sufficientemente dissuasivo per assicurare un livello adeguato di osservanza della normativa ambientaleª 7.

In campo nazionale, però, un coraggioso progetto di legge (il n. 3282) presentato nella scorsa legislatura, per l'inserimento nel codice penale del titolo VI-bis riferito ai ´delitti contro l'ambienteª, è rimasto lettera morta. Nell'attuale legislatura, tuttavia, un folto numero di deputati ha presentato una nuova proposta di legge 8 che prevede, ancora una volta, l'introduzione di un nuovo titolo nel codice penale, relativo ai delitti contro l'ambiente, tra i quali si prevede, nell'articolo 452 ter, quello di ´associazione a delinquere finalizzata al crimine ambientaleª, individuabile nelle condotte finalizzate non solo alla commissione di alcuni tra i più gravi delitti di nuova introduzione, ma anche di quello previsto dall'articolo 53 bis in esame. Si prevede, peraltro, una modifica dell'articolo 51 c.p.p., con conseguente attribuzione della competenza investigativa per il reato associativo alle direzioni distrettuali antimafia e nuovi strumenti procedurali quali il differimento o l'omissione dell'arresto o del sequestro.

L'iniziativa, interessante anche per avere previsto, finalmente, una forma di responsabilità delle persone giuridiche integrando il contenuto del D.L.vo 8 giugno 2001 n. 231 9, non sembra tuttavia coordinarsi con altre disposizioni normative attualmente in corso di approvazione che sembrano, ancora una volta, incentrate sul potenziamento delle sanzioni amministrative con conseguenze che, nella pratica attuazione, potrebbero rivelarsi sorprendenti 10.

Ancora isolato nel panorama normativo ambientale, l'articolo 53 bis del D.L.vo n. 22/97 ha mostrato subito, come si è detto, la sua utilità anche se ha reso necessaria una maggiore professionalità tra gli operatori di polizia giudiziaria (e la sostanziale esclusione delle polizie locali) per la necessità di procedere ad attività investigative complesse, spesso utilizzando mezzi, come le intercettazioni, che richiedono apparecchiature ed esperienza di cui non tutti dispongono e per l'esigenza di estendere gli accertamenti in un ambito territoriale molto vasto seguendo i percorsi, spesso tortuosi, dei rifiuti illecitamente gestiti.

La disposizione in esame punisce, infatti le ´Attività organizzate per il traffico illecito di rifiutiª 11 che vengono poste in essere attraverso modalità complesse consistenti ad esempio, come si desume dalla casistica, nella miscelazione di più tipologie di rifiuti e la predisposizione di falsa documentazione per rendere impossibile l'individuazione della loro provenienza, la collocazione definitiva in discariche abusive anche attraverso l'intermediazione di altri soggetti, lo smaltimento occultato in attività apparentemente lecite (utilizzazione agronomica, uso come materia prima o combustibile etc.).

La struttura della disposizione, come si è osservato in dottrina 12, suscita non poche perplessità che riguardano, in sintesi:

- il riferimento al ´traffico illecito di rifiutiª che, nel testo del D.L.vo n. 22/97, attiene a condotte del tutto diverse;

- il riferimento, ritenuto superfluo e illogico stante la fattispecie esaminata, alla natura abusiva delle attività di gestione e alla nozione di ´ingiusto profittoª;

- il contenuto della circostanza aggravante prevista dal secondo comma e relativa ai ´rifiuti ad alta radioattivitઠche non solo riguarda una tipologia di rifiuti espressamente sottratta alla disciplina del D.L.vo n. 22/97 dall'articolo 8, comma primo, lettera a) ma non appartiene neppure a classificazioni scientificamente accettate;

- l'erroneo richiamo all'articolo 33 c.p. che riguarda i delitti colposi;

- il riferimento al ´ripristino dello stato dell'ambienteª, figura altrimenti sconosciuta, il senso e la portata della quale è difficile individuare; Page 186

- la previsione della possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena ´ove possibile... all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambienteª, con conseguente difficoltà di individuazione degli adempimenti e della loro effettiva attuazione a causa della genericità dei termini utilizzati.

Ciò nonostante, la struttura della norma, definita giustamente ´rudimentaleª, 13 è stata sufficientemente delineata dalla dottrina consentendone un'applicazione sostanzialmente uniforme.

Sempre in maniera estremamente sintetica, appare dunque opportuno ricordare che si tratta di un reato comune, in quanto ascrivibile a ´chiunqueª ponga in essere la condotta sanzionata, per il quale si richiede il dolo specifico. È, inoltre, un reato di pericolo presunto come si ricava dalla semplice lettura della fattispecie.

I requisiti della condotta 14 riguardano il compimento di più operazioni e l'allestimento di mezzi e ´attività continuative organizzateª tra loro strettamente correlate, posto che il legislatore utilizza la congiunzione ´eª (´... con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate...ª) 1...

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