Decisioni della Corte

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine881-883

Page 881

@CORTE COSTITUZIONALE 17 luglio 2002, n. 353 (ud. 10 luglio 2002). Pres. Ruperto - Rel. Mezzanotte - Imp. X.

Atti contrari alla pubblica decenza - Nozione di costume e buoncostume - Ubriachezza manifesta in luogo pubblico - Punibilità - Condizioni - Irrazionalità della disciplina - Violazione del principio di legalità - Illegittimità costituzionale.

È costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, Cost. l'art. 688, secondo comma, c.p. nella parte in cui punisce con la pena dell'arresto da tre a sei mesi chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è colto in stato di manifesta ubriachezza, se il fatto è commesso da chi ha già riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o l'incolumità individuale. (C.p., art. 688) (1).

    (1) Le considerazioni che hanno portato alla dichiarazione di incostituzionalità del secondo comma dell'art. 688 c.p. ricalcano le stesse motivazioni poste alla base della pronuncia di incostituzionalità dell'art. 708 c.p. (possesso ingiustificato di valori) Corte cost. 2 novembre 1996, n. 370, Stankovic e altri, in questa Rivista 1996, 1313, nella parte in cui faceva richiamo alle condizioni personali del condannato.


RITENUTO IN FATTO. 1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di un imputato del reato di cui all'art. 688, secondo comma, del codice penale, il Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Portogruaro, in composizione monocratica, con ordinanza in data 6 febbraio 2001, ha sollevato, su eccezione della difesa, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del citato art. 688, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui punisce con la pena dell'arresto da tre a sei mesi chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è colto in stato di manifesta ubriachezza, se il fatto è commesso da chi ha già riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o l'incolumità individuale.

Il remittente, individuata la ratio dell'art. 688 del codice penale, nella sua originaria formulazione, nell'esigenza di tutelare la sicurezza sociale attraverso la prevenzione dell'alcolismo quale causa di disordini e reati, e rilevato che si tratta di fattispecie inquadrabile tra i cosiddetti reati «ostativi», osserva che soggetto attivo del reato di cui al previgente art. 688, primo comma, c.p. poteva essere chiunque si trovasse in luogo pubblico o aperto al pubblico in stato di manifesta ubriachezza. Conseguentemente tale stato era considerato, da un lato, elemento disturbante e in qualche modo lesivo di un interesse pubblico e, dall'altro, sintomo di pericolosità sociale, non essendo l'ubriaco in grado di controllare le proprie azioni. L'alcolismo, quindi, inteso come status personale, aveva rilevanza penale sotto due aspetti, e cioè come fattore pregiudizievole per la salute individuale e collettiva e come fattore criminogeno, avendo l'assunzione di alcol valore scatenante e favorendo la genesi di determinati comportamenti criminali.

Su queste premesse, secondo il giudice a quo, non avrebbe senso ritenere che lo stato di ubriachezza, sotto l'aspetto punitivo, rilevi soltanto per una certa categoria di soggetti, individuata peraltro in base ad elementi meramente statistici, in quanto la probabilità che un soggetto non compos sui (come colui che si trova in stato...

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