Decisioni della Corte

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine815-819

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@CORTE COSTITUZIONALE 18 luglio 2003, n. 253 (c.c. 7 maggio 2002). Pres. Chieppa - Rel. Onida - Imp. X.

Misure di sicurezza - Pericolosità sociale - Ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario - Misura obbligatoria - Esclusione - Illegittimità costituzionale. Misure di sicurezza - Pericolosità sociale - Assegnazione a una casa di cura e di custodia - Soggetto prosciolto per infermità psichica - Mancata previsione della misura in questione - Non fondatezza della questione.

È costituzionalmente illegittimo l'art. 222 c.p. (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario), in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost., nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale. (C.p., art. 222) (1).

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 219, primo e terzo comma, c.p. (Assegnazione a una casa di cura e di custodia), in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui, rispettivamente, non si prevede il ricovero in casa di cura e di custodia anche per chi sia prosciolto per infermità psichica e sia di scarsa pericolosità sociale e non vi si prevede la possibilità per il giudice di applicare la libertà vigilata anche a chi sia stato prosciolto per infermità psichica e sia di scarsa pericolosità sociale. (C.p., art. 219) (2).

    (1, 2) La Corte, già più volte chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità dell'art. 222 c.p., si trova oggi di fronte ad una questione posta con connotati diversi da quelli di altre del passato. In precedenza, infatti, il remittente invocava l'eliminazione della misura di sicurezza o la sua sostituzione con misure alternative, richieste tutte puntualmente respinte, come si veda in Corte cost. 30 marzo 2001, n. 88, in Foro it. 2002, I, 39, dove è stata stabilita la manifesta inammissibilità - in quanto propongono interventi additivi di revisione della disciplina delle misure di sicurezza applicabili nel caso di proscioglimento dell'imputato per infermità psichica, comportanti scelte discrezionali che esulano dalle competenze della Corte e rientrano invece nell'esclusiva competenza del legislatore - le q.l.c. dell'art. 222 c.p., nella parte in cui non consente di adottare misure alternative di cura del malato di mente socialmente pericoloso, diverse dall'affidamento a strutture chiuse e consone alle peculiarità del caso concreto, in riferimento agli artt. 3, 27 e 32 Cost. Ora, la questione sottoposta alla Corte, rileva in ordine al vincolo rigido imposto al giudice di disporre la misura detentiva, anche quando una misura meno drastica può soddisfare le esigenze di tutela dell'interessato. Non ha richiesto alcun intervento la questione posta relativamente all'art. 219 c.p., costituente un tertium comparationis.


RITENUTO IN FATTO. 1. - Con ordinanza emessa il 10 luglio 2002 e pervenuta a questa Corte il 5 novembre 2002, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Genova, chiamato a pronunciarsi nelle forme del rito abbreviato sulla responsabilità penale di un imputato maggiorenne, in relazione ai delitti di cui agli articoli 56, 609 bis, 609 ter e 582 c.p. (tentata violenza sessuale aggravata e lesione personale), ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 219, primo e terzo comma del codice penale (Assegnazione a una casa di cura e di custodia), in riferimento all'art. 3 della Costituzione, e dell'art. 222 del codice penale (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario), in riferimento agli articoli 3 e 32 della Costituzione.

  1. - Premette il giudice a quo che l'imputato è stato ritenuto, a seguito di perizia psichiatrica eseguita in incidente probatorio, totalmente incapace di intendere e di volere, e che ne è stata esclusa la pericolosità sociale solo se «ricoverato in una comunità per psicotici».

    Sulla base di tale situazione, la difesa ha eccepito l'incostituzionalità dell'art. 219, primo e terzo comma, c.p., nella parte in cui, rispettivamente, non vi si prevede il ricovero in casa di cura e di custodia anche per chi sia prosciolto per infermità psichica, e sia di scarsa pericolosità sociale, e non vi si prevede la possibilità per il giudice di applicare la libertà vigilata anche a chi sia stato prosciolto per infermità psichica e sia di scarsa pericolosità sociale.

    Il giudice a quo ritiene non manifestamente infondata la questione così proposta, posto che la disciplina di legge ancorerebbe la scelta in ordine alla misura di sicurezza da adottare ad un criterio (la gravità del reato) espressivo della funzione retributiva, anziché di prevenzione speciale della misura stessa.

    In secondo luogo, e soprattutto, aggiunge il remittente, essa farebbe dipendere il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto non da un accertamento in concreto, ma da un indice astratto e presuntivo, connesso alla distinzione tra vizio totale e vizio parziale di mente (e alla conseguente maggiore pericolosità dell'imputato nel primo, piuttosto che nel secondo caso), privo di «alcun supporto scientifico».

    La necessaria applicazione all'imputato, sulla base di tali condizioni, della misura di sicurezza detentiva di cui all'art. 222 c.p. si porrebbe, ad avviso del remittente, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

    Viene altresì censurato, su conforme eccezione del pubblico ministero, alla luce degli articoli 3 e 32 della Costituzione, l'art. 222 c.p., nella parte in cui, imponendo la misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, non prevede l'applicabilità al maggiorenne affetto da vizio totale di mente della libertà vigilata.

    Per un primo profilo, secondo il remittente verrebbe così a manifestarsi disparità di trattamento rispetto alla condizione del minore non imputabile, cui possono essere applicate le misure, dotate di valenza terapeutica «più soddisfacente», del ricovero in una casa di cura e di custodia e della libertà vigilata (articoli 232 e 224 c.p.), posto che in entrambi i casi si tratterebbe di difendere la collettività da unPage 816 individuo al tempo stesso pericoloso e penalmente irresponsabile.

    L'evoluzione della psichiatria e della farmacologia, poi, garantirebbero di poter conseguire tale obiettivo mediante la misura, più efficace terapeuticamente, della libertà vigilata, anziché tramite il ricorso alle forme segreganti dell'ospedale psichiatrico giudiziario.

    Per un secondo profilo, la disposizione censurata precluderebbe la possibilità di impiegare «soluzioni coerenti con le valutazioni medico-legali»: nel caso di specie, l'imputato potrebbe proficuamente, secondo il giudice a quo, permanere in comunità di recupero, mentre le prescrizioni proprie del regime di libertà vigilata, «con possibilità di ricorrere a...

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