Dal 'vigile' di Alberto Sordi ai giorni nostri: confronto tra vecchia e nuova disciplina dell'oltraggio a pubblico ufficiale

AutoreFrancesco Paolo Garzone - Mariantonietta Santoiemma
Pagine362-366
362
giur
4/2015 Rivista penale
MERITO
All’odierna udienza, revocato il decreto, le parti hanno
rassegnato le rispettive conclusioni, nei termini di cui in
epigrafe.
Il fatto è pacif‌ico, nonché documentato dalla denuncia-
querela delle pp.oo.. A seguito della contestazione di una
infrazione al c.d.s. da parte di due agenti della Pol. Mun. di
P., B. si è rivolto agli stessi “con arroganza”, e quindi ha as-
serito: “ io comunque sono il f‌iglio del ……datemi i vostri
cognomi che devo denunciarvi... ora che f‌inite, multate
quelle auto lì, altrimenti faccio venire la polizia stradale”.
Ed ancora, dopo aver sottoscritto il relativo verbale: “ tut-
to questo per 41 euro... datemi i vostri cognomi che devo
denunciarvi... io ora bazzicherò di più su P., state attente
alle macchine in sosta, dovete multarle tutte, altrimenti io
vi denuncio e chiamo la Polizia stradale”.
Tale contegno non integra, anzitutto, gli estremi della
violenza a p.u., in nessuna delle due forme tipizzate dai
primi due commi dell’art. 336, c.p., come invece ha ipotiz-
zato il P.M. in udienza, chiedendone la riqualif‌icazione.
Da quella ricostruzione - proveniente dai destinatari
della sua condotta, e perciò più d’ogni altra attendibile
- non risulta, infatti, che egli abbia mai minacciato loro,
neppure implicitamente od allusivamente, un male in-
giusto, prospettandolo quale alternativa all’omissione
della rilevazione dell’infrazione in suo danno ovvero alla
constatazione ed alla sanzione di eventuali condotte
analoghe, attuali o future, da parte di altri utenti della
strada.
L’imputato, in verità, in quell’occasione, si è soltanto
limitato a prospettare - se si vuole, in forme inurbane od
insolenti, ma nulla di più - l’esercizio di eventuali iniziati-
ve legali in altre sedi, ritenendosi ingiustamente leso nei
propri diritti. Ed il riferimento, poi, reale o millantato, a
parentele inf‌luenti, se non accompagnato da specif‌iche
affermazioni o condotte ulteriori, idonee, in tal modo, a
conferirgli una seria e concreta valenza intimidatrice, an-
corché implicita, rimane un f‌latus vocis, privo di qualsiasi
oggettiva eff‌icacia condizionante dell’operato del p.u..
Non è ravvisabile, poi, neppure l’ipotizzato oltraggio a
pubblico uff‌iciale (art. 341-bis, c.p.).
Non risulta, anzitutto, che le affermazioni dell’imputa-
to siano state rese alle agenti di Pol. mun. in presenza di
ulteriori persone, sia per strada che in caserma: e, già per
questo, il reato non sarebbe conf‌igurabile.
Ma, ancor prima, quelle sue riferite asserzioni non
paiono affatto lesive dell’onore o della reputazione delle
agenti: nè uti singulae, nè con riferimento alla qualif‌ica
pubblica da esse ricoperta.
Anche per tale ipotizzato delitto, dunque, egli dev’es-
sere mandato assolto. (Omissis)
dAL “VIgILe” dI ALbertO
SOrdI AI gIOrnI nOStrI:
COnfrOntO trA VeCChIA
e nuOVA dISCIpLInA
deLL’OLtrAggIO
A pubbLICO uffICIALe
di Francesco Paolo Garzone, Mariantonietta
Santoiemma
SOMMARIO
1. Reato di oltraggio; differenza con la vecchia disciplina:
natura plurioffensiva della fattispecie delittuosa e nesso con
le funzioni svolte dal pubblico uff‌iciale. 2. La vicenda con-
creta alla luce della giurisprudenza in materia di espressioni
inurbane di disapprovazione dell’operato dei vigili urbani.
1. Reato di oltraggio; differenza con la vecchia disci-
plina: natura plurioffensiva della fattispecie delittuosa
e nesso con le funzioni svolte dal pubblico uff‌iciale
Con la L. n. 94/2009 (c.d. Pacchetto sicurezza) il legi-
slatore ha reintrodotto nel nostro ordinamento il delitto
di oltraggio a pubblico uff‌iciale di cui all’art. 341 bis c.p.
operando un ripensamento rispetto alla scelta effettuata
con la L. 205/1999 di depenalizzare la relativa fattispecie.
Alla base della suddetta abrogazione si posero innanzi-
tutto le critiche rivolte alla fattispecie delittuosa prevista
dall’art. 341 c.p. non solo dalla dottrina ma anche dalla
giurisprudenza di legittimità che avevano evidenziato l’ob-
solescenza della norma rispetto ad alcuni principi consa-
crati dalla Costituzione.
Nello specif‌ico, si riteneva che l’oggetto giuridico
protetto dalla vecchia fattispecie di oltraggio fosse rap-
presentato non tanto dal buon andamento della pubblica
amministrazione quanto dal prestigio di essa.
Tali istanze di abrogazione giunsero, persino, innanzi
alla Corte Costituzionale la quale, chiamata a pronun-
ciarsi sulla legittimità costituzionale della norma e del
suo trattamento sanzionatorio, rilevò come il bene giuri-
dico del prestigio della pubblica amministrazione protetto
dalla succitata norma rilevasse una concezione sacrale
delle istituzioni ormai superata dall’avvento della Carta
Costituzionale imperniata sul principio di pari dignità tra
i cittadini.
A sostegno della sua abrogazione, difatti, si richiama-
vano diversi articoli della stessa Costituzione, tra tutti il
54, alla stregua del quale ai pubblici uff‌iciali non è ricono-
sciuto alcun privilegio all’onore bensì - più correttamente
- un dovere all’onore, vale a dire l’obbligo di meritarsi il
rispetto e la stima dei cittadini.
Vi erano, per vero, anche coloro che, contrari all’abro-
gazione, si sono sempre schierati a favore della rein-

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