Crisi finanziaria e 'fair value
Autore | Cosimo Sasso |
Pagine | 751-764 |
Cosimo Sasso
Crisi nanziaria e “fair value”
S: 1. Introduzione. – 2. La crisi nanziaria e le prime modiche introdotte allo Ias 39. Le infor-
mazioni al mercato. – 3. Il “fair value” di fronte alla crisi nanziaria. – 4. segue: Se l’uso del Fair value
abbia concorso all’aggravamento della crisi. – 5. Le ulteriori modicazioni dello Ias 39 e la prospettiva
di nuove regole.
1. Il dibattito relativo alla valutazione degli strumenti nanziari iscritti in bilancio
si è particolarmente acceso in seguito all’ultima crisi nanziaria globale dell’economia
aggravatasi nel secondo semestre del 2008 con il degenerarsi del credito dei cosiddetti
mutui “subprime”. La cartolarizzazione di questi contratti, facilitata dall’uso sempre più
diuso di complessi strumenti nanziari, ha portato – nei casi di default del sottostante
– ad insolvenze di grandi imprese ed a interventi di salvataggio da parte dei vari governi,
al ne di evitare eetti ancor più disastrosi sul sistema nanziario e sugli investitori. La
crisi allargatasi dagli Stati Uniti a tutte le economie europee ed asiatiche, anche a seguito
del venir meno della ducia dei consumatori nei mercati, ha condotto ad una recessione
di vasta portata.
Questo fenomeno ha condotto a rimettere in discussione molte delle tesi liberiste
della Scuola di Chicago e delle teorie economiche che sono state alla base dell’attuale
capitalismo occidentale. Tradizionalmente, gli economisti della Scuola di Chicago po-
nendo l’accento sulla razionalità dei mercati e sulla misurabilità del rischio, hanno sem-
pre disapprovato il tentativo del legislatore di regolamentare i mercati ritenendo ogni
intervento superuo e fonte di costi supplementari. Il mercato – si è sostenuto – ha la
capacità di attuare al suo interno tutti i correttivi idonei ad evitare le inecienze. D’altro
canto, si sono rispolverate le teorie generali di Keynes sull’impossibilità di una esatta
misurazione del rischio e sulla imprevedibilità dell’andamento dei mercati, per loro na-
tura instabili1.
Qualsiasi sia il paradigma scelto per una nuova ricrescita economica, restano da
considerare potenziali elementi di rischio dovuti all’incidenza negativa dei derivati, che
1 Le indicazioni sono di P, A Failure of Capitalism: e Crisis of ’08 and the Descent Into Depres-
sion, in Harvard University Press, 2009, passim, dove ritiene che le conclusioni raggiunte dalla scuola di
Chicago abbiano a questo punto fatto il loro tempo e si debba così ridimensionare l’opinione che per ga-
rantire la stabilità del sistema sia suciente ridurre l’imposizione scale e attuare politiche monetarie mi-
rate al controllo dell’inazione. Cfr., per riferimenti, M, in Il Sole-24Ore, 10 gennaio 2010, 11;
S , Perché i liberisti non fanno autocritica, in Corriere della sera, 24 gennaio 2010, 32, con ampi
riferimenti al giornalista economico C, How Market Fail. e Logic of Economic Calamities (New
York, Farrar, Strauss and Giroux), 2009?, passim, che ha esposto una sua ricerca sulla crisi). F and
F, Bailouts and Stimulus Plans, An essey, accessibile a http://www.dimensional.com/famafrench/essays/
Per gli autori la causa della crisi è riconducibile al rallentamento dell’economia industriale, per cui col calo
dell’occupazione e dei redditi molti debitori non sono stati in grado di pagare i loro debiti; resta da capire
cosa abbia scatenato la crisi economica.
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