La differenza tra 'costrizione' e 'induzione' è di carattere giuridico e non di natura psicologica, ma non è detta l'ultima parola

AutorePaolo Diglio
Pagine864-878
864
dott
9/2013 Rivista penale
DOTTRINA
LA DIFFERENZA TRA
“COSTRIZIONE” E “INDUZIONE”
È DI CARATTERE GIURIDICO E
NON DI NATURA PSICOLOGICA,
MA NON È DETTA
L’ULTIMA PAROLA
di Paolo Diglio
SOMMARIO
1. Introduzione. 2. I fatti storici. 3. La sopravvenuta inade-
guatezza del tradizionale criterio distintivo (c.d. “psicolo-
gico” o “quantitativo”) tra “costrizione” e “induzione”. 3.1.
Le differenze strutturali tra concussione “per induzione” e
induzione indebita. 3.2. La “rimproverabilità” della condotta
della persona minacciata. 3.3. Gli effetti dell’estromissione
dell’incaricato di pubblico servizio dalla concussione. 3.4. La
distinzione psicologica tra “costrizione” e “induzione” e le
esigenze di tassatività e di determinatezza della fattispecie
penale. 4. La prospettazione di un male ingiusto è condicio
sine qua idem della pressione psicologica. 5. “Costrizione” e
“induzione”: distinzione giuridica e non psicologica. 6. L’in-
quadramento giuridico del fatto storico alla luce dello ius
superveniense della sentenza Drassich. 7. Un tertium genus: il
criterio c.d. “misto” o “sincretistico” 49. 8. Conclusioni.
1. Introduzione
L’abbrivio per questo contributo ci viene fornito da
due recenti pronunce (1), che testimoniano ancora una
volta l’indirizzo ondivago della Sesta Sezione penale della
Suprema Corte in merito alla distinzione tra “costrizio-
ne” e “induzione”, nella loro veste di connotati oggettivi
rispettivamente della ritoccata “concussione” (art. 317
c.p.) e della nuova “induzione indebita a dare o promet-
tere utilità” (art. 319-quater c.p.), fattispecie entrambe
frutto della riforma operata dalla legge 6 novembre 2012,
n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione
della corruzione e dell’illegalità nella pubblica ammi-
nistrazione), entrata in vigore il 28 novembre 2012. Una
differenziazione dai risvolti effettuali non trascurabili vi-
sta, innanzitutto, l’alterità che caratterizza i due delitti, i
quali non risultano sovrapponibili né sotto l’aspetto della
soggettività attiva, né sotto il prof‌ilo sanzionatorio.
Ad incrementare, inoltre, la rilevanza di questo di-
stinguo contribuiscono le inferenze pertinenti alla disci-
plina intertemporale, dato che prima della richiamata
novellazione le due forme comportamentali costituivano
modalità di realizzazione alternative della concussione ed
erano assoggettate alla stessa sanzione, la quale era meno
aff‌littiva (solo in relazione al minimo edittale) di quella
prevista dall’attuale art. 317 c.p. e più rigorosa di quella
contemplata dall’art. 319-quater c.p. Considerato che nel
nostro sistema penale la successione nel tempo delle nor-
me incriminatrici è informata al principio della lex mitior
art. 2, comma 4, c.p.), qualif‌icare come costrittivi o indut-
tivi i fatti commessi nella vigenza del precedente regime
giuridico e non ancora coperti da giudicato signif‌icherà
applicare la normativa in vigore al tempus criminispatrati
oppure quella odierna.
2. I fatti storici
La nostra rif‌lessione, pur esorbitando in diversi punti
dalle argomentazioni contenute nelle due decisioni, è
stata caratterizzata dalla loro peculiarità, consistente
nel mettere in risalto, quasi in maniera complementare
l’una con l’altra, le diverse implicazioni connesse al di-
scrimentra “costrizione” e “induzione”, compresi i rif‌lessi
intertemporali appena segnalati.
Le vicende al centro dei due giudizi di legittimità inte-
ressano, in effetti, anche quest’ultimo aspetto, essendo en-
trambe anteriori alla novellazione poc’anzi evocata, come
si può facilmente evincere dalle date delle udienze in cui
sono state emanate, di poco successive alla sua messa in
atto.
I fatti di cui si è occupata la sentenza n. 13047, deposi-
tata lo scorso 21 marzo (ud. 25 febbraio 2013), risalgono
alla seconda metà del 2009, quando due ispettori della
Guardia di Finanza, nel corso di una verif‌ica f‌inalizzata
all’emersione del lavoro irregolare nei confronti di una
società di trasporti, ventilavano al suo legale rappresen-
tante di estendere il controllo all’ambito tributario con
conseguenze certamente sfavorevoli, nonché di eseguire
ulteriori accertamenti f‌iscali a carico di altre società del
medesimo gruppo, laddove non fosse stata loro corrisposta
un’ingente somma di denaro, della quale percepivano solo
una prima tranche, in quanto, dopo una serie di incontri
def‌initori, interveniva la polizia giudiziaria attivata dalla
persona minacciata e dalla commercialista dell’azienda.
Protagonista, invece, della regiudicanda analizzata
dalla sentenza n. 17593, depositata lo scorso 17 aprile (ud.
14 gennaio 2013), è un dirigente dell’ex settore chimico
del Presidio Multizonale di Prevenzione gestito dall’ASL di
Cosenza, il quale nell’anno 2003, avendo ricevuto da parte
dell’Azienda Regionale per la Protezione dell’Ambiente
della Calabria l’incarico di svolgere alcune operazioni di
controllo, con riferimento ai piani di caratterizzazione per
la zona industriale di Crotone, aveva abusato della posizio-
ne rivestita e dei poteri da essa derivanti, ingenerando nei
soggetti responsabili di due società private e nel geologo
da loro incaricato il timore che, se non avessero aderito
alle sue proposte più o meno esplicite, avrebbero potuto
subire ritardi e complicanze nell’iter procedimentale a cui
era preposto.
In ambedue le contingenze il giudice di seconda istan-
za aveva confermato che gli episodi in argomento integra-
vano il reato di concussione (consumata nel primo caso e
tentata nel secondo) in quanto le richieste illecite erano
state formulate in termini di abuso di autorità e come tali

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