Costituzionale: Corte costituzionale 29 ottobre 2009, n. 274

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Pres. amIrante- est. frIgo - rIc. corte d'appello dI napolI In proc. pen. g.m

Impugnazioni penali in genere yImpugnazione del difensore dell'imputato Appello avverso le sentenze di proscioglimento per vizio totale di mente Esclusione yIllegittimità costituzionale

È costituzionalmente illegittimo, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., l'art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modiflcato dal-l'art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modiflche al codice di procedura penale, in materia di inappellabili-tà delle sentenze di proscioglimento), nella parte in cui esclude che l'imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilità, derivante da vizio totale di mente. (c.p.p. art. 443) 1

@Ritenuto in fatto

Con ordinanza del 22 febbraio 2008, depositata il suc-cessivo 11 marzo, la Corte d'appello di Napoli ha solleva-to, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legitti-mità costituzionale dell'art. 443, comma 1, del codice di procedura penale, come modiflcato dall'art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modiflche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento), «nella parte in cui esclude che», nel giudi-zio abbreviato, «l'imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione pronunziate ai sensi dell'art. 88 del codice penale (proscioglimento per vizio totale di mente)».

La Corte rimettente riferisce di essere investita dell'ap-pello proposto dai difensori dell'imputato contro la sentenza emessa il 28 giugno 2007 dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Napoli, a seguito di giudizio abbreviato. Detta sentenza aveva assolto l'imputato dal reato di tentato omicidio in danno della convivente, in quanto non imputabile per vizio totale di mente, applican-do al medesimo, ai sensi dell'art. 222 cod. pen., la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudizia-rio per la durata minima di cinque anni.

Con l'atto di appello, i difensori avevano chiesto che il fatto venisse qualifleato come lesione personale, non avendo la persona offesa corso pericolo di vita; che fos-se riconosciuta la desistenza, ai sensi dell'art. 56, terzo comma, cod. pen.; che venisse inflne applicata una misura di sicurezza meno afflittiva, così come consentito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2003.

All'udienza camerale, di fronte alla richiesta del Procu-ratore generale della Repubblica di dichiarare inammissi-bile l'appello alla luce della nuova formulazione dell'art. 443, comma 1, cod. proc. pen., i difensori avevano eccepito l'illegittimità costituzionale di tale norma, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.

Quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che la disposizione censurata esclude, in via generale, l'appello dell'imputato contro le sentenze di proscioglimento: con la conseguenza che la decisione sull'am-missibilità del gravame viene a dipendere dalla soluzione della questione stessa. La sentenza che dichiara il difetto di imputabilità ai sensi dell'art. 88 cod. pen., pur presentando aspetti peculiari, è qualifleata, difatti, dall'art. 530 cod. proc. pen. come sentenza di assoluzione: dato lettera-le, questo, che non consentirebbe alcuna interpretazione del novellato art. 443 cod. proc. pen. atta a superare la preclusione censurata.

Né soccorrerebbe, nella specie, l'art. 680, comma 2, cod. proc. pen., che prevede la competenza del tribunale di sorveglianza sulle impugnazioni contro le sentenze di condanna o di proscioglimento concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza. Per costante giuri-sprudenza di legittimità, infatti, detta disposizione si ap-plica - conformemente al tenore letterale di detta norma e dell'art. 579, commi 1 e 2, cod. proc. pen. - solo quando l'impugnazione investa in via esclusiva il capo della sentenza concernente le misure di sicurezza: mentre, nel giudizio a quo, il gravame della difesa è volto a contestare anche la qualifleazione giuridica del fatto.

Riguardo, poi, alla non manifesta infondatezza della questione, il rimettente osserva come la sentenza di assoluzione emessa ai sensi dell'art. 88 cod. pen. abbia connotazioni particolari, che valgono a differenziarla dalla generalità delle altre pronunce assolutorie. Essa presuppone, difatti, che il giudice abbia accertato la sussi-stenza del «fatto-reato», la sua riferibilità all'imputato «in termini materiali e di colpevolezza» e l'assenza di cause di giustifleazione: sicché, in presenza di tutti i presupposti per una condanna, l'assoluzione viene pronunciata solo perché l'imputato era affetto da vizio totale di mente al momento del fatto. Al tempo stesso, poi, la sentenza in parola «comporta l'applicazione di una sanzione particolarmente invasiva e limitativa della libertà personale,Page 32 quale il...

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