Costituzionale

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine581-591

Page 581

@CORTE COSTITUZIONALE 26 maggio 2010, n. 196 (c.c. 12 maggio 2010). Pres. Amirante – Rel. Quaranta – Ric. P.T.

Guida in stato di ebbrezza – Confisca del veicolo – Obbligatorietà ex art. 186 nuovo c.s. come modificato dal D.L. n. 92/2008 – Applicabilità ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della novella – Contrasto con l’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – Illegittimità costituzionale parziale

È illegittimo, in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost., l’art. 186, comma 2, lett. c), c.s., come modificato dall’art. 4, comma 1, lett. b), D.L. 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, conv. con modif. dall’art. 1, comma 1, L. 24 luglio 2008, n. 125), limitatamente alle parole :«ai sensi dell’art. 240, secondo comma, del codice penale». (nuovo c.s. art. 186) (1)

    (1) Atteso intervento della Consulta che, eliminando dal dettato dell’art. 186, comma 2, lett. c), c.s., il riferimento all’art. 240 c.p., automaticamente esclude l’applicabilità retroattiva della confisca del veicolo e ne afferma il carattere prettamente sanzionatorio. Diversamente si era espressa, in modo pressoché unanime, la più recente giurisprudenza di legittimità che in Cass. pen., sez. IV, 29 settembre 2009, Meschieri, in questa Rivista 2010, 430; Cass. pen., sez. IV, 12 agosto 2009, Simioni, in Ius&Lex online; Cass. pen., sez. IV, 5 marzo 2009, P.G. in proc. Favè, ivi 2009, 512 e Cass. pen., sez. I, 14 febbraio 2008, Liboni, in Riv. pen. 2008, 1388, aveva sempre affermato l’applicabilità dell’ipotesi di confisca obbligatoria prevista dall’art. 186, comma 2, lett. c), c.s., anche alle condotte poste in essere prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 92/2008. Solamente Cass. pen., sez. IV, 12 agosto 2009, Ponzoni, in Ius&Lex online sosteneva, al contrario, che la confisca suddetta non potesse trovare applicazione con riguardo a fatti commessi prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 92/2008, non essendo estensibile ad un provvedimento ablatorio patrimoniale a connotazioni sanzionatorie, la regola dettata dall’art. 200 c.p. per le misure di sicurezza personali, secondo cui le stesse sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione, essendo questa correlata alla pericolosità sociale attuale del soggetto.

RITENUTO IN FATTO

  1. - Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Lecce ha sollevato - in riferimento agli articoli 3 e 117 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale degli articoli 200 e 236 del codice penale e degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificati, rispettivamente, dall’art. 4, commi 1, lettera b), e 2, lettera b), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125.

    1.1.- Il remittente premette, in punto di fatto, di dover decidere in ordine alla richiesta di emissione di decreto penale di condanna, avanzata dal pubblico ministero in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza - per un fatto commesso nel gennaio 2008 - ed alla contestuale richiesta di confisca del veicolo a carico dell’imputato, ai sensi del già citato art. 186, comma 2, lettera c), del codice della strada.

    Detta norma, infatti, nel testo novellato dall’art. 4 del decreto-legge n. 92 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 125 del 2008, prevede che sia «sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato», in caso di condanna tanto per la fattispecie criminosa di guida in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, purché sia stato accertato a carico del conducente un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro di sostanza ematica, quanto per la fattispecie criminosa (art. 187 del codice della strada) di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti.

    La circostanza che nel vigente testo dell’art. 186, comma 2, lettera c), del codice della strada sia espressamente richiamato l’art. 240, primo comma, c.p., non dovrebbe lasciare dubbi secondo il remittente che, «sotto l’aspetto formale, tale confisca debba essere qualificata come misura di sicurezza patrimoniale», per la quale, quindi, opera il principio - in forza del rinvio all’art. 200, primo comma, c.p. contenuto nell’art. 236 del medesimo codice - secondo cui «le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione». Ne consegue, pertanto, che la misura della confisca del veicolo appare destinata ad applicarsi pure «nei riguardi di coloro che, imputati del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool (o di quello di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti), risultino destinatari di una sentenza di condanna o di una sentenza di patteggiamento, anche se il reato venne commesso in epoca anteriore alla data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 92 del 2008».

    Sottolinea, inoltre, il giudice a quo che tale «soluzione ermeneutica» risulta «conforme al pacifico orientamentoPage 582 della giurisprudenza di legittimità». Essa, «con riferimento ad analoghe forme di confisca, ha sempre affermato» - diversamente da parte della dottrina, secondo cui la previsione dell’art. 200, primo comma, c.p. andrebbe riferita esclusivamente all’ipotesi in cui le modifiche legislative concernenti le misure di sicurezza riguardino le loro modalità di esecuzione «che per tali misure, qualificabili come misure di sicurezza e non come pene accessorie o pene sui generis, non opera il principio di irretroattività», sancito dall’art. 25, secondo comma, Cost., norma concernente «esclusivamente la pena» (richiama, sul punto: Corte di cassazione, sezione prima penale, sentenza del 15 gennaio 2009, n. 8404; sezione terza penale, sentenza del 15 ottobre 2002, n. 40703; sezione prima penale, sentenza del 19 maggio 2000, n. 7045; sezione prima penale, sentenza del 19 maggio 1999, n. 3717; sezione seconda penale, sentenza del 3 ottobre 1996, n. 3655; sezione sesta penale, sentenza del 17 novembre 1995, n. 775).

    1.2.- Tanto premesso, il giudice a quo ritiene che le norme censurate, «interpretate in conformità al “diritto vivente” di origine giurisprudenziale», siano in contrasto con l’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, secondo cui «non può essere inflitta una pena più grave di quella che sarebbe stata applicata al tempo in cui il reato è stato consumato».

    Il suddetto art. 7 - sottolinea il remittente - si pone come «norma interposta», ovvero come disposizione «subcostituzionale», che finisce «per integrare e dare contenuto» al dettato dell’art. 117, primo comma, Cost., sicché la sua violazione da parte di norma di legge ordinaria integra un contrasto con tale parametro costituzionale. Conclusione, questa, proposta «dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 348 e 349 del 2007», pronunce che hanno «definitivamente chiarito» - si nota ancora nell’ordinanza di rimessione - «che il giudice è tenuto a valutare la compatibilità costituzionale di ciascuna norma di legge ordinaria, anche nelle materie penalistiche, con le norme della Cedu», le quali, peraltro, rilevano non «in sé considerate», bensì «come prodotto della interpretazione datane dalla Corte di Strasburgo nelle sue sentenze».

    Orbene, «proprio con riferimento al principio fissato dall’art. 7 della Cedu, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha puntualizzato» - osserva sempre il remittente - che nell’individuazione del concetto di pena è necessario «andare al di là delle apparenze» per valutare «se una data misura costituisca pena ai sensi di tale norma», verificando se essa «sia stata imposta a seguito di una condanna per un reato», per poi attribuire rilievo ad altri elementi, come «la natura e lo scopo della misura in questione; la sua qualificazione nel diritto interno; le procedure correlate alla sua adozione ed esecuzione». Tali affermazioni, fatte dalla Corte di Strasburgo nella sentenza del 9 febbraio 2005, resa nella causa n. 307-A/1995, Welch contro Regno Unito (che, come rammenta il remittente, ha riconosciuto la violazione dell’art. 7 della Convenzione proprio «in un caso di applicazione retroattiva della confisca di beni di sposta nei riguardi di un trafficante di droga condannato a non ridotta pena detentiva»), sono state ulteriormente precisate dalla sua successiva giurisprudenza. Essa, infatti, ha specificato che la garanzia sancita dall’art. 7, in quanto «elemento essenziale della preminenza del diritto, occupa un posto fondamentale nel sistema di protezione della Convenzione, come dimostra il fatto che l’art...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT