La legittimazione a costituirsi parte civile in materia di reati ambientali dopo l’entrata in vigore del D.L.vo n. 152/2006

AutoreFrancesco Paolo Garzone
Pagine80-84

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@1. La vicenda processuale

L’ordinanza commentata trae origine dalla richiesta di rinvio a giudizio per abuso d’ufficio, abuso edilizio ed illecita realizzazione di una discarica, formulata dal P.M. all’esito di una lunga e laboriosa attività d’indagine, conseguente a più esposti presentati da cittadini ed associazioni operanti sul territorio, contro il legale rappresentante della società di gestione del sito ed il funzionario della Provincia che aveva approvato con determina il progetto di ampliamento della discarica ivi insistente, nonché l’esercizio di un ulteriore lotto della stessa.

Nel corso della conseguente e successiva udienza preliminare 15 cittadini chiedevano di costituirsi parte civile “in luogo del Comune e della Provincia” interessati dall’intervento.

Analoga istanza risarcitoria veniva inoltre proposta da associazioni - riconosciute e non - statutariamente preposte alla tutela ed alla valorizzazione dell’ambiente e della natura.

La difesa degli imputati eccepiva l’inammissibilità di tali costituzioni di parte civile, contestando, fra l’altro, che la mancata diretta costituzione della Provincia e del Comune, lungi dall’integrare una situazione di inerzia legittimante l’esercizio dell’azione popolare ex art. 9 D.L.vo n. 267/2000, rappresentava invece l’implicita manifestazione di una precisa opzione negativa perseguita dagli stessi Enti; nonché il difetto di legittimazione a chiedere - ed ottenere all’esito del processo - il risarcimento del cosiddetto “danno ambientale” da parte delle associazioni, specie ove non riconosciute ai sensi dell’art. 13 L. 8 luglio 1986 n. 349, istitutiva del Ministero dell’Ambiente.

Tutte queste eccezioni venivano, tuttavia, motivatamente rigettate dal G.U.P. presso il Tribunale di Taranto con la commentata ordinanza, la quale, per l’importanza giuridica e la rilevanza sociale delle questioni trattate, ben si presta ad essere oggetto di una serie di osservazioni e di puntualizzazioni in ordine alle finalità perseguitePage 81 dall’ordinamento attraverso l’istituto dell’azione popolare ed alle forme di tutela attivabili nel processo penale per il risarcimento dei danni conseguenti alla lesione, ancorché variamente qualificata sotto il profilo giuridico, dell’ambiente.

@2. L’azione popolare per il risarcimento del danno ambientale derivante da reato

La responsabilità per il cosiddetto “danno ambientale” è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 18 della citata Legge 349 del 1986, contenente “norme in materia di danno ambientale”, per cui: “1. Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei confronti dello Stato.

  1. Per la materia di cui al precedente comma 1 la giurisdizione appartiene al giudice ordinario, ferma quella della Corte dei conti, di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.

  2. L’azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, è promossa dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo.

  3. Le associazioni di cui al precedente articolo 13 e i cittadini, al fine di sollecitare l’esercizio dell’azione da parte dei soggetti legittimati, possono denunciare i fatti lesivi di beni ambientali dei quali siano a conoscenza.

  4. Le associazioni individuate in base all’articolo 13 della presente legge possono intervenire nei giudizi per danno ambientale e ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi.

  5. Il giudice, ove non sia possibile una precisa quantificazione del danno, ne determina l’ammontare in via equitativa, tenendo comunque conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino e del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali.

  6. Nei casi di concorso nello stesso evento di danno, ciascuno risponde nei limiti della propria responsabilità individuale.

  7. Il giudice, nella sentenza di condanna, dispone, ove possibile, il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile.

  8. Per la riscossione dei crediti in favore dello Stato risultanti dalle sentenze di condanna si applicano le norme di cui al testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.

9 bis. Le somme derivanti dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno di cui al comma 1, ivi comprese quelle derivanti dall’escussione di fideiussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate, con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ad un fondo di rotazione da istituire nell’ambito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente, al fine di finanziare, anche in via di anticipazione:

  1. interventi urgenti di perimetrazione, caratterizzazione e messa in sicurezza dei siti inquinati, con priorità per le aree per le quali ha avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;

  2. interventi di disinquinamento, bonifica e ripristino ambientale delle aree per le quali abbia avuto luogo il risarcimento del danno ambientale;

  3. interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti nel programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 426.

9 ter. Con decreto del Ministro dell’ambiente, adottato di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono disciplinate le modalità di funzionamento e di accesso al predetto fondo di rotazione, ivi comprese le procedure per il recupero delle somme concesse a titolo di anticipazione”.

Tale disposizione, oggi abrogata con l’eccezione del quinto comma, prevedeva, nonostante la parafrasi dell’art. 2043 cod. civ. contenuta nella sua parte iniziale (“Qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, obbliga l’autore del fatto al risarcimento nei...

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