Corte di Cassazione Penale sez. VI, 13 agosto 2018, n. 38544 (ud. 15 maggio 2018)

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giur giur
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LEGITTIMITÀ
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con rife-
rimento all’art. 317 c.p. (primo motivo dell’avvocato C. e
primo, terzo e quarto motivo dell’avv. P.).
Difetta il requisito dell’abuso costrittivo perchè l’impu-
tato non ha evocato l’esercizio di poteri spettanti all’am-
ministrazione di riferimento e la qualità di pubblico uf-
f‌iciale si pone in un rapporto di pura occasionalità, con
la funzione di rafforzare la condotta intimidatoria nei
confronti del soggetto passivo. Inoltre l’imputato è inter-
venuto nel corso di un controllo di polizia quando egli non
era in servizio; si è dunque al cospetto di una condotta
neppure commessa in occasione dell’uff‌icio.
Difetta la prova in ordine all’ottenimento della promes-
sa di una utilità oggettivamente apprezzabile. La promessa
deve essere seria ed effettiva. Nel presente caso emergeva
soltanto che P., mentre era già a bordo della propria auto
in procinto di andarsene, dato che il controllo era termi-
nato, si limitò a dire genericamente: «Io non voglio saper-
ne più niente di questa storia». Tale frase non può essere
ritenuta espressiva di alcuna promessa seria e vincolante.
Difetta anche la prova del vantaggio oggettivamente
apprezzabile poiché P. non era nelle condizioni di promet-
tere alcuna apprezzabile utilità al P. vista l’inesistenza di
un rapporto amoroso con la M. al momento del fatto.
Non è comunque quantif‌icabile un ipotetico vantaggio
di natura sentimentale su un futuro pretendente.
La qualif‌icazione giuridica corretta dunque è quella di
cui all’articolo 610 c.p. con l’aggravante dell’abuso della
qualità di pubblico uff‌iciale.
In ogni caso, anche a voler ritenere sussistente la fat-
tispecie concussiva, deve ritenersi si versi nell’ipotesi del
tentativo perchè l’evento non si è verif‌icato per la resisten-
za del privato. (Omissis)
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è fondato limitatamente alle statuizioni
civili della sentenza impugnata, statuizioni che devono,
conseguentemente essere eliminate. Per il resto il ricorso
è da rigettare per le ragioni di seguito esposte. (Omissis)
3. Ad ogni modo, va sottolineato che, come più volte
affermato da questo Giudice di legittimità, ai f‌ini del con-
trollo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura
giustif‌icativa della sentenza di appello si salda con quella
di primo grado, per formare un unico complessivo corpo
argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esa-
minando le censure proposte dall’appellante con criteri
omogenei a quelli del primo giudice ed operando fre-
quenti riferimenti ai passaggi logico-giuridici della prima
sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli
elementi di prova posti a fondamento della decisione (sez.
III, n. 44418 del 16 luglio 2013, Argentieri, Rv. 257595).
Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verif‌ica
non solo allorché i giudici di secondo grado abbiano esa-
minato le censure proposte dall’appellante con criteri
omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti
riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi lo-
gico-giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragio-
ne, quando i motivi di appello non abbiano riguardato ele-
menti nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze
già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di
primo grado (da ultimo, sez. III, n. 13926 del 1 dicembre
2011, dep. 12 aprile 2012, Rv. 252615). (Omissis)
5. Quanto alla censura relativa alla violazione di legge
e al vizio di motivazione con riferimento all’art. 317 c.p.,
deve rilevarsi che questa Suprema Corte ormai da tempo
ha affermato che, ai f‌ini della conf‌igurabilità del delitto
di concussione, l’espressione “altra utilità” di cui all’art.
317 c.p., ricomprende qualsiasi bene che costituisca per
il pubblico uff‌iciale (o per un terzo) un vantaggio, non
necessariamente economico, ma comunque giuridica-
mente apprezzabile; tale utilità, quindi, può consistere in
un “dare”, in un “facere”, in un vantaggio di natura patri-
moniale o non patrimoniale, purché sia ritenuto rilevante
dalla consuetudine o dal comune convincimento (sez. VI,
n. del 9 gennaio 1997, Raimondo).
Nell’ampiezza dell’accezione sono col tempo stati ri-
compresi anche il vantaggio di natura politica (sez. VI, n.
33843 del 19 giugno 2008, Lonardo; sez. VI, n. 21991 del 1
febbraio 2006, P.G. in proc. Piotino, Rv. 234613) e i favori
sessuali, dovendosi ritenere che gli stessi rappresentino
comunque un vantaggio per il pubblico funzionario che ne
ottenga la promessa o la effettiva prestazione (sez. VI, n.
48929 del 13 novembre 2015, Rv. 265476; sez. VI, n. 18372
del 21 febbraio 2013, Rv. 254728; sez. VI, n. 9528 del 9 gen-
naio 2009, Rv. 243048).
Deve, altresì, rilevarsi che il prospettare l’esercizio sfa-
vorevole del proprio potere discrezionale, al solo f‌ine di
costringere la persona offesa a una prestazione indebita,
integra certamente la minaccia di un danno ingiusto, in
quanto non funzionale al perseguimento del pubblico in-
teresse, ma chiaro indice di sviamento dell’attività ammi-
nistrativa dalla causa tipica.
In questa ipotesi, dunque, la persona offesa è certa-
mente vittima di concussione, in quanto si piega all’abuso
proprio per scongiurarne gli effetti per lei ingiustamente
dannosi (v., in motivazione, sez. un., n. 12228 del 24 otto-
bre 2013, dep. 14 marzo 2014, Rv. 258470).
5.1. Una linea interpretativa, quella ora indicata, che
nel caso in esame si fonda sulla prospettazione di una
minaccia ingiusta e sulla rilevata assenza di valide scelte
alternative da parte della persona offesa, e che questa Su-
prema Corte (sez. un., n. 12228 del 24 ottobre 2013, dep.
14 marzo 2014, cit.) ha inteso def‌inire allorquando ha af-
fermato che il delitto di concussione, di cui all’art. 317 c.p.
nel testo modif‌icato dalla L. n. 190 del 2012, è caratteriz-
zato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo
del pubblico agente che si attua, come avvenuto nel caso
in esame, mediante violenza o minaccia, esplicita o impli-
cita, di un danno contra ius da cui deriva una grave limi-
tazione della libertà di determinazione del destinatario, il
quale, senza alcun vantaggio indebito per sè, viene posto
di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo
con la dazione o la promessa di una utilità indebita.
5.2. Nel caso in esame, correttamente la Corte di appel-
lo ha osservato che è indubbio che l’imputato, Vice Que-
store della Polizia di Stato abbia abusato dei suoi poteri
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4.2. Ciò detto, occorre verif‌icare se il caso in esame
possa essere ricondotto in un comportamento contrario ai
principi di correttezza professionale di cui all’art. 2598 n. 3
c.c., così da verif‌icare se sussista o meno un contrasto giu-
risprudenziale che richieda l’assegnazione della decisione
alle Sezioni Unite della Corte di cassazione.
Orbene, non vi è dubbio che - come sottolineato cor-
rettamente dalla Corte di appello - l’imposizione di una
cooperativa f‌iltro per i grossisti ortofrutticoli impediti nel-
la libera scelta dell’autotrasportatore, costituisce vero e
proprio boicottaggio effettuato con violenza o minaccia,
impedendo di fatto agli autotrasportatori di altre aree ter-
ritoriali diverse da quelle di competenza del gruppo L.T. di
eseguire il trasporto da e per (omissis).
Parimenti non vi è dubbio sul fatto che la condotta del
ricorrente, come sopra delineata, possa qualif‌icarsi con-
traria alla correttezza professionale e idonea a danneggia-
re l’altrui azienda, perchè tesa a ostacolare la libera e le-
cita concorrenza nell’acquisizione di una fetta di mercato
del settore ove operano anche altre imprese.
Allo stesso modo non v’è dubbio che la stessa sia lesiva
della libera concorrenza, come concorrenza effettiva tra
imprese che competono liberamente nel mercato, nella
dimensione risultante dal quadro normativo comunitario
(artt. 101-106 TUE, art. 120 TFUE, art. 16 CEDU) che, in
considerazione del primato di questo sulla norma interna
in virtù degli artt. 11 e 117 Cost., si impone nell’interpreta-
zione dell’art. 2598 c.c.
In def‌initiva, si deve affermare il principio secondo il
quale nella nozione di atti contrari alla correttezza pro-
fessionale ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c. devono farsi ri-
entrare non solo quegli atti che direttamente sono tesi
a distruggere l’attività del concorrente, ma anche quegli
atti che sono diretti ad evitare che possa essere esercitato
un atto di concorrenza lecita, come quello della ricerca
di acquisizione di nuove fette di mercato. Dunque devo-
no ritenersi ricompresi nella condotta materiale del reato
di cui all’art. 513-bis c.p. anche gli atti impeditivi dello
svolgimento dell’altrui libera concorrenza (vedi la già ri-
chiamata: sez. II, n. 18122 del 13 aprile 2016, P.M. in proc.
Gencarelli, Rv. 266847).
E allora, il richiamo del ricorrente all’orientamento
giurisprudenziale secondo il quale occorre fare riferi-
mento alla nozione civilistica di atto di concorrenza ai
f‌ini dell’integrazione della condotta materiale del rea-
to di illecita concorrenza con violenza o minaccia di cui
all’art. 513-bis c.p., dovendo necessariamente ricompren-
dere tutte le ipotesi ivi previste, sia le condotte tipizzate
nei numeri 1) e 2), sia quella di chiusura del numero 3)
dell’art. 2598 c.c., non solo esclude la sostenuta irrilevanza
penale della condotta per la quale sono stati condannati i
ricorrenti, ma esclude l’esistenza di contrasto giurispru-
denziale per la cui risoluzione il ricorrente chiede che la
decisione sia assegnata alle Sezioni Unite di questa Corte
di Cassazione (sez. III, n. 3868 del 10 dicembre 2015 - dep.
29 gennaio 2016 - Rv. 266180; sez. II, n. 18122 del 13 aprile
2016, Rv. 266847; sez. VI, n. 24741 del 5 maggio 2015, Rv.
265603). (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 13 AGOSTO 2018, N. 38544
(UD. 15 MAGGIO 2018)
PRES. ROTUNDO – EST. VIGNA – P.M. DE MASELLIS (CONF.) – RIC. P.
Concussione y Elemento oggettivo y Abuso della
qualità pubblica y Condotta costrittiva della vit-
tima y Nel caso di funzionario di polizia y Che di-
spone un controllo nei confronti di un cittadino e
che dopo una serie di gravi minacce gli intima di
interrompere ogni contatto con una terza persona
cui l’agente in passato era stato legato sentimen-
talmente. y Conf‌igurabilità y Sussistenza.
. Bene è ritenuto conf‌igurabile il reato di concussione
(art. 317 c.p.), sussistendo tanto l’abuso della qualità
e dei poteri di pubblico uff‌iciale da parte dell’agente
quanto la costrizione della vittima alla promessa di una
indebita utilità, nel caso di un funzionario di polizia il
quale, dopo aver disposto l’effettuazione, ad opera di
suoi sottoposti, di un controllo nei confronti di un cit-
tadino, senza che ve ne fosse obiettiva necessità, sia in-
tervenuto nel corso dell’operazione ed abbia ottenuto
dallo stesso cittadino, mediante minaccia di sparargli e
di farlo sottoporre in futuro a continui controlli domi-
ciliari, la promessa di interrompere ogni contatto con
una terza persona cui l’agente medesimo era stato in
passato legato da una relazione sentimentale. (Mass.
Redaz.) (c.p., art. 317) (1)
(1) Sul concetto di utilità nel delitto in questione si veda Cass. pen.,
sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 48920, in questa Rivista 2016, 598. In
genere, per un inquadramento del reato in oggetto si veda Cass. pen.,
sez. un., 14 marzo 2014, n. 12228, in questa Rivista 2014, 565.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di
(omissis) ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale
di (omissis) in data 22 aprile 2015 con la quale P.A. era
condannato per il reato di concussione alla pena di anni
due di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore
della costituita parte civile.
1.1. Al P. è contestato, in qualità di Vice Questore ag-
giunto della Polizia di Stato, di avere abusato della sua
qualità e comunque dei suoi poteri, intervenendo senza
averne titolo e irritualmente nel corso di un controllo di
polizia che due suoi sottoposti, su sua richiesta, avevano
eseguito nei confronti di P.M. e costringendo il predetto,
con la minaccia, a promettergli indebitamente che avreb-
be interrotto le proprie frequentazioni con E.M., persona
alla quale egli era stato legato in precedenza da una rela-
zione sentimentale poi conclusa per volontà della donna.
La minaccia era consistito nello sputare in faccia più
volte al P. e nel rivolgergli le parole: «Tu la devi lasciare
stare a T. se no io ti sparo qua»; fatto commesso il 9 ottobre
2007. (Omissis)
2. Ricorre per cassazione P.A., a mezzo dei difensori di
f‌iducia, avvocato D.C. e avvocato M.P., con due distinti atti,
deducendo i seguenti motivi in parte comuni:

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