Corte di Cassazione Penale sez. IV, 30 maggio 2018, n. 24384 (ud. 26 aprile 2018)
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giur
Rivista penale 7-8/2018
LEGITTIMITÀ
Si tratta di giudizio che ha ad oggetto la concreta capa-
cità di accudimento della madre, capacità che può essere
limitata o impedita per ragioni di salute, di lavoro od altro,
ragioni, comunque, relative al genitore.
Il ricorso, invece, sostiene che si debba dare una diver-
sa interpretazione dell’impedimento all’assistenza da par-
te della madre, nel senso che si dovrebbe, secondo la dife-
sa, valutare anche la gravità della disabilità e la presenza
di altri figli da accudire, così da valutare la possibilità, o
meno, per la madre di fornire al figlio tutta l’assistenza
necessaria.
Il collegio riconosce che, in fatto, nel caso in esame,
considerata la gravità della condizione del figlio S.S., non
vi è dubbio che la madre, da sola, non è umanamente in
grado di prestare al figlio tutta la assistenza necessaria, e,
d’altra parte, le provvidenze che l’ordinamento riconosce
in caso di minori affetti da gravi handicap si fondano pro-
prio su tale considerazione.
Peraltro, l’interpretazione della norma proposta dalla
difesa risulta contraria alla lettera della norma e alla ratio
dell’istituto.
Infatti, la norma dà rilievo al padre come fruitore del
beneficio solo in funzione vicaria rispetto alla madre, che
è considerata dal legislatore come il genitore maggiormen-
te “votato” alla cura dei figli in tenera età o disabili, e ciò
risulta congruo rispetto alla principale finalità dell’istituto
che è quella della tutela del soggetto debole.
Tale ratio si è tradotta congruamente nella disposizio-
ne normativa, che richiede, per applicare l’istituto al pa-
dre, che l’assistenza ai figli da parte della madre manchi in
assoluto, per morte o per altra causa.
Nel caso in cui l’assistenza da parte della madre vi sia,
ma sia insufficiente, il dato non è stato considerato dal le-
gislatore così significativo, da renderlo prevalente rispetto
al valore costituito dalla effettività della potestà punitiva
da parte dello Stato.
Si tratta, d’altra parte, di valutazione che non appare
irragionevole, dato che, comunque, l’ordinamento già pre-
vede altre misure per sostenere i genitori, gravati dall’o-
nere di prestare cura e assistenza a un figlio con handicap
totalmente invalidante.
Infatti, la ratio dell’istituto in parola è di favorire il
mantenimento della relazione educativa ed assistenziale
tra genitori e figli, in conformità ai principi costituzionali,
e, in questo senso, congrua risulta la previsione di ricono-
scere una attenuazione della pretesa punitiva dello Stato
nel caso di figli minori o disabili e di impossibilità per la
madre di accudire il figlio.
La presenza, nella famiglia, di situazioni di disabilità,
anche di grado lieve, non è posta a carico esclusivo dei ge-
nitori, ma è anche onere dello Stato, in virtù del principio
solidaristico affermato dall’art. 3 Costituzione.
L’ordinamento costituzionale riconosce la specificità
della famiglia, insostituibile nella relazione affettiva ed
educativa con i figli, e, nel contempo, afferma essere do-
vere della comunità, e per essa delle autorità pubbliche,
farsi carico delle situazioni di handicap, anche presenti
nella famiglia.
L’applicazione di tali principi in presenza di una fami-
glia segnata dalla carcerazione di un genitore ha porta-
to alla attenuazione della potestà punitiva dello Stato al
fine di assicurare al figlio minore di anni dieci o disabile il
mantenimento della relazione educativa ed affettiva con
almeno un genitore.
La necessità di assicurare alle persone disabili tutta
l’assistenza necessaria è onere dello Stato, a prescinde-
re dalla situazione personale, anche di carcerazione, dei
genitori, ed è quindi coerente che il criterio di giudizio
sulla possibilità di assistenza della madre sia in funzione
del mantenimento della relazione con almeno un genitore,
e non dell’obiettivo di assicurare tutta la assistenza fami-
liare necessaria.
Così definito l’ambito applicativo della norma, non han-
no pregio le censure relative alla motivazione proposte dal
ricorso.
Invero, l’ordinanza ha dato atto della valida presenza
della madre, impegnata nella cura del figlio disabile e
degli altri figli minori, e in ordine a tale accertamento il
ricorso non ha proposto censura alcuna.
Il ricorso contesta che si possa considerare l’aiuto della
nonna materna, evidentemente condizionato da energie e
disponibilità personali, sempre revocabili. Il rilievo non è
pertinente, in quanto il Tribunale si è limitato a prendere
atto di una indicazione che era provenuta dalla stessa di-
fesa dell’istante.
Il motivo proposto risulta quindi infondato.
I rilievi esposti comportano il rigetto del ricorso, a pre-
scindere dalla considerazione dell’ulteriore motivo di im-
pugnazione, che risulta quindi assorbito.
5. Va dunque respinto il ricorso con condanna del ri-
corrente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 30 MAGGIO 2018, N. 24384
(UD. 26 APRILE 2018)
PRES. PICCIALLI – EST. PAVICH – P.M. TOCCI (DIFF.) – RIC. M.
Professioni intellettuali y Medici e chirurghi y
Colpa medica y Responsabilità colposa per morte o
lesioni personali y Art. 590 sexies c.p. y Introdotto
dalla L. 8 marzo 2017, n. 24, c.d. Gelli-Bianco y Im-
perizia y Nozione.
. In tema di colpa medica, non si può escludere l’impe-
rizia del medico solo in virtù del suo noto valore clinico,
non dovendo la nozione di imperizia essere rivolta al
soggetto nella sua complessiva attività e alle sue capa-
cità professionali, ma al singolo atto qualificato come
colposo e che viene a lui addebitato. (Nella fattispecie
ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva
erroneamente qualificato come imprudente la condot-
ta di un medico per la morte di una paziente deceduta
in seguito alle complicazioni post-operatorie) (Mass.
Redaz.) (c.p., art. 590 sexies) (1)
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