Corte di Cassazione Penale sez. III, 8 giugno 2018, n. 26259 (ud. 10 maggio 2018)

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giur
Rivista penale 7-8/2018
LEGITTIMITÀ
La presunzione legale in oggetto, ha chiarito la giuri-
sprudenza tributaria della Corte di cassazione, si articola
secondo due diverse modalità, distintamente previste nel-
la prima e nella seconda parte, secondo periodo, comma
primo del citato art. 32: a) i “dati ed elementi” attinenti
ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti
di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti
dagli artt. 38, 39, 40 e 41 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (
persone f‌isiche, titolari di reddito determinato in base alle
scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone
f‌isiche, redditi accertati d’uff‌icio); b) la presunzione lega-
le secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono consi-
derati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti
dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro
autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture
contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost.
con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegit-
timità della presunzione di maggiori compensi desumibile
dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro
autonomo). Dunque, mentre l’operazione bancaria di pre-
levamento conserva validità presuntiva nei confronti dei
soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie
di versamento hanno eff‌icacia presuntiva di maggiore di-
sponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti,
i quali possono contrastarne l’eff‌icacia adempiendo l’one-
re di dimostrare che “ne hanno tenuto conto ai f‌ini della
determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non
hanno rilevanza allo stesso f‌ine”.
Tale indirizzo ermeneutico muove dalla considerazione
che l’estensione della suddetta presunzione legale relati-
va anche altri compensi dei lavoratori autonomi fu dovuta
dapprima all’intervento della giurisprudenza di legittimità
e successivamente alla legge f‌inanziaria per il 2005 (Legge
numero 311 del 2004, articolo 1 comma 402-406), che su tale
quadro normativo si era innestata la pronuncia della Corte
costituzionale n. 228 del 2014, che aveva dichiarato l’ille-
gittimità costituzionale dell’articolo 32 comma 1 n. 2 D.P.R.
600 del 1973, nella parte in cui estendeva ai lavoratori au-
tonomi la citata presunzione relativa, seppur limitatamente
ai prelevamenti, restando dunque ferma l’equiparazione tra
imprese e professionisti con riguardo ai versamenti.
Dunque, in tema di accertamento, resta invariata la pre-
sunzione legale posta dall’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973
con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corren-
te dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi
è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali
movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esi-
to della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014,
l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e profes-
sionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti.
5. Il Tribunale cautelare non ha fatto corretta applica-
zione della norma di cui deve tener conto nell’applicazione
della legge penale ed ha, così, escluso il fumus commissi de-
licti erroneamente applicando la presunzione di cui all’art.
32 comma 1 n. 2 (e la connessa art. 51 per l’Iva) nella sua
esatta portata come sopra ricostruita, rilevando, per inciso,
che ratione temporis, non rileva per il caso in scrutinio la
norma intervenuta successivamente nel 2016. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 8 GIUGNO 2018, N. 26259
(UD. 10 MAGGIO 2018)
PRES. SAVANI – EST. GAI – P.M. MARINELLI (DIFF.) – RIC. M.
Pena y Sospensione condizionale y Subordinazione
del benef‌icio y All’obbligo dell’imputato di presta-
re attività non retribuita a favore della collettivi-
y Imputato già ammesso a fruire del benef‌icio
y Non opposizione dello stesso alla misura decisa
dal giudice y Manifestazione espressa y Necessità y
Contenuta in atti redatti dal difensore y Possibilità
y Esclusione.
. In tema di sospensione condizionale della pena, qua-
lora il benef‌icio venga concesso a persona che ne ab-
bia già usufruito, l’obbligatorietà, ai sensi dell’art. 165,
comma secondo, c.p., della sua subordinazione all’a-
dempimento di uno degli obblighi previsti dal comma
primo dello stesso articolo non comporta che, quando
l’obbligo prescelto dal giudice sia quello della presta-
zione di attività non retribuita a favore della collettivi-
tà, possa prescindersi dalla condizione costituita dalla
non opposizione da parte dell’imputato; condizione per
la realizzazione della quale deve ritenersi necessaria
una espressa manifestazione di volontà proveniente
dallo stesso imputato, con esclusione, quindi, della
possibilità che essa venga desunta da atti redatti dal
difensore, ivi compreso l’atto di appello. (Mass. Redaz.)
(c.p., art. 163; c.p., art. 165) (1)
(1) In senso conforme alla pronuncia in commento si veda Cass.
pen., sez. V, 17 febbraio 2014, n. 7406, in questa Rivista 2015, 200; in
senso difforme si veda Cass. pen., sez. II, 14 aprile 2017, n. 18712, in
www.latribunaplus.it nel senso che la non opposizione dell’imputa-
to allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità può essere contenu-
ta nell’atto di appello redatto dal difensore.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza in data 2 ottobre 2017, la Corte d’ap-
pello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Tri-
bunale di Brindisi con la quale M.A. era stato condannato,
alla pena di mesi sei di reclusione e € 600,00 di multa, per
il reato di cui all’art. 2, comma 1 bis del D.L. n. 463 del
1983, per avere omesso il versamento delle ritenute pre-
videnziali ed assistenziali operate nell’anno 2010, gli ha
concesso il benef‌icio della sospensione condizionale della
pena subordinato alla prestazione di attività lavorativa
non retribuita a favore della collettività per la durata di
tre mesi ed ha confermato nel resto l’impugnata sentenza.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato,
a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento de-
ducendo due motivi di ricorso.
– Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
alla prova della corresponsione delle retribuzioni da parte
dell’imputato in favore dei dipendenti non essendo emer-
sa la prova, non fornita dall’accusa, che l’imputato avesse
corrisposto gli stipendi ai dipendenti omettendo, poi, di
versare la quota previdenziale di sua spettanza all’Inps.

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