Corte di Cassazione Penale sez. I, 22 febbraio 2018, n. 8661 (C.C. 12 gennaio 2018)

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giur giur
Rivista penale 5/2018
LEGITTIMITÀ
5/2018 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
Si deduceva, in proposito, che il provvedimento impu-
gnato aveva eluso i principi affermati dalla Corte EDU nel
caso Contrada contro Italia, con cui lo Stato italiano era
stato condannato al pagamento di una somma a titolo di
danno morale, oltre che alle spese del procedimento, sul
presupposto che, nel procedimento svoltosi nei confron-
ti di Contrada e conclusosi con la sentenza emessa dalla
Corte di appello di Palermo il 25 febbraio 2006, divenuta
irrevocabile il 10 maggio 2007, si era concretizzata una
violazione dell’art. 7 CEDU.
Secondo la difesa del ricorrente, la decisione censurata
si fondava su una lettura disarmonica dei rapporti tra le
pronunzie della Corte EDU e l’ordinamento italiano, così
come disciplinati dalla Convenzione per la salvaguardia
dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali. A tale
disarmonia occorreva correlare un’ulteriore incongruità
argomentativa, conseguente al fatto che il Giudice dell’e-
secuzione romano aveva fondato il suo giudizio su un’erro-
nea ricostruzione degli effetti prodotti, in sede nazionale,
delle decisioni di condanna pronunciate della Corte EDU
nei confronti dello Stato italiano.
La Corte di appello di Roma, infatti, aveva disatteso il
contenuto della pronuncia della Corte EDU, senza dare
conto delle ragioni che le consentivano di disapplicare,
nel caso di specie, la decisione emessa nei confronti di
Contrada, i cui principi avevano una portata generale. Il
giudicato europeo formatosi sulla decisione intervenuta
nel caso Contrada contro Italia, dunque, poneva il Giudice
dell’esecuzione romano davanti all’obbligo, espressamen-
te previsto dall’art. 46 CEDU, di conformarsi alle sentenze
def‌initive della Corte EDU, rimuovendo tutte le conse-
guenze pregiudizievoli non solo nella vicenda giurisdizio-
nale oggetto di vaglio ma in tutte le ipotesi sovrapponibili
al caso presupposto.
Ricostruita in questi termini la cornice ermeneutica
nella quale si inseriva la decisione pronunciata dalla Cor-
te EDU nel caso Contrada contro Italia e l’obbligo di con-
formarsi a tale pronuncia del giudice nazionale, derivante
dalla previsione dell’art. 46 CEDU, la difesa di E. eviden-
ziava la necessità di applicare al caso di specie l’istituto
revocatorio dell’art. 673 c.p.p., ritenuto indispensabile per
eliminare dall’ordinamento italiano gli effetti processuali
della sentenza della Corte di appello di Roma, emessa il 14
novembre 2008.
2.1. In via subordinata al mancato accoglimento della
doglianza principale, la difesa di E. chiedeva la rimessione
alla Corte costituzionale della questione di legittimità del-
l’art. 673 c.p.p., in riferimento agli artt. 25 e 117 Cost., nella
parte in cui tale disposizione non prevede espressamente
la possibilità di revocare la sentenza di condanna per le
vicende giurisdizionali assimilabili a quella in esame.
Secondo la difesa di E., laddove non si ritenesse pos-
sibile attivare lo strumento revocatorio previsto dall’art.
673 c.p.p., l’incidente di costituzionalità, proposto in rife-
rimento agli artt. 25 e 117 Cost. Cost., costituiva una solu-
zione processuale inevitabile, onde evitare vuoti di tutela
normativa in danno del ricorrente.
Si evidenziava, in proposito, che tale questione era stata
già sollevata, nell’ambito dell’incidente di esecuzione pre-
supposto, davanti alla Corte di appello di Roma, che tutta-
via si era limitata ad affrontare la doglianza in questione in
termini assertivi e svincolati dalle risultanze processuali.
2.2. Le medesime doglianze venivano ribadite nelle me-
morie difensive del 19 dicembre 2017, prodotte anche in
replica alla requisitoria del Procuratore generale presso la
Corte di cassazione del 16 novembre 2017, con cui si chie-
deva il rigetto del ricorso proposto nell’interesse di A.E.
Queste considerazioni processuali imponevano l’annul-
lamento dell’ordinanza impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso proposto da A.E. è infondato.
2. In via preliminare, atteso il complesso andamento
della vicenda giurisdizionale di cui ci si occupa, appare
indispensabile ricostruire i vari passaggi attraverso cui si
è sviluppato il procedimento svoltosi nei confronti di A.E..
Nel giudizio di primo grado A.E. veniva condannato
dal Tribunale di Salerno, con sentenza emessa il 19 luglio
2000, per i reati di cui ai capi A e B; il primo dei due reati,
rilevante ai presenti f‌ini, veniva contestato all’imputato ai
sensi degli artt. 110 e 416-bis c.p. e risultava commesso
sino al novembre del 1991.
Con sentenza emessa il 29 novembre 2002 la Corte di
appello di Salerno, in accoglimento dell’impugnazione
proposta da A.E., riformava la decisione di primo grado,
assolvendo l’imputato con la formula dell’insussistenza
del fatto.
A seguito del ricorso del Procuratore generale di Sa-
lerno, la Corte di cassazione, con sentenza emessa il 4 no-
vembre 2003, annullava la decisione impugnata, rinviando
il procedimento alla Corte di appello di Roma, per l’ulte-
riore prosecuzione del giudizio.
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 14 no-
vembre 2015, giudicando in sede di rinvio, confermava la
condanna emessa dal Tribunale di Salerno il 19 luglio 2000
nei confronti di A.E..
La Corte di cassazione, con sentenza del 7 dicembre
2006, decidendo sul ricorso proposto da A.E., annullava
la sentenza impugnata, emessa il 14 novembre 2015, di-
sponendo il rinvio del procedimento ad altra sezione della
stessa Corte territoriale romana.
La Corte di appello di Roma, quindi, con sentenza del
14 novembre 2008, decidendo in sede di rinvio, conferma-
va la condanna per il reato di concorso esterno in associa-
zione maf‌iosa di cui al capo A e dichiarava la prescrizione
del reato di corruzione, contestato a E. al capo B, ridu-
cendo conseguentemente la pena inf‌litta all’imputato in 5
anni di reclusione.
Inf‌ine, con sentenza del 7 dicembre 2009, la Corte di
cassazione, decidendo sul ricorso proposto da A.E., rigetta-
va l’impugnazione, determinando il passaggio in giudicato
della condanna per il reato di concorso esterno in asso-
ciazione maf‌iosa, di cui all’originario capo A della rubrica,
emessa il 14 novembre 2008 dalla Corte di appello di Roma.
velata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispen-
sabile per la difesa dell’incolpato”: ne consegue - né po-
trebbe essere diversamente - che, in caso di utilizzo della
segnalazione in ambito penale, non vi è alcuno spazio per
l’anonimato - rectius: per il riserbo sulle generalità - in tal
senso essendo altresì signif‌icativa l’espressa salvezza delle
ordinarie previsioni di legge operata dal comma 1 della
succitata norma, per il caso che la denuncia integri gli
estremi dei reati di calunnia o diffamazione, ovvero anco-
ra sia fonte di responsabilità civile, ai sensi dell’art. 2043
di quel codice. Il chè trova ancor più tangibile riscontro
nella recentissima modif‌ica del detto art. 54 bis di cui alla
legge 30 novembre 2017 n. 179 (pubblicata sulla Gazzet-
ta Uff‌iciale del 14 dicembre 2017), ove, con disciplina più
puntuale, coerentemente alla perseguita f‌inalità di appre-
stare un’eff‌icace tutela del dipendente pubblico che riveli
illeciti, è precisato espressamente che, “Nell’ambito del
procedimento penale, l’identità del segnalante è coperta
dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall’articolo 329
La prospettazione difensiva va, dunque, senz’altro di-
sattesa, per l’effetto risultando irrilevanti i copiosi richia-
mi alla condivisibile giurisprudenza, anche del Consiglio
di Stato, in tema di anonimato. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. I, 22 FEBBRAIO 2018, N. 8661
(C.C. 12 GENNAIO 2018)
PRES. BONITO – EST. CENTONZE – P.M. ORSI (CONF.) – RIC. E.
Associazione per delinquere y Associazione di
tipo maf‌ioso y Partecipazione y Concorso esterno y
Condanna def‌initiva per tale ipotesi di reato y Re-
voca ex art. 673 c.p.p. y Esclusione.
. In tema di concorso esterno in associazioni di tipo
maf‌ioso, deve escludersi che la condanna def‌initiva
per tale ipotesi di reato possa essere soggetta a revoca
ai sensi dell’art. 673 c.p.p., sulla base della rappresen-
tata identità di situazione rispetto a quella formante
oggetto della sentenza della Corte europea dei diritti
dell’uomo 14 aprile 2015, nel caso Contrada c. Italia,
non potendo al riguardo invocarsi il disposto dell’art.
46 CEDU, che impone alle Alte Parti contraenti l’obbli-
go conformarsi alle sentenze def‌initive di detta Corte,
dal momento che tale obbligo è da intendersi limitato
al solo caso di cui si controverte in ciascuna senten-
za; il che vale anche con riguardo alla ritenuta quali-
f‌icabilità, nella citata sentenza Contrada, del reato di
concorso esterno in associazione di tipo maf‌ioso come
reato di mera creazione giurisprudenziale; qualif‌icabi-
lità, quella anzidetta, che, peraltro, non considera che
l’ordinamento italiano, siccome basato sui principi di
legalità e tassatività, non può contemplare la creazio-
ne di fattispecie penali ad opera della giurisprudenza.
(Mass. Redaz.) (c.p.p., art. 673) (1)
(1) Si rinvia alla citata sentenza Cass. pen., sez. I, 20 settembre 2017,
n. 43112, in questa Rivista 2018, 379, con nota di D. GIANNELLI e A.
DI TULLIO D’ELISIIS, Il reato di concorso esterno in associazione
maf‌iosa. In dottrina, in tema di concorso esterno, si vedano: ANTO-
NIO ESPOSITO, Il reato di concorso esterno in associazione non è
di origine giurisprudenziale, in questa Rivista 2016, 811; VALERIO
VARTOLO, Il concorso esterno in associazione maf‌iosa tra legislazio-
ne e giurisprudenza, ivi 2016, 618.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Roma
dichiarava l’inammissibilità dell’incidente di esecuzione
proposto da A.E., f‌inalizzato a ottenere la revoca della sen-
tenza di condanna emessa dalla stessa Corte territoriale il
14 novembre 2008, divenuta irrevocabile il 7 dicembre 2009,
con la quale l’istante era stato condannato alla pena di 5
anni di reclusione per l’ipotesi delittuosa di cui agli artt. 110
e 416-bis c.p., commessa a Napoli sino al novembre del 1991.
Con l’incidente di esecuzione presupposto si chiede-
va alla Corte di appello di Roma che venissero applicati
al condannato i principi enunciati dalla Corte EDU il 14
aprile 2015, nel caso Contrada contro Italia, in cui la Corte
adita aveva affermato, nel paragrafo 75 di tale decisione,
che la fattispecie di concorso esterno in associazione di
tipo maf‌ioso era «il risultato di una evoluzione giurispru-
denziale iniziata verso la f‌ine degli anni ottanta e conso-
lidatasi nel 1994 con la sentenza delle Sezioni Unite della
Corte di cassazione del 5 ottobre 94, “Demitry” [...]» e che,
all’epoca in cui erano stati commessi, i fatti contestati «al
ricorrente (1979-1988), il reato in questione non era suf-
f‌icientemente chiaro e prevedibile per quest’ultimo [...]».
Per queste ragioni, la Corte EDU condannava lo Stato
italiano, per violazione dell’art. 7 CEDU, al versamento in
favore di Contrada della somma di 10.000,00 euro a titolo
di danno morale e dell’ulteriore somma di 2.500,00 euro
per le spese del procedimento.
1.1. In questa cornice, si inseriva l’incidente di ese-
cuzione proposto da A.E. davanti alla Corte di appello di
Roma, con il quale si chiedeva la revoca della sentenza
emessa dalla stessa Corte territoriale il 14 novembre 2008,
che, secondo la difesa del condannato, si imponeva, ai sen-
si dell’art. 673 c.p.p., per effetto della decisione emessa
dalla Corte EDU il 14 aprile 2015, il cui obbligo di confor-
mazione nell’ordinamento interno discendeva dall’appli-
cazione dell’art. 46 CEDU.
A fronte di tali deduzioni difensive, il Giudice dell’e-
secuzione romano evidenziava che, nel caso in esame, la
Corte EDU non aveva affermato l’applicazione in termini
generali dei principi enunciati nel caso Contrada contro
Italia, con la conseguenza che, in assenza di specif‌iche in-
dicazioni ermeneutiche nella direzione invocata in favore
di E., il provvedimento revocatorio richiesto non poteva
essere adottato, senza che un siffatto respingimento impli-
casse l’elusione dell’art. 46 CEDU, al contrario di quanto
affermato nell’incidente di esecuzione oggetto di vaglio.
2. Avverso tale ordinanza A.E. ricorreva per cassazione,
a mezzo dell’avvocato Nicola Mazzacuva, deducendo vio-
lazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento
impugnato, in riferimento agli artt. 630 e 673 c.p.p.

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