Corte di Cassazione Penale sez. un., 26 gennaio 2018, n. 3775 (C.C. 21 dicembre 2017)

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Rivista penale 3/2018
Contrasti
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. UN., 26 GENNAIO 2018, N. 3775
(C.C. 21 DICEMBRE 2017)
PRES. CANZIO – EST. MONTAGNI – P.M. CANEVELLI (CONF.) – RIC. MIN.
GIUSTIZIA IN PROC. TUTTOLOMONDO
Istituti di prevenzione e pena (ordinamento
penitenziario) y Procedimento di sorveglianza y
Provvedimenti y Rimedi risarcitori previsti dall’art.
35 ter L. n. 354/1975 y Ricorso per Cassazione del
Ministero di Giustizia y Condanna alle spese in caso
di rigetto od inammissibilità y Esclusione.
. Il Ministero della giustizia, ricorrente avverso il prov-
vedimento del Tribunale di sorveglianza emesso ai sen-
si degli artt. 35-bis e 35-ter, L. n. 354 del 1975, non deve
essere condannato al pagamento delle spese proces-
suali e al pagamento di una somma in favore della cassa
delle ammende, nel caso di rigetto od inammissibilità
del ricorso, ai sensi dell’art. 616, c.p.p. (Mass. Redaz.)
(c.p.p., art. 616; l. 26 luglio 1975, n. 354, art. 35 bis; l.
26 luglio 1975, n. 354, art. 35 ter) (1)
(1) Sulla questione oggetto della massima in commento si registra-
no due opposti orientamenti giurisprudenziali. Secondo il primo,
sostenuto da Cass. pen., sez. I, 19 dicembre 2014, n. 53012, in CED
Cassazione penale, RV 261306, il Ministero deve essere condannato
al pagamento delle spese processuali qualora venga respinto il suo
ricorso per Cassazione avverso il provvedimento del magistrato di
sorveglianza avente ad oggetto le doglianze del detenuto in ordine
al rispetto dello spazio individuale minimo intramurario. Il secondo
indirizzo, a cui aderisce la sentenza in epigrafe, nega che il Ministero
della Giustizia, ricorrente per Cassazione avverso il provvedimento
del tribunale di sorveglianza, possa essere condannato, nel caso di
soccombenza, al pagamento delle spese processuali, in quanto rive-
ste la qualità di parte pubblica. In tal senso, v. Cass. pen., sez. I, 26
giugno 2017, n. 31475, in www.latribunaplus.it.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Ministero della giustizia, rappresentato dall’Avvo-
catura generale dello Stato, ha proposto ricorso per cassa-
zione avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di
Firenze indicata in epigrafe con la quale è stato respinto
il reclamo proposto dall’Amministrazione penitenziaria
avverso il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza
di Pisa che, in accoglimento parziale della istanza presen-
tata dal detenuto David Tuttolomondo, aveva disposto a
titolo di risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 35-ter
ord. pen., una riduzione di ottantasei giorni di pena deten-
tiva ancora da espiare ed euro 16,00 per compensazione
monetaria.
Con unico motivo l’Uff‌icio ricorrente deduce violazio-
ne degli artt. 35-ter ord. pen., 2935 e 2947 c.c., dolendosi
del mancato accoglimento dell’eccezione di intervenuta
prescrizione quinquennale del diritto, in riferimento ai
periodi detentivi anteriori all’8 luglio 2009. Osserva che
erroneamente il Tribunale ha ritenuto che la domanda ex
art. 35-ter ord. pen. avesse natura indennitaria, anziché
risarcitoria, e che la prescrizione non potesse decorrere da
una data antecedente a quella in cui la pretesa era dive-
nuta azionabile, per effetto del D.L. 26 giugno 2014, n. 92,
convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 117.
Si assume che l’istanza ex art. 35-ter ord. pen. è ricon-
ducibile ad un’azione di risarcimento del danno, introdotta
per l’ipotesi in cui il detenuto subisca pregiudizi derivanti
dalla degradante condizione detentiva; e che la riduzione
di pena introdotta dall’art. 35-ter, costituisce un’ipotesi di
risarcimento del danno in forma specif‌ica. Si rileva poi che
la novella del 2014 non ha introdotto un nuovo diritto sog-
gettivo precedentemente non azionabile ma ha soltanto
innovativamente disciplinato le modalità risarcitorie del
danno di cui si tratta.
Osserva il Ministero ricorrente che la violazione del
diritto ad una detenzione conforme all’art. 3 CEDU costi-
tuisce un danno ingiusto risarcibile ai sensi dell’art. 2043
c.c.; con la conseguenza che tale diritto poteva essere
fatto valere anche in data antecedente alla introduzione
dell’art. 35-ter ord. pen., sicché deve ritenersi maturata
la prescrizione relativa alla detenzione subita prima del
quinquennio anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 92
del 2014.
2. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha
chiesto il rigetto del ricorso. Osserva che la giurispruden-
za di legittimità ha chiarito la peculiarità dell’istituto in-
trodotto dall’art. 35-ter ord. pen., di ispirazione solidari-
stica e di indubbia connotazione pubblicistica, di talché
privo di fondamento è il richiamo alla disciplina della pre-
scrizione quinquennale stabilita dalle norme che regolano
l’esercizio delle azioni civili tra privati, senza alcun rilievo
pubblicistico.
3. Con ordinanza del 21 luglio 2017 la Prima Sezione
penale ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite per la solu-
zione della seguente questione di diritto, oggetto di contra-
sto giurisprudenziale: “se il Ministero della giustizia, ricor-
rente avverso provvedimento del Tribunale di sorveglianza
emesso ai sensi degli artt. 35-bis e 35-ter, legge n. 354 del
1975, debba essere condannato al pagamento delle spese
processuali ed eventualmente al pagamento di una somma
in favore della cassa delle ammende, nel caso di rigetto o
d’inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.”

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