Corte di Cassazione Penale sez. II, 2 luglio 2015, n. 28081 (ud. 2 giugno 2015)

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4/2016 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
ne costituiva il frutto o il reimpiego, il creditore deve di-
mostrare di avere ignorato in buona fede il suddetto nesso
di strumentalità.
La prova dei requisiti sub b) e c), ovviamente, non può
che essere data al momento della concessione del credito,
essendo del tutto irrilevanti le vicende successive delle
quali il creditore non poteva essere a conoscenza.
La buona fede, come si desume, poi, dall’art. 52/3
D.L.vo cit., può essere provata attraverso «le condizioni
delle parti, i rapporti personali e patrimoniali tra le stesse
e del tipo di attività svolta dal creditore, anche con rife-
rimento al ramo di attività, alla sussistenza di particolari
obblighi di diligenza nella fase precontrattuale nonchè, in
caso di enti, alle dimensioni degli stessi»: si tratta di una
norma che indica i criteri di valutazione che il tribunale
deve seguire per stabilire se il creditore fosse o meno in
buona fede ma che non esaurisce l’ambito della prova del
creditore non trattandosi, con tutta evidenza, di un elenco
tassativo ma solo di un elenco di criteri di massima.
2.3. Il legislatore, come si è appena illustrato, ha, quin-
di, preso in esame e disciplinato l’ipotesi che a proporre la
domanda sia il creditore originario e cioè colui che mutuò
delle somme di denaro al proposto.
Sennonché, com’è ben noto, le vicende del rapporto ob-
bligatorio non sono statiche in quanto ben possono essere
soggette a modif‌iche sia dal lato attivo che dal lato passivo.
Limitando, per ovvie ragioni, l’analisi al caso di specie,
vi è, pertanto, da chiedersi cosa il creditore deve provare,
ai f‌ini della propria buona fede, ove egli non sia il creditore
originario essendogli il credito pervenuto a seguito di una
o più modif‌icazioni del lato attivo del rapporto obbligatorio.
Nel caso di specie, al ricorrente Italfondiario (e, per
esso a Castello Finance S.r.l.) il credito pervenne a seguito
di cessione da parte dell’originaria creditrice Carical S.p.a..
La domanda che, quindi, occorre porsi è la seguente: il
cessionario Castello Finance S.r.l. (e, per essa, il ricorren-
te Italfondiario) deve provare la buona fede del suo dan-
te causa (Carical S.p.a.), o, avendo acquistato il credito
quando risultava già la trascrizione del sequestro, non può
provare neppure la sua buon fede dovendo la domanda es-
sergli automaticamente respinta?
La risposta a questa domanda non può prescindere
dalla disposizione di cui al cit. art. 52 D.L.vo che, al primo
comma, in modo tassativo, dispone che «La conf‌isca non
pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti
aventi data certa anteriore al sequestro, nonchè i diritti
reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro
[...]»: quindi, qualsiasi terzo creditore e non solo il terzo
creditore originario e cioè colui che mutuò delle somme di
denaro al proposto.
La legge, sul punto, non distingue e, quindi, non può
prescindersi da questo inequivoco dato letterale in base
al quale il terzo (sia esso il creditore originario che il cre-
ditore ad esso succeduto in virtù di negozi giuridici) che
sia diventato creditore del proposto in data successiva alla
trascrizione del sequestro, è costituito ipso iure in mala
fede, secondo l’interpretazione che si è data dell’art. 52
D.L.vo cit. (supra § 2.2.).
Va, quindi, data continuità a quella giurisprudenza di
questa Corte (pure richiamata nel decreto impugnato)
secondo la quale «il terzo cessionario di credito garanti-
to da ipoteca su beni sottoposti a sequestro e a conf‌isca
di prevenzione gode della medesima tutela del creditore
originario, al quale viene riconosciuta a condizione che
risultino l’anteriorità dell’iscrizione del titolo o dell’ac-
quisto del diritto rispetto al provvedimento cautelare o
ablativo intervenuto nel procedimento di prevenzione e la
sua buona fede, intesa come aff‌idamento incolpevole, non
potendosi ritenere suff‌iciente che tali condizioni siano re-
alizzate in capo al cedente»: Cass. 16743/2008 Rv. 239625.
Ogni altra questione (in specie la prova della buona
fede originaria del cedente), resta quindi assorbita e del
tutto irrilevante ai f‌ini della decisione.
Solo ad abundantiam, si può rilevare che, comunque,
anche ove si volesse ritenere che il creditore acquirente, in
epoca successiva alla trascrizione del sequestro, di un cre-
dito sorto anteriormente al suddetto sequestro, sia legitti-
mato a provare la buona fede del suo dante causa, nel caso
di specie, la motivazione del Tribunale [censurabile solo
sotto il prof‌ilo della violazione di legge e non per i vizi di cui
all’art. 606 lett. e) c.p.p.], non si presta ad alcuna censura.
Infatti, sul punto, la motivazione è amplissima, logica
e coerente con gli evidenziati elementi fattuali, sicchè,
non essendo ravvisabile alcuna violazione di legge (sotto
il prof‌ilo dell’apparenza), la censura della ricorrente, in-
volgendo, a ben vedere, vizi motivazionali di cui all’art. 606
lett. e) c.p.p., non può trovare accoglimento.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricor-
rente al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 2 LUGLIO 2015, N. 28081
(UD. 2 GIUGNO 2015)
PRES. ESPOSITO – EST. PELLEGRINO – P.M. BALDI (DIFF.) – RIC. CORVO
Reato y Estinzione (Cause di) y Prescrizione y So-
spensione del corso della prescrizione y Cause y Rin-
vio del dibattimento su concorde richiesta dell’im-
putato e della parte civile y Rilevanza y Esclusione
y Ragioni.
. Il rinvio del dibattimento disposto dal giudice in ac-
coglimento della concorde richiesta delle difese (di
imputato e di parte civile), nulla opponendo il pubblico
ministero, non determina la sospensione del termine
di prescrizione, non potendosi ricomprendere detta
tipologia di differimento, fatta propria anche dalla
parte civile, nelle ipotesi di sospensione di cui all’art.
159, comma primo n. 3 c. p., che si riferiscono a rinvii
dell’udienza conseguenti a richiesta che provenga solo
dall’imputato o dal suo difensore. (c.p., art. 159) (1)
(1) In senso difforme si vedano Cass. pen., sez. VII, 4 marzo 2015, n.
9466, in questa Rivista 2015, 919 e Cass. pen., sez. V, 13 giugno 2014,
n. 25444, in CED, RV 260414, le quali espressamente sostengono che
il rinvio del processo, disposto sull’accordo delle parti, comporti la

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