Corte di Cassazione Penale sez. IV, 3 febbraio 2016, n. 4527 (c.c. 20 ottobre 2015)
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4/2016 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
giurisprudenziale rammentato in particolare, per quanto
qui rilevante, in punto di sequestro; ma così, ad avviso del
Collegio, non può ritenersi.
Un primo chiarimento si impone a proposito della no-
zione di “impegno”: la dizione, con tutta evidenza atecnica,
utilizzata dalla norma, potrebbe suggerire come sufficien-
te ai fini dell’esclusione della confisca (nei termini di cui
subito dopo si dirà) la mera esternazione unilaterale del
proposito di adempiere al pagamento svincolata da ogni
scadenza e da ogni obbligo formale nei confronti della con-
troparte; ma una tale conclusione condurrebbe a far dipen-
dere la operatività della sanzione, in contrasto con i criteri
di logicità e ragionevolezza che devono sempre presiedere
all’operazione interpretativa, e in maniera tale da condurre
ad una sostanziale neutralizzazione generalizzata dell’isti-
tuto, da propositi unilaterali e per di più sforniti di ogni
sanzione in caso di mancato rispetto dell’impegno assunto.
È per tale motivo, dunque, che non può non privile-
giarsi una possibile seconda opzione interpretativa, ovve-
ro quella volta a circoscrivere l’area di applicabilità della
previsione ai soli casi di un obbligo assunto in maniera
formale e nei quali non potrebbe non rientrare l’ipotesi di
specie di un accordo per il pagamento rateale del debito
d’imposta intervenuto con l’Agenzia delle Entrate.
Ciò che, tuttavia, escluderebbe che, nella specie, si
possa giungere, come invocato dalla ricorrente, all’obli-
terazione del sequestro operato riposa, a ben vedere, nel
secondo aspetto della norma analizzata, laddove cioè la
stessa ammette che la confisca “non operi”, così letteral-
mente recitando il testo, pur “in presenza di sequestro”:
ora, escluso per evidenti ragioni discendenti dalla neces-
sità di attribuzione di un senso logico alla norma, che il
legislatore abbia inteso costruire una disposizione in-
trinsecamente contraddittoria, ammettendo da un lato il
sequestro e tuttavia, dall’altro, negando la ragione dello
stesso posto che la confisca in vista della quale il sequestro
ex art. 321, comma 2, c.p.p. sarebbe disposto non potrebbe
essere adottata, deve necessariamente ritenersi che la lo-
cuzione “non opera” non significa affatto che la confisca, a
fronte dell’accordo rateale intervenuto, non possa essere
adottata ma che la stessa non divenga, più semplicemente,
efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno
salvo ad essere “disposta”, come recita il comma 2 dell’art.
12 bis cit., allorquando l’impegno non venga rispettato e
il versamento “promesso” non si verifichi; e proprio tale
ultima previsione finale pare, anzi, dimostrare che la fun-
zione del sequestro, pur a fronte di impegno a versare in
toto la somma dovuta, sarebbe proprio quella di garantire
l’efficacia della confisca una volta constatato l’eventuale
inadempimento di quanto in precedenza promesso.
Da tutto ciò esposto, dunque, deriva che, anche in pre-
senza di piano rateale di versamento, la confisca continua
ad essere consentita per gli importi che non siano stati
ancora corrisposti così continuando ad essere consentito
anche il sequestro a detta confisca finalizzato.
5. In definitiva, dunque, il ricorso, infondato, va riget-
tato con conseguente condanna della ricorrente al paga-
mento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 3 FEBBRAIO 2016, N. 4527
(C.C. 20 OTTOBRE 2015)
PRES. ZECCA – EST. DOVERE – P.M. X (DIFF.) – RIC. CAMBRIA
Reato y Estinzione (Cause di) y Sospensione del
processo con messa alla prova ex art. 168 c.p. y
Corrispondenza tra la formulazione dell’accusa e
l’applicazione del beneficio y Correttezza della qua-
lificazione giuridica attribuita al fatto dall’accusa y
Verifica y Da parte del giudice y Fattispecie in tema
di rigetto del ricorso dell’imputato con il quale si
lamentava la mancata derubricazione del reato.
. Il giudice al quale sia richiesta la sospensione del
procedimento con messa alla prova, ai sensi dell’art.
168 bis c.p., è tenuto a verificare, ai fini del riscontro
circa la compatibilità tra la formulazione dell’accusa
ed i limiti entro i quali è consentita l’applicazione del
beneficio, la correttezza o meno della qualificazione
giuridica attribuita al fatto dall’accusa e può, in caso di
esito negativo di detta verifica, modificarla. (Nella spe-
cie la Corte, pur enunciando tale principio, ha tuttavia
rigettato il ricorso con il quale si lamentava la mancata
derubricazione del reato di cui ai commi 1 e 1 bis del
T.U. sugli stupefacenti in quello di cui al comma 5 dello
stesso articolo, rilevando che nell’istanza a suo tem-
po avanzata al giudice per l’applicazione dell’art. 168
bis c.p. non era stato esplicitamente rappresentata la
necessità di dar luogo a detta derubricazione). (Mass.
Redaz.) (c.p., art. 168; c.p.p., art. 464 quater; d.p.r. 9
ottobre 1990, n. 309, art. 73) (1)
(1) Nello stesso senso è l’orientamento di Cass. pen., sez. II, 17 feb-
braio 2015, n. 6859, in Ius&Lex dvd n. 1/2016, ed. La Tribuna. Per utili
riferimenti sul tema, in relazione agli imputati minorenni, si veda Cass.
pen., sez. VI, 29 settembre 2014, n. 40312, in questa Rivista 2015, 391.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Cambria Zurro Gaetano Calogero propone ricorso
per cassazione avverso il provvedimento indicato in epi-
grafe con il quale il Tribunale di Patti ha rigettato l’istanza
di sospensione del procedimento per messa alla prova, di
cui all’art. 168-bis c.p.
Il ricorrente censura che il Tribunale abbia fondato il
proprio giudizio sull’assenza del parere obbligatorio del
P.M., che in realtà era stato reso, e sull’essere il reato per
cui si procede punito con pena detentiva superiore al limi-
te indicato nel predetto art. 168-bis c.p. Per l’esponente il
reato in parola, infatti, attenendo alla illecita detenzione
di circa cento grammi di marijuana, tenuto conto delle cir-
costanze dell’azione e dello stato di tossicodipendenza del
Cambria Zurro, integra l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5
T.U. Stup., punito con la pena della reclusione non supe-
riore nel massimo a quattro anni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Il ricorso è infondato.
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