Corte di Cassazione Penale sez. V, 20 gennaio 2016, n. 2299 (ud. 17 settembre 2015)

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giur
Rivista penale 3/2016
LEGITTIMITÀ
riconosciuto che in materia di sequestro il giudice del ri-
esame deve avere riguardo al fatto in relazione al quale si
rappresenta l’esistenza di un fumus di reato, ben potendo
confermare il provvedimento anche sulla base di una di-
versa qualif‌icazione giuridica di tale fatto (sez. VI n. 24126
del 8 maggio 2008, Rv. 240370; sez. I n. 41948 del 14 ottobre
2009, Rv. 245069): nel caso di specie, infatti, il Tribunale,
con riferimento al medesimo fatto come sopra rappresen-
tato, ha legittimamente ritenuto di dovere confermare il
provvedimento impugnato, sia pure in relazione ai reati
di riciclaggio o di autoriciclaggio, quantomeno nella fat-
tispecie tentata.
4.2 Le circostanze sopra ricordate evidenziano anche
la manifesta infondatezza del secondo motivo di impugna-
zione, concernente la verif‌ica della concreta sussistenza
degli elementi costitutivi dell’ipotesi accusatoria, che si
sostiene omessa dal provvedimento impugnato, atteso che
le congrue argomentazioni dinanzi riportate evidenziano,
invece, come i giudici del riesame abbiano individuato una
pluralità di elementi concreti che consentono di ricono-
scere l’astratta conf‌igurabilità del reato ipotizzato, null’al-
tro essendo richiesto in questa fase. Come ripetutamente
ricordato da questa Corte, infatti, in sede di riesame del
sequestro probatorio il Tribunale è chiamato a verif‌icare
l’astratta conf‌igurabilità del reato ipotizzato, valutando il
“fumus commissi delicti” in relazione alla congruità degli
elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un
giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, ma con
riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la
notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori
indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non
altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all’inda-
gato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’au-
torità giudiziaria (sez. III, n. 15254 del 10 marzo 2015, Rv.
263053; sez. V, n. 24589 del 18 aprile 2011, Rv. 250397).
4.3 Manifestamente infondato è inf‌ine anche l’ultimo
motivo del ricorso, concernente l’ipotesi di reato di cui
all’art. 648 ter1 c.p., introdotto dalla L. 14 dicembre 2014,
n. 186, attesa l’irrilevanza della realizzazione, in epoca
antecedente l’entrata in vigore di tale normativa, delle
condotte di cui all’art. 4, D.L.vo n. 74 del 2000, assunte ad
ipotesi di reato presupposto: va premesso che impropria-
mente viene invocato il principio di irretroattività della
legge penale di cui all’art. 2 c.p., in relazione ad un reato,
quale quello di autoriciclaggio, nel quale soltanto il reato
presupposto si assume commesso in epoca antecedente
l’entrata in vigore della L. 15 dicembre 2014, n. 186, ma
quando comunque lo stesso reato era già previsto come
tale dalla legge, mentre l’elemento materiale del reato di
cui all’art. 648 ter, risulta posto in essere in data 7 luglio
2015, ben successivamente all’introduzione della predet-
ta normativa, e soprattutto non può ritenersi signif‌icati-
vo che il Tribunale del riesame non abbia esplicitamente
argomentato sul punto, dovendosi ritenere assorbente il
rilievo che il Tribunale abbia comunque ritenuto conf‌igu-
rabile “un’ipotesi accusatoria relativamente ad una con-
dotta di riciclaggio” - di per sè suff‌iciente a giustif‌icare
il sequestro - pur riconoscendo che in questa fase delle
indagini “l’incolpazione e necessariamente f‌luida”, tanto
da ritenere non preclusa nemmeno l’ipotesi dell’autorici-
claggio, quantomeno nella fattispecie tentata.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso
consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dell’im-
putato che lo ha proposto al pagamento delle spese del
procedimento, nonchè - ravvisandosi prof‌ili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità - al paga-
mento a favore della Cassa delle ammende di una somma
che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella
sentenza n. 186 del 2000, sussistendo prof‌ili di colpa, si
stima equo determinare in Euro 1.000,00. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. V, 20 GENNAIO 2016, N. 2299
(UD. 17 SETTEMBRE 2015)
PRES. MARASCA – EST. ZAZA – P.M. FILIPPI (DIFF.) – RIC. X
Atti persecutori y Stalking y Perseguibilità a que-
rela y Irrevocabilità della querela y Condizioni.
. È irrevocabile la querela presentata per il reato di atti
persecutori quando la condotta sia stata realizzata con
minacce gravi. (Mass. Redaz.) (c.p., art. 609 bis; c.p.,
art. 612; c.p., art. 612 bis; c.p.p., art. 339) (1)
(1) Sulla procedibilità del reato di atti persecutori, nell’ipotesi di
connessione prevista dall’ultimo comma dell’art. 612 bis c.p., v. Cass.
pen., sez. I, 23 luglio 2014, n. 32787, in questa Rivista 2015, 586 e
Cass. pen., sez. V, 28 marzo 2013, n. 14692, ivi 2014, 222. Utili rag-
guagli in tema di decorrenza del termine per la proposizione della
querela si rinvengono in Cass. pen., sez. V, 23 aprile 2015, n. 17082, in
Ius&Lex dvd n. 1/2016, ed. La Tribuna.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Milano del 18 giugno 2014, veni-
va confermata l’affermazione di responsabilità di X per il
reato di cui all’art. 612 bis c.p., commesso in (omissis) in
danno di Y, dopo la cessazione della relazione sentimentale
con la stessa, telefonandole continuamente, rivolgendole
ingiurie e minacce, appostandosi sotto la di lei abitazione,
seguendola f‌ino al luogo di lavoro e costringendola ad ab-
bandonare l’abitazione ed a rifugiarsi presso la madre. La
sentenza di primo grado era riformata con l’assoluzione
dell’imputato per insussistenza del fatto dall’ulteriore im-
putazione del reato di cui all’art. 609 bis c.p. e la rideter-
minazione della pena in anni tre e mesi tre di reclusione.
L’imputato ricorrente deduce:
1. violazione di legge sull’omessa declaratoria di estin-
zione del reato per intervenuta remissione di querela; pre-
messo che le querele presentate dalla persona offesa ve-
nivano rimesse il 10 gennaio 2014, che in conseguenza di
ciò veniva dichiarata in primo grado l’estinzione dei conte-
stati reati di percosse, minacce e lesioni e che tale effetto
estintivo non veniva in quella sede ritenuto per il reato di
atti persecutori in ragione della connessione dello stesso
con il reato di violenza sessuale, l’assoluzione in appello

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