Corte di Cassazione Penale sez. II, 7 luglio 2015, n. 28804 (ud. 18 giugno 2015)

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Rivista penale 2/2016
LEGITTIMITÀ
Alla luce di quanto detto emerge quindi che per quanto
concerne gli imputati Camilletti e Campobassi il reato in
contestazione agli stessi si è estinto per intervenuta pre-
scrizione in epoca successiva alla pronuncia della senten-
za della Corte di Appello di Ancona ma anteriore rispetto
alla data odierna.
Essendo i ricorsi degli stessi infondati ma non inam-
missibili il rapporto processuale innanzi a questa Corte
Suprema risulta essersi regolarmente instaurato con la
conseguenza che si impone la declaratoria di estinzione
del reato agli stessi contestato per essere lo stesso estinto
per prescrizione e per l’effetto l’annullamento senza rinvio
della sentenza di condanna pronunciata nei loro confronti.
La causa estintiva del reato non risulta, invece, essere
ad oggi maturata nei confronti del coimputato Badaloni.
4. Quanto, inf‌ine, al quarto ed ultimo motivo di ricorso
formulato nell’interesse dell’imputato Camilletti, ma che
deve essere preso in considerazione solo per i potenziali
effetti estensivi anche nei confronti del coimputato Bada-
loni, va detto che lo stesso non è fondato.
Se, infatti, è ben vero che le Sezioni Unite di questa
Corte Suprema hanno affermato il principio secondo il
quale i reati uniti dal vincolo della continuazione, con rife-
rimento alle circostanze attenuanti ed aggravanti, conser-
vano la loro autonomia e si considerano come reati distinti
con la conseguenza che rispetto all’aggravante della rile-
vanza economica del pregiudizio patrimoniale (art. 61, n.
7, c.p.) l’entità del danno deve essere valutata in relazione
ad ogni singolo reato e non al complesso di tutti i fatti ille-
citi avvinti dal vincolo della continuazione (Cass. sez. un.,
sent. n. 3286 del 27 novembre 2008, dep. 23 gennaio 2009,
Rv. 241755).
Deve essere però evidenziato che questa Corte Supre-
ma, in modo condiviso anche dall’odierno Collegio, ha
avuto modo di chiarire in epoca successiva (Cass. sez. II,
sent. n. 2201 del 13 novembre 2013, dep. 20 gennaio 2014,
Rv. 258477) che in caso di reato continuato, valendo, in
mancanza di tassative esclusioni, il principio della uni-
tarietà, la valutazione in ordine alla sussistenza o meno
dell’aggravante del danno di rilevante gravita deve essere
operata con riferimento non al danno cagionato da ogni
singola violazione, ma a quello complessivo causato dalla
somma delle violazioni (cfr. Cass. sez. I, 24 maggio 2012,
n. 49086).
Deve inoltre considerarsi che nel processo deciso dalla
pronuncia da ultimo richiamata - e diversamente dalla fat-
tispecie trattata nella citata pronuncia a Sezioni Unite -
agli imputati era, in generale, contestato di aver compiuto
reati ai danni di un medesimo soggetto.
Appare fondamentale, per la compiuta valutazione
della decisione, osservare che la persona offesa del reato
era, in ogni caso, sempre la stessa (e identica situazione si
prospetta nel caso di specie).
Infatti nel caso in esame il danno complessivamente
cagionato non si ripartisce tra più persone offese, ma resta
conf‌inato nel patrimonio della stessa vittima, nel quale si
accumula ed accresce ad ogni episodio delittuoso della se-
rie oggetto di giudizio. La scomposizione del danno unita-
riamente arrecato dalla vittima - e in tale misura comples-
siva dalla stessa sopportato - in ragione dei singoli episodi
truffaldini non corrisponderebbe pertanto alla realtà dei
fatti.
A ciò si aggiunge che già il Tribunale a pag. 8 della
sentenza di primo grado aveva chiarito che la contestata
aggravante di cui all’art. 61 n. 7 c.p. era comunque conf‌i-
gurabile alla luce del fatto che per far fronte ai pagamenti
delle somme estorte “la persona offesa ha dovuto prima
dare tutti i suoi risparmi in banca, poi consegnare la liqui-
dazione, poi far ricorso ai familiari”.
Al riguardo non può sottacersi che secondo preciso
orientamento giurisprudenziale di questa Corte Suprema,
condiviso anche dall’odierno Collegio, la valutazione del
danno patrimoniale cagionato dal reato agli effetti del ri-
conoscimento sia dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 c.p.
sia dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., va compiuta
con criterio soggettivo, in rapporto non al “livello econo-
mico medio della generalità”, ma in riferimento alle con-
dizioni della “persona offesa dal reato” e cioè di colui che
ha subito, in concreto ed in via diretta, gli effetti dannosi
del reato.
Ciò è quanto correttamente evidenziato dai Giudici
di merito che hanno ritenuto di conf‌igurare detta circo-
stanza aggravante proprio in relazione alla sopraindicata
situazione della persona offesa per la quale il danno pa-
trimoniale cagionato era certamente da considerarsi di
rilevante gravità.
Da quanto sopra consegue l’annullamento senza rin-
vio della sentenza impugnata nei confronti degli impu-
tati Camilletti e Campobassi perchè estinto il reato loro
ascritto per prescrizione ed il contestuale rigetto del ri-
corso formulato nell’interesse dell’imputato Badaloni con
condanna di quest’ultimo al pagamento delle spese pro-
cessuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. II, 7 LUGLIO 2015, N. 28804
(UD. 18 GIUGNO 2015)
PRES. FIANDANESE – EST. ALMA – P.M. GALLI (CONF.) – RIC. CANNELLA
Insolvenza fraudolenta y Elemento soggettivo
y Omesso pagamento del pedaggio autostradale y
Proprietario del veicolo y Attribuibilità del reato
y Condizioni y Onere dell’imputato di provare l’as-
senza della detenzione del veicolo al momento in
cui furono compiuti i fatti y Esclusione.
. In tema di omesso pagamento di pedaggio autostra-
dale, si conf‌igura l’attribuibilità soggettiva del reato di
insolvenza fraudolenta al proprietario dell’autoveicolo
allorquando tutte le violazioni sono state compiute in
un ristretto arco di tempo ed hanno sostanzialmente
riguardato il medesimo percorso autostradale e l’impu-
tato non ha fornito alcuna spiegazione utile a consenti-
re di supportare che egli non fosse stato alla guida del
proprio veicolo al momento dei fatti, non richiedendosi

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