Corte di Cassazione Penale sez. IV, 9 ottobre 2015, n. 40721 (ud. 9 settembre 2015)

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giur
1/2016 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
Tale valutazione, come detto, è logica ed è conforme ai
principi di diritto che regolano la materia.
Questa Corte Suprema al riguardo ha infatti già avuto
modo reiteratamente di chiarire che “ai f‌ini della puni-
bilità del tentativo, rileva l’idoneità causale degli atti
compiuti per il conseguimento dell’obiettivo delittuoso
nonché la univocità della loro destinazione, da apprez-
zarsi con valutazione “ex ante” in rapporto alle circostan-
ze di fatto ed alle modalità della condotta, al di là del
tradizionale e generico “discrimen” tra atti preparatori e
atti esecutivi” (Cass. sez. V, sent. n. 7341 del 21 gennaio
2015, dep. 18 febbraio 2015, Rv. 262768) e, ancora, che
“per la conf‌igurabilità del tentativo rilevano non solo gli
atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur
classif‌icabili come preparatori, facciano fondatamente
ritenere che l’agente, avendo def‌initivamente appronta-
to il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad
attuarlo, che l’azione abbia la signif‌icativa probabilità di
conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà
commesso, salvo il verif‌icarsi di eventi non prevedibili
indipendenti dalla volontà del reo” (Cass. sez. II, sent.
n. 46776 del 20 novembre 2012, dep. 4 dicembre 2012,
Rv. 254106).
Orbene proprio la situazione adeguatamente descritta
nell’ordinanza impugnata porta ragionevolmente a rite-
nere per le condizioni di tempo e di luogo, nonché per le
circostanze di fatto in cui gli indagati furono trovati, che
l’iter dell’azione criminosa era già in corso così corretta-
mente portando a ritenere che l’azione stessa aveva già
raggiunto la soglia del tentativo.
Quanto poi alle esigenze cautelari ed alla possibilità di
contenimento delle stesse attraverso l’applicazione delle
sola misura della custodia in carcere, l’ordinanza che in
questa sede ci occupa risulta adeguatamente motivata in
relazione al rischio di reiterazione della condotta delittuo-
sa non solo legata alle modalità organizzative della stessa
ma anche con riguardo al fatto che l’odierno ricorrente è
gravato da numerosi precedenti specif‌ici ed ha agito men-
tre era sottoposto al regime di aff‌idamento in prova ai ser-
vizi sociali, il che ha correttamente portato il Tribunale a
ritenere l’inadeguatezza della misura degli arresti domi-
ciliari o di altra misura meno aff‌littiva la cui osservanza
sarebbe stata rimessa all’autoresponsabilità dell’indagato
sulla quale i Giudici hanno ritenuto di non poter fare af-
f‌idamento alla luce della capacità criminale evidenziata
dallo stesso. Ne consegue che il prof‌ilo della infondatezza
del ricorso investe anche la doglianza riguardante le esi-
genze cautelari.
Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esa-
me, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Poiché dalla presente decisione non consegue la ri-
messione in libertà del ricorrente, deve disporsi - ai sensi
dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazio-
ne del codice di procedura penale - che copia della stessa
sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabi-
lito dal comma 1 bis del citato articolo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 9 OTTOBRE 2015, N. 40721
(UD. 9 SETTEMBRE 2015)
PRES. BRUSCO – EST. DOVERE – P.M. BALDI (DIFF.) – RIC. STEINWURZEL
Prevenzione infortuni y Ambienti, posti di lavoro
e di passaggio y Ambiente di lavoro y Nozione y Tute-
la antinfortunistica y Benef‌iciari y Individuazione.
. In tema di infortuni sul lavoro, non può affermarsi la
penale responsabilità dell’imputato, quale datore di la-
voro, per fatto occorso ad un soggetto che non sia suo
dipendente se non in quanto risulti dimostrato che il
fatto medesimo sia avvenuto in un luogo qualif‌icabile
come “luogo di lavoro” per i dipendenti dell’imputato,
ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 62 del D.L.vo n.
81/2008, e risulti altresì dimostrato che le tutele che
l’imputato avrebbe dovuto apprestare per i propri di-
pendenti fossero da riguardarsi come funzionali a ga-
rantire l’incolumità anche di altri soggetti che, prevedi-
bilmente, avessero avuto occasione di accedere a quel
luogo.(Nella specie, in applicazione di tali principi, la
Corte ha annullato con rinvio, per difetto di motivazio-
ne sugli elementi sopraindicati, la decisione del giudice
di merito che aveva ritenuto responsabile del reato di
lesioni colpose derivate da violazione di norme antin-
fortunistiche il legale rappresentante di un’impresa
proprietaria di locali adibiti a centro commerciale, con
riferimento al mancato apprestamento, all’ingresso di
detti locali, di adeguati dispositivi antiscivolo, alla cui
mancanza era stata dovuta l’ accidentale caduta di una
dipendente di uno degli esercizi commerciali facenti
parte del suddetto centro). (Mass. Redaz.) (d.l.vo 9
aprile 2008, n. 81, art. 62) (1)
(1) Sentenza interessante soprattutto con riguardo all’individuazio-
ne delle persone che possono benef‌iciare della tutela apprestata dalla
normativa antinfortunistica. Secondo quanto espresso da Cass. pen.,
sez. IV, 11 marzo 2008, n. 10842, in questa Rivista 2009, 106, e Cass.
pen., sez. IV, 15 febbraio 2007, n. 6348, ivi 2007, 1272, l’imprenditore
assume una posizione di garanzia in ordine alla sicurezza degli im-
pianti non solo nei confronti dei lavoratori subordinati o dei soggetti
a questi equiparati, ma altresì nei riguardi di tutti coloro che possono
comunque venire a contatto o trovarsi ad operare nell’area della loro
operatività. Altro indirizzo sottolinea la necessità di individuare un
nesso causale tra la violazione e l’evento dannoso, poco importando
che ad infortunarsi sia stato un lavoratore subordinato, un soggetto a
questi equiparato o una persona estrane all’ambito imprenditoriale. In
tal senso, v. Cass. pen., sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 2383, ivi 2006, 1260.
Sulla nozione di "luogo di lavoro", rilevante ai f‌ini della sussistenza
dell’obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, v. Cass. pen., sez.
IV, 20 gennaio 2014, n. 2343, ivi 2014, 1067 e Cass. pen., sez. IV, 19
luglio 2011, n. 28780, ivi 2012, 1171. Quest’ultima pronuncia precisa
che nella nozione di "luogo di lavoro" rientra non soltanto il cantiere,
ma anche ogni altro luogo in cui i lavoratori siano necessariamente
costretti a recarsi per provvedere ad incombenze inerenti all’attività
che si svolge nel cantiere.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Steinwurzel Giovanni Mosè ricorre, a mezzo dei di-
fensori, avverso la sentenza indicata in epigrafe con la

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