Corte di Cassazione Penale sez. IV, 31 luglio 2015, n. 33821 (ud. 1 luglio 2015)
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giur
Rivista penale 11/2015
LEGITTIMITÀ
della confisca obbligatoria, rende superflua una motivazio-
ne anche in termini di altre necessità funzionali, renden-
do preminente la funzione di assicurare l’effettività della
confisca, anche con l’effetto interdittivo del divieto di re-
stituzione di cui all’art. 324, comma 7 c.p.p..
Nella fattispecie in esame i giudici del tribunale
della libertà peraltro hanno correttamente affermato
che i beni sequestrati si qualificano come corpo di reato
e correttamente è stata negata la restituzione assumen-
do assorbente ed esclusiva rilevanza la sussistenza del
fumus del reato oggetto di indagine e la conseguente
successiva confisca prevista dalla legge ai sensi dell’art.
262, comma 4, e 240 c.p.p. a nulla rilevando la insussi-
stenza delle altre esigenze cautelari di cui all’art. 262,
comma 1 c.p.p.
È stato già ricordato che nel caso di riciclaggio la con-
fisca dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto del
reato non è più facoltativa ma obbligatoria. Il legislatore
all’interno della logica di contrasto del fenomeno crimi-
noso teso al compimento di specifiche operazioni di sosti-
tuzione e trasferimento, nonchè di quelle che ostacolino
l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro,
beni o altre utilità, ha utilizzato in modo innovativo lo
strumento della confisca obbligatoria, rendendola appli-
cabile anche a quanto abbia comunque una correlazione
diretta con il reato stesso e una stretta affinità con l’og-
getto di questo, come è avvenuto nel caso di specie con
riferimento al denaro e al reato di riciclaggio di cui è stato
ritenuto il fumus, formulando una specifica presunzione
di pericolosità che non richiede alcun giudizio prognostico
da parte del giudice.
L’ordinanza impugnata appare dunque conforme ai
principi in precedenza enunciati, in quanto, con puntuale
richiamo alle circostanze di fatto - in quanto tali insinda-
cabili in sede di legittimità - ha argomentato come l’ogget-
to degli accertamenti siano le movimentazioni di denaro
riconducibili ad una galassia sociale fittizia ed alimentata
con truffe ed evasioni fiscali finalizzati appunto a privare
la condotta di cui all’art. 648 bis. c.p..
Alla luce delle suesposte considerazioni deve essere
condiviso dunque il ragionamento del Tribunale del Ri-
esame che ha rigettato la richiesta di restituzione della
somma di denaro oggetto del sequestro probatorio, posta
la sussistenza del fumus commissi delicti del reato di rici-
clclaggio, in considerazione del fatto che la stessa somma
(oggetto materiale del delitto di riciclaggio) diviene og-
getto di confisca ai sensi dell’art. 648 quater c.p., ipotesi
speciale rispetto al 240, comma 2 c.p., in quanto il suo uso
(ovvero un suo ulteriore trasferimento) costituisce di per
sé reato, con la conseguenza che osta alla restituzione il
disposto dell’art. 324, comma 7 c.p.p..
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; ai sensi
dell’articolo 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta
il ricorso e i ricorrenti devono essere condannati al paga-
mento delle spese del procedimento. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 31 LUGLIO 2015, N. 33821
(UD. 1 LUGLIO 2015)
PRES. SIRENA – EST. SERRAO – P.M. IACOVIELLO (CONF.) – RIC. P.
Circolazione stradale y Guida in stato di ebbrez-
za y Rifiuto di sottoporsi agli accertamenti alcoli-
metrici y Cause di non punibilità y Particolare te-
nuità del fatto y Nuova disciplina y Applicabilità y
Condizioni.
. L’art. 131 bis c.p. (particolare tenuità del fatto) intro-
dotto dal D.L.vo 16 marzo 2015 n. 28, può trovare diret-
ta applicazione anche nel giudizio di cassazione, ove
dall’esame della sentenza di merito risulti l’esistenza
delle condizioni atte a giustificare detta applicazione.
(principio affermato, nella specie, con riguardo ad
un caso in cui dalla sentenza impugnata emergeva
che l’imputato, ritenuto responsabile del reato di cui
all’art. 186, comma 7, C.d.S. per essersi rifiutato di sot-
toporsi agli accertamenti volti alla verifica del tasso al-
colemico e condannato per tale reato, con il beneficio
della sospensione condizionale, al minimo della pena,
non aveva posto in essere una condotta di guida concre-
tamente pericolosa né risultava a suo carico l’abitualità
di analoghi comportamenti. (Mass. Redaz.) (nuovo c.s.,
art. 186; c.p., art. 131 bis) (1)
(1) Nello stesso senso della pronuncia in commento, pur con rife-
rimento a diversa fattispecie, si veda Cass. pen., sez. III, 15 aprile
2015, n. 15449, in questa Rivista 2015, 529, con nota di F. PICCICHÈ,
La prima pronuncia della Cassazione sulla particolare tenuità del
fatto. In dottrina, si vedano gli autorevoli commenti di C. TAORMI-
NA, Archiviazione per particolare tenuità del fatto, ivi 2015, 715 e
G. AIRÒ, Non punibilità per particolare tenuità del fatto, in Arch.
nuova proc. pen. 2015, 409.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 17
ottobre 2014, ha riformato con esclusivo riferimento alla
concessione del beneficio della non menzione della con-
danna nel certificato penale spedito a richiesta di privati
la pronuncia emessa il 17 aprile 2013 dal Tribunale di For-
lì, che aveva dichiarato P. M. responsabile della contrav-
venzione di cui all’art. 186, comma 7, D.L.vo 30 aprile 1992,
n. 285 perché quale conducente dell’autovettura Audi A4
aveva rifiutato, il 2 luglio 2010, di sottoporsi ad accerta-
menti volti a verificare la presenza nel sangue di sostanze
alcoliche.
2. M. P., premesso che la Corte di appello non ha posto
attenzione alle doglianze sottopostele nell’atto di grava-
me, censura la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’art. 192, comma
1, c.p.p. - mancanza di motivazione. Il ricorrente si duo-
le del fatto che il giudice di appello abbia ritenuto che le
deduzioni difensive in merito al comportamento tenuto
dagli agenti non scalfissero la prova dichiarativa resa da-
gli stessi senza indicare quali passaggi motivazionali della
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