Corte di Cassazione Penale sez. VI, 25 agosto 2015, n. 35593 (ud. 16 giugno 2015)

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11/2015 Rivista penale
LEGITTIMITÀ
Infatti, il pubblico uff‌iciale che omette o ritarda di
versare ciò che ha ricevuto per conto della pubblica am-
ministrazione non è inadempiente ad un proprio debito
pecuniario nei confronti della predetta, ma all’obbligo di
consegnare il denaro al suo legittimo proprietario, cioè
all’amministrazione pubblica: sottraendo la res alla dispo-
nibilità di quest’ultima tale soggetto realizza l’appropria-
zione sanzionata dall’art. 314 c.p. intesa come interver-
sione del titolo di possesso di peculato (sez. VI, n. 46745
del 12 novembre 2013, Martellone, Rv. 257523; sez. VI, n.
10020 del 3 ottobre 1996, Provisani, Rv. 206364).
3.2. Generica è la doglianza relativa alla mancata con-
cessione della attenuante di cui all’art. 323 bis c.p. limi-
tandosi a far leva su una valutazione di fatto.
4. All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ri-
corso, con la condanna del ricorrente al pagamento della
spese processuali.
5. Non essendo stata disposta la pena accessoria, può
procedersi in questa sede, ai sensi dell’art. 619 c.p.p.,
all’applicazione della interdizione dai pubblici uff‌ici per
la durata di anni due e mesi due, trattandosi di pena ac-
cessoria obbligatoria e predeterminata ex lege. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. VI, 25 AGOSTO 2015, N. 35593
(UD. 16 GIUGNO 2015)
PRES. AGRÒ – EST. VILLONI – P.M. SCARDACCIONE (DIFF.) – RIC. ROMEO
Minaccia y Ipotesi aggravata y Art. 612, comma 2,
c.p. y Accertamento y Modalità y Sussistenza y Esclu-
sione y Fattispecie in tema di insussistenza dell’i-
potesi aggravata di cui all’art. 612, comma 2, c.p.
per aver l’imputato proferito minacce di morte in
uno stato di grave turbamento psichico determina-
to da sintomi infartuali.
. In tema di minaccia, ai f‌ini della conf‌igurabilità dell’i-
potesi aggravata di cui al comma secondo dell’art. 612
c.p., non può farsi esclusivo riferimento al testuale te-
nore delle espressioni verbali eventualmente adopera-
te, ma occorre anche tener conto del contesto nel qua-
le esse si collocano, onde verif‌icare se ed in tale misura
esse abbiano potuto ingenerare timore o turbamento
nella persona offesa. (Nella specie, in applicazione
di tale principio, la Corte ha escluso la sussistenza
dell’aggravante in un caso in cui questa era stata invece
ritenuta sussistente dai giudici di merito, senza tener
conto del fatto che l’imputato, allorchè aveva proferito,
in occasione di un suo accesso ad un complesso ospe-
daliero, le minacce di morte a lui addebitate, si trovava
in stato di grave turbamento psichico per la ritenuta
presenza di sintomi che, in passato, avevano preceduto
un infarto). (Mass. Redaz.) (c.p., art. 612) (1)
(1) Sul tema, nello stesso senso si veda Cass. pen., sez. V, 20 novem-
bre 2008, n. 43380, in questa Rivista 2009, 1319. Delinea i contorni
del reato in oggetto Cass. pen., sez. V, 4 novembre 2014, n. 45502, ivi
2015, 703.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di To-
rino ha confermato quella emessa dal Tribunale di Verba-
nia, Sezione Distaccata di Domodossola in data 26 ottobre
2012 con cui Romeo Francesco era stato condannato alla
pena di un anno, quattro mesi ed un giorno di reclusione
per i reati di calunnia (art. 368 c.p., capo 1 dell’imputazio-
ne) e minaccia aggravata (art. 612, comma 2 c.p., capo 2.)
in danno di Ferrari Marco, oltre alle statuizioni civili in
favore della costituita parte civile.
Previo richiamo dei passaggi salienti della vicenda di
fatto sottesa a quella processuale la Corte territoriale ha
disatteso la doglianza formulata nell’atto d’appello secon-
do cui l’istruttoria era stata falsata dall’ingiustif‌icata de-
cisione del giudice di primo grado di non procedere alla
audizione di un testimone della difesa, prima ammesso e
poi ritenuto irrilevante; la Corte ha ritenuto, invece, che
l’ampia istruttoria, compendiatasi anche nell’audizione di
altri testimoni, tra i quali un amico personale dell’imputa-
to, aveva consentito al giudicante di avere una compiuta
descrizione della dinamica dei fatti, ond’è che la sua de-
cisione di non procedere all’esame del teste a discarico
appariva del tutto giustif‌icata.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato,
il quale riproduce sostanzialmente la doglianza articolata
con l’atto d’appello, sostenendo in aggiunta che la Cor-
te territoriale avrebbe omesso di rivalutare il “livello di
gravità” della minaccia asseritamente portata all’indiriz-
zo della parte offesa, non considerando le peculiarità sia
oggettive che soggettive della situazione (fatto avvenuto
presso un complesso ospedaliero, dove il ricorrente si era
recato in stato di forte turbamento emotivo dovuto alla
presenza di sintomi che in passato avevano preceduto un
infarto).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è parzialmente fondato e in detti limiti
deve essere accolto.
2. Dolendosi dell’omessa rivalutazione da parte del
giudice d’appello del “livello di gravità” della minaccia
portata all’indirizzo della persona offesa, il ricorrente ha
investito il punto della decisione dedicato al reato di cui
all’art. 612 c.p., là dove la Corte territoriale ha ritenuto
integrato il reato di minaccia aggravata nella pronuncia
delle espressioni verbali riportate al capo dell’imputa-
zione (“ti sgozzo, ti spacco la faccia, te la faccio pagare,
quando esco di qua, ti ammazzo, ti strappo la testa, ti spa-
ro in testa”, etc.).
Ciò premesso, va osservato che la valutazione del livel-
lo di gravità della minaccia è compito demandato in primo
luogo al giudice di merito, il quale deve procedervi tenen-
do conto del tenore delle eventuali espressioni verbali e
del contesto nel quale esse si collocano, onde verif‌icare
se ed in quale grado essa abbia ingenerato timore o tur-
bamento nella persona offesa (sez. V, sent. n. 43380 del
26 settembre 2008, De Marco, Rv. 242188; sez. l, sent. n.
9314 del 5 aprile 1990, Monteleone, Rv. 184724; conformi
le massime n. 173135, n. 162530, 152226).

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