Corte di Cassazione Penale sez. III, 23 settembre 2015, n. 38549 (ud. 3 luglio 2015)

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Rivista penale 11/2015
Legittimità
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. III, 23 SETTEMBRE 2015, N. 38549
(UD. 3 LUGLIO 2015)
PRES. SQUASSONI – EST. AMORESANO – P.M. GAETA (PARZ. DIFF.) – RIC. AL
NASSER
Tributi e f‌inanze (in materia penale) y Reati di
contrabbando y Accertamento y Pena della reclusio-
ne in misura superiore ad un anno y Libertà vigila-
ta ex art. 300 del D.P.R. n. 43/1973 y Applicabilità y
Automaticità della misura y Esclusione y Incompati-
bilità con l’art. 31 L. n. 663/1986 y Accertamento in
concreto della pericolosità sociale y Necessità.
. L’art. 300 del D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, secondo il
quale, quando sia inf‌litta, per il reato di contrabban-
do, la pena della reclusione in misura superiore a un
anno, è sempre ordinata la sottoposizione del condan-
nato alla libertà vigilata, è da ritenere implicitamente
abrogato, nella parte in cui prevede come automatica
l’applicazione di detta misura, per incompatibilità con
l’art. 31, comma 2, della successiva legge n. 663/1986,
il quale prescrive che tutte le misure di sicurezza per-
sonali sono applicate previo accertamento in concre-
to della pericolosità sociale. (Mass. Redaz.) (d.p.r. 23
gennaio 1973, n. 43, art. 300; l. 10 ottobre 1986, n. 663,
art. 31) (1)
(1) In senso difforme si esprime Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2007,
n. 225, in Ius&Lex dvd n. 2/2015, ed. La Tribuna, nel senso che il
giudice non è tenuto a motivare specif‌icamente in ordine alla pe-
ricolosità sociale del condannato quando, in materia di violazioni
doganali, la pena inf‌litta per il reato di contrabbando sia superiore
ad un anno di reclusione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(Omissis)
5. Ould Belaid El Mokthar ricorre per cassazione, a
mezzo del difensore, denunciando la violazione ed erro-
nea applicazione della legge penale, nonché la contraddit-
torietà della motivazione in ordine all’applicazione della
misura di sicurezza della libertà vigilata.
Il G.u.p. aveva applicato la misura riconducendola alla
previsione di cui all’art. 229 (recte: art. 230, comma 1, n.
4) e quindi nell’alveo delle misure di sicurezza (salvo poi a
def‌inirla, contraddittoriamente, come sanzione accessoria
obbligatoria).
La Corte di Appello non def‌inisce la natura della misu-
ra inf‌litta, limitandosi a richiamare, per ritenere applica-
bile la libertà vigilata anche senza un accertamento della
pericolosità sociale, la sentenza della Corte di cassazione,
sez. III n. 225 del 25 ottobre 2006.
Tale decisione va però riconsiderata non potendosi ac-
cettare l’esistenza di ipotesi di pericolosità presunta, in
contrasto con l’art. 31 L. 633/1986 e con la sentenza della
Corte Cost. n. 1102/88.
La libertà vigilata rientra nella categoria delle misu-
re di sicurezza e come tale va disciplinata, per cui, per
la sua applicazione, deve essere accertata la pericolosità
sociale (l’art. 300 D.P.R. 43/73 va letto, quindi, alla luce
della intervenuta abrogazione dell’art. 204 c.p.). L’art. 31,
comma 2 L. 663/1986 (legge Gozzini), invero, stabilisce
espressamente che tutte le misure di sicurezza personali
sono ordinate previo accertamento che chi ha commesso il
fatto-reato è persona socialmente pericolosa.
In forza dell’art. 15 Preleggi debbono, pertanto, rite-
nersi abrogati tutti i casi di applicazione automatica di
misure di sicurezza per incompatibilità della norma con
le disposizioni precedenti (come l’art. 300 D.P.R. 43/73).
Con il secondo motivo denuncia la violazione ed erro-
nea applicazione di legge, nonché la manifesta contrad-
dittorietà della motivazione in ordine all’applicabilità ex
L. 76/1986 delle disposizioni sanzionatorie di cui al D.P.R.
43/73 anche al tabacco sfuso e non lavorato.
La Corte territoriale ha ritenuto che l’art. 291 bis D.P.R.
43/73 riguardasse ogni specie di tabacco, assumendo che,
con una diversa interpretazione della norma, sfuggireb-
bero alla sanzione penale l’importazione non autorizzata
anche di grossi quantitativi di tabacco non lavorato. Ma
poi a tale interpretazione sostanzialistica, contradditto-
riamente, fa seguire criteri formalistici e convenzionali
(nel ritenere irrilevante il reale quantitativo di tabacco
importato, dovendosi determinare la punibilità e la gra-
vità della condotta alla stregua del prodotto confezionato
anche se pressoché privo di tabacco).
La condanna a pene molto gravi è intervenuta per la
importazione di quantitativi di miscele per fumare il nar-
ghilè con percentuali minime di tabacco.
Come già ritenuto da altri Giudici dello stesso Tribuna-
le, le cui sentenze sono state liquidate come sparute e di
merito, non può applicarsi la previsione normativa sanzio-
natoria all’importazione di quantitativi di tabacco che non
siano prodotto di attività manifatturiera, di cui comunque
non sia stata accertata tale qualità, e non potendosi de-
terminare la pena sulla base di un parametro qualitativo
e quantitativo (il grammo o chilogrammo convenzionale).
Con il terzo motivo denuncia la mancanza, contraddit-
torietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine
all’affermazione di responsabilità penale del ricorrente.

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