Corte di Cassazione Penale sez. IV, 21 aprile 2016, n. 16647 (C.C. 23 marzo 2016)

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giur
Arch. giur. circ. e sin. strad. 9/2016
LEGITTIMITÀ
atti rende evidente che, sulla scorta delle prove raccolte,
non vi erano lacune probatorie colmabili attraverso una
perizia su alcuno degli aspetti rilevanti ai f‌ini della rico-
struzione dell’accaduto.
5. Infondato è anche il quarto motivo di ricorso. A fron-
te della deposizione di Elena Besozzi, della cui omessa
valutazione si dolgono i ricorrenti, la Corte di merito ha
fornito adeguata e convincente motivazione circa il fatto
che la Romeo scrisse gli sms mentre si trovava alla guida
del suo ciclomotore negli istanti immediatamente antece-
denti il sinistro: è a tal f‌ine affatto dirimente il testo dei
messaggi riportati a pagina 10 della sentenza, in cui la
stessa vittima, nello scrivere uno dei suddetti sms a un’a-
mica poco prima dell’incidente, afferma esplicitamente
“sono in moto”. Siffatto elemento probatorio elimina la ne-
cessità di ulteriori approfondimenti, e depone - secondo la
tesi accreditata in appello per una fatale distrazione della
Romeo mentre conduceva il suo motorino, distrazione che
sarebbe con ogni probabilità la vera causa del sinistro
mortale di cui la giovane rimaneva vittima.
6. Per le ragioni dianzi esposte, si appalesa infondato
anche il quinto e ultimo motivo di ricorso: ed invero, la
formula dell’insussistenza del fatto s’impone laddove man-
chi (come nella specie) l’elemento oggettivo del reato, o
quanto meno la prova certa della conf‌igurabilità di esso.
È infatti pacif‌ico che, nel caso in cui manchi un elemento
costitutivo, di natura oggettiva, del reato contestato, l’as-
soluzione dell’imputato va deliberata con la formula “il
fatto non sussiste” (sez. un., n. 37954 del 25 maggio 2011,
Orlando, Rv. 250975).
7. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ri-
correnti al pagamento delle spese processuali. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE PENALE
SEZ. IV, 21 APRILE 2016, N. 16647
(C.C. 23 MARZO 2016)
PRES. IZZO – EST. MONTAGNI – P.M. SELVAGGI (DIFF.) – RIC. ALEBBI
Guida in stato di ebbrezza y Art. 186, comma
2, lett. c), cod. strada y Appartenenza del veicolo
a persona estranea al reato y Qualif‌icazione quale
circostanza aggravante y Esclusione y Ragioni.
. In tema di guida in stato di ebbrezza, l’appartenen-
za del veicolo a persona estranea non può qualif‌icarsi
quale circostanza aggravante del reato, atteso che tale
evenienza non determina alcun effetto sul piano pena-
listico della fattispecie, ma assume rilievo esclusiva-
mente rispetto alla durata della sanzione amministra-
tiva accessoria della sospensione della patente di guida
ovvero alla esclusione della conf‌isca del mezzo, avente
anche essa natura di sanzione amministrativa accesso-
ria. (La Corte, in applicazione del suddetto principio,
ha rigettato il ricorso dell’imputato avverso la sentenza
di condanna che applicava il raddoppio della sanzione
accessoria della sospensione della patente di guida
sebbene fosse stata contestata, quale circostanza ag-
gravante, l’appartenenza a terzi del veicolo). (nuovo
c.s., art. 186; c.p., art. 240) (1)
(1) La questione è stata oggetto di pronuncia da parte delle SS.UU.
24 novembre 2015, n. 46624, in questa Rivista 2016, 16, che hanno
statuito l’inapplicabilità al reato di rif‌iuto di sottoporsi all’accerta-
mento per la verif‌ica dello stato di ebbrezza della previsione di cui
all’art. 186, comma secondo, lett. c) c.s., nella parte in cui dispone
che la durata della sospensione della patente di guida è raddoppiata
qualora il veicolo condotto dall’imputato appartenga a persona estra-
nea al reato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Ferrara, con sentenza in data 9 luglio
2015, resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., applicava la pena
concordata dalle parti nei confronti di Alebbi Daniele,
in relazione al reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c),
c.d.s., oltraggio a pubblico uff‌iciale ed altro. Il giudicante
applicava pure la sospensione della patente di guida per
anni due.
2. Propone ricorso per cassazione avverso la richiamata
sentenza l’imputato, a mezzo del difensore, denunciando
la violazione di legge.
La parte osserva che il giudice ha disposto la sospen-
sione della patente di guida per la durata di due anni, in
ragione del raddoppio conseguente al fatto che il veico-
lo apparteneva a persona estranea al reato. Osserva che
nel capo di imputazione non risulta contestata la relativa
circostanza aggravante, di cui si tratta. Chiede che la Su-
prema Corte voglia contenere la durata della sospensione
della patente di guida in un anno, in corrispondenza alla
fattispecie riportata nel capo di imputazione.
3. Il Procuratore Generale in sede, con requisitoria
scritta, ha chiesto che la Suprema Corte dichiari inammis-
sibile il ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è destituito di fondamento.
Le Sezioni unite di questa Suprema Corte hanno da
tempo chiarito che con la sentenza applicativa di pena
concordata dalle parti, resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p.,
il giudice deve applicare le sanzioni amministrative ac-
cessorie previste dalla legge come conseguenza del reato
(Cass. sez. un., sentenza n. 8488 del 27 maggio 1998, dep.
21 luglio 1998, Bosio, Rv. 210981). Nel caso di specie, poi,
l’accordo sulla pena ratif‌icato dal giudice concerne il reato
di guida in stato di ebbrezza, ex art. 186, comma 2, lett.
c), c.d.s., dal cui accertamento consegue l’applicazione
della sanzione amministrativa accessoria della sospensio-
ne della patente di guida. Ed invero, l’art. 186, comma 2
quater, c.d.s. (come sostituito dall’art. 5, comma 1, lett. a),
D.L. 3 agosto 2007, n. 117, convertito nella legge 2 ottobre
2007, n. 160), prevede espressamente l’applicazione delle
sanzioni accessorie di cui ai commi 2 e 2 bis del citato ar-
ticolo 186, anche in caso di «applicazione della pena su
richiesta delle parti».
1.1 Deve osservarsi che l’art. 186, comma 2, lett. c)
c.d.s. stabilisce che all’accertamento del reato consegue
in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della

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